Auto e Motori
Elkann e De Meo: “Auto europea a rischio, il 2025 è l’anno decisivo per non cedere alla Cina”
Intervistati da Le Figaro, Elkann e De Meo lanciano l’allarme: senza nuove regole e politiche industriali, l’auto europea rischia il collasso nei prossimi anni

L’industria dell’auto europea è sull’orlo del collasso. Il campanello d’allarme questa volta suona forte e chiaro da due delle voci più autorevoli del settore:
John Elkann, presidente di Stellantis, e Luca de Meo, amministratore delegato del Gruppo Renault. In un’intervista congiunta rilasciata al quotidiano francese Le Figaro, i due manager non usano mezzi termini: «Il 2025 è l’anno della verità. Il destino dell’auto europea si decide adesso».
I toni sono gravi, ma non allarmistici. Sono i numeri a parlare. Nel 2024, in Europa – includendo Regno Unito e Norvegia – si sono venduti appena 15 milioni di veicoli. Nel 2019 erano 18 milioni. Una differenza che non è più un semplice scarto post-pandemia, ma una tendenza strutturale che, se non invertita, potrebbe vedere il mercato dimezzarsi in dieci anni. E nel frattempo, la Cina ha già superato Europa e Stati Uniti messi insieme in termini di produzione. Un segnale inequivocabile: la supremazia industriale dell’automotive non abita più in Europa.
Il mercato si sta spegnendo. E le regole lo stanno uccidendo
Luca de Meo va al cuore del problema: «Il mercato europeo è l’unico tra quelli globali a non aver recuperato i volumi pre-Covid. E il livello attuale è disastroso». Per il manager italiano alla guida di Renault, il nodo non è solo economico, ma strategico: l’industria automobilistica genera 400 miliardi di euro di entrate fiscali in Europa. Lasciare che il settore imploda significa mettere a rischio una delle colonne portanti del sistema industriale e fiscale europeo.
Ma perché accade tutto questo? «Dobbiamo ripartire dalla domanda», spiega De Meo. Cioè rendere le auto di nuovo accessibili, popolari. Oggi le normative, nate per proteggere l’ambiente e la sicurezza, stanno avendo un effetto collaterale devastante: auto sempre più complesse, pesanti e costose. E sempre meno acquistabili per la fascia media della popolazione.
L’esempio più chiaro? La Renault Clio. Tra il 2015 e il 2030, il suo prezzo aumenterà del 40%, e quasi tutto a causa delle regolamentazioni. De Meo ironizza amaramente: «Le nostre R5 e 500 di oggi sembrano uscite da settimane di palestra». Elkann annuisce: «Un tempo, in Italia, le auto sotto i 4 metri erano il 75% del mercato. Oggi, solo il 5% in Europa».
Norme pensate per berline di lusso imposte alle city car
Una delle principali accuse mosse da De Meo e Elkann è l’assurdità di applicare le stesse regole a veicoli totalmente diversi. L’esempio è lampante: «Oggi una city car da 3,80 metri deve superare gli stessi crash test di una berlina di 5,5 metri, con un cofano tre volte più lungo». Il risultato? I costruttori sono costretti a iper-razionalizzare ogni centimetro, spesso a discapito del prezzo finale.
E non è solo questione di crash test. Le norme GSR2, per esempio, impongono il sistema di mantenimento corsia anche sulle piccole auto, che passano il 95% del loro tempo nel traffico urbano. De Meo lancia la provocazione: «Devo usare il tungsteno per migliorare i risultati nei crash test? È una follia».
I due manager guardano con interesse alle kei car giapponesi, veicoli piccoli e leggeri, agevolati da normative e politiche municipali. In Europa, manca questa visione. Anzi, secondo Elkann, il problema è che l’Europa non ha una politica industriale comune per l’auto, mentre altrove si muovono con forza e coerenza. «Trump firma decreti, la Cina incentiva e protegge, i paesi emergenti difendono il proprio mercato. L’Europa no».
L’auto elettrica non basta: serve neutralità tecnologica
Nessuno dei due è contrario alla transizione elettrica, ma entrambi chiedono più realismo e flessibilità. «Abbiamo 250 milioni di veicoli vecchi e inquinanti sulle strade europee», ricorda Elkann. «Sostituirli con tecnologie varie e sostenibili avrebbe un impatto ambientale molto più concreto del fissarsi solo sull’elettrico».
De Meo va oltre: propone di rivedere la metodologia per il calcolo delle emissioni, non più limitandosi al classico “tank to wheel” (dal serbatoio alla ruota), ma considerando l’intero ciclo di vita del veicolo. Con questo approccio, le grandi auto elettriche, pesanti e dispendiose in fase di produzione, perderebbero gran parte del vantaggio ecologico rispetto a piccole ibride o benzina efficienti.
Un altro fronte critico riguarda i veicoli commerciali leggeri. Secondo Elkann, nelle versioni elettriche le batterie sottraggono troppo spazio al carico utile. Un paradosso che rischia di penalizzare milioni di artigiani e piccole imprese.
Un appello a Bruxelles: meno burocrazia, più visione
Il vero nemico, secondo i due top manager, è l’eccesso di burocrazia europea. «Ci sono almeno cinque direzioni generali della Commissione UE che si occupano d’auto», denuncia De Meo. «E spesso agiscono con strategie contraddittorie: una vieta i PFAS, un’altra impone batterie che li contengono».
La proposta è concreta: regole solo per nuovi modelli, non per aggiornamenti; leggi “a pacchetti” e non continue a getto continuo; e uno sportello unico europeo per l’automotive. Elkann aggiunge un dato inquietante: «Un quarto dei nostri ingegneri lavora solo per rispondere alle normative». È tempo di semplificare, non di complicare.
Il 2035 non è un tabù. Ma serve pragmatismo
Lo stop ai motori termici previsto per il 2035 è un punto fermo nella strategia UE. Ma per Elkann e De Meo, il dibattito non può essere ridotto a un “pro o contro”. La vera questione è: con quali strumenti arrivarci? Con quali mezzi garantire che l’auto resti un bene accessibile, desiderato e sostenibile per tutti?
«Non chiediamo aiuti», chiarisce Elkann. «Chiediamo solo di poter lavorare, innovare e costruire veicoli puliti che la gente possa comprare». Perché in fondo, la vera sfida è tutta qui: rendere l’auto europea di nuovo competitiva, bella, popolare. E non solo regolamentata.
Una scelta da fare oggi
Il commissario europeo Stéphane Séjourné ha parlato recentemente di “automobile in via d’estinzione”. Un’ammissione importante, ma che da sola non basta. Serve una risposta politica e industriale immediata. Perché, come ricordano Elkann e De Meo, il 2025 non è un anno qualsiasi.
È l’anno in cui la Cina supera tutti. È l’anno in cui l’Europa può decidere se continuare a essere un protagonista industriale o diventare solo un mercato di consumo. E se davvero vuole salvare la sua auto, deve farlo adesso.