Tronchetti Provera contro l’auto elettrica: “così andiamo contro il muro” - Affaritaliani.it

Auto e Motori

Ultimo aggiornamento: 18:15

Tronchetti Provera contro l’auto elettrica: “così andiamo contro il muro”

A Praga, alla presentazione del Calendario Pirelli 2026, Marco Tronchetti Provera definisce l’auto elettrica “un suicidio quasi perfetto”, avvertendo sui rischi per l’automotive.

di Giovanni Alessi

Alla presentazione del nuovo Calendario Pirelli 2026, l’attenzione non è andata solo alle immagini di The Cal.

A rubare la scena è stata la frase di Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo di Pirelli, riportata dall’ANSA: “L’elettrico? Un suicidio quasi perfetto”.

Non uno slogan a effetto, ma la sintesi di una preoccupazione profonda per il futuro dell’automotive italiano. In un Paese che definisce “dalla competenza motoristica unica al mondo”, Tronchetti vede nella corsa univoca verso le auto elettriche il rischio concreto di buttare via decenni di know-how senza avere, al momento, gli strumenti per giocare davvero la partita dell’elettrico su scala globale.

L’Italia punta sull’elettrico ma non ha la filiera

Tronchetti sottolinea come l’Italia stia puntando sull’elettrico “non avendo la capacità produttiva nell’elettrico e in cui la competizione con l’Asia è senza scampo”. Tradotto: la nostra filiera non controlla le materie prime, sconta costi energetici e del lavoro più elevati e rischia di diventare dipendente da chi le batterie e i componenti critici li produce da anni.

Per l’imprenditore, la scelta di abbracciare l’elettrico come unica via sta trasformando la transizione in un “tentato suicidio industriale”: invece di valorizzare ciò che sappiamo fare meglio – motori, componenti, ingegneria – stiamo inseguendo un modello in cui altri sono già avanti di anni. L’immagine usata da Tronchetti e riportata dall’ANSA è netta: “La tecnologia era l’unico percorso percorribile, invece andiamo sparati contro il muro, aumentando la nostra dipendenza per le fonti energetiche”.

Ibrido e combustibili alternativi, le strade mancate

Nel ragionamento di Tronchetti Provera non c’è un rifiuto della decarbonizzazione, ma una critica alla via scelta per arrivarci. Sempre all’ANSA spiega che l’errore è stato “dare questa partita già persa anziché credere per davvero, ad esempio, all’ibrido o alla combustione interna con combustibili alternativi”.

Per il numero uno di Pirelli, l’Europa avrebbe potuto sfruttare il vantaggio competitivo su termici e motori ibridi, continuando a investire su efficienza, biocarburanti ed e-fuel, invece di mettere praticamente tutto sul tavolo dell’auto elettrica in tempi stretti, con normative che hanno colto impreparate molte imprese della filiera. È una posizione che intercetta il malessere di una parte dell’industria: chi produce componenti tradizionali, chi vive di subfornitura e oggi guarda con timore a un futuro in cui gran parte della meccanica potrebbe essere sostituita da elettronica e software progettati altrove.

Dazi e concorrenza cinese: il vero problema è l’incertezza

Nel suo intervento, Tronchetti tocca anche il tema dei dazi sulle auto cinesi: non li esalta né li boccia, ma mette l’accento su un altro punto, ancora una volta riportato dall’ANSA. Il problema, dice, è la volatilità: “abbiamo bisogno di chiarezza per gestire le situazioni, la volatilità che crea incertezze è la cosa peggiore, se invece i dazi si riescono a stabilizzare ci piacciano o no ma dovremo conviverci”.

Per l’automotive europeo, già stretto tra investimenti miliardari sull’elettrico e concorrenza di marchi asiatici aggressivi sul prezzo, muoversi in un contesto regolatorio che cambia ad ogni stagione significa non poter pianificare davvero il futuro. Il messaggio è chiaro: servono regole stabili e tempi realistici, altrimenti anche chi vuole innovare rischia di farlo con il freno a mano tirato.

Finanza al servizio dell’industria, non il contrario

Sempre da Praga, in un’altra dichiarazione, Tronchetti allarga lo sguardo oltre il tema dell’elettrico. “La finanza deve essere al servizio dell’industria e non il contrario”, afferma, ricordando come il “modello Pirelli” si basi su fabbriche presenti in 12 Paesi, con attenzione a welfare, crescita culturale e integrazione con i territori.

Anche qui, il riferimento all’automotive è implicito ma evidente: un settore che richiede capitali enormi, tempi lunghi di ritorno e una visione industriale che non può essere guidata solo da logiche di breve periodo. Parlare di Transizione energetica e di nuove tecnologie senza proteggere la spina dorsale produttiva rischia, nella lettura di Tronchetti, di trasformare la corsa alla mobilità a zero emissioni in un’ennesima scommessa finanziaria scollegata dai capannoni, dalle linee di montaggio, dalle competenze delle persone.

Un allarme scomodo per l’automotive

L’uscita di Marco Tronchetti Provera suona come un campanello d’allarme per tutto l’automotive. Se l’elettrico viene vissuto come “un suicidio quasi perfetto”, significa che una parte dell’industria percepisce la transizione non come opportunità, ma come minaccia alla propria sopravvivenza. E il fatto che a dirlo sia un protagonista di lungo corso, abituato a ragionare a livello globale, costringe a prendere sul serio il messaggio.

Questo non significa negare la necessità di ridurre le emissioni o di innovare i prodotti. Significa, semmai, interrogarsi su come farlo senza sacrificare il tessuto industriale che ancora oggi fa dell’Italia un attore di rilievo nel mondo dell’auto e dei pneumatici. L’idea di un percorso più multi-tecnologico, che tenga insieme ibrido, combustibili alternativi e elettrico, viene proposta da Tronchetti come una possibile via di compromesso: meno ideologia, più pragmatismo industriale.

Tra le luci del Calendario Pirelli 2026 e le ombre della crisi del settore, a Praga il messaggio che arriva da Pirelli è duplice: da un lato orgoglio per un brand che continua a investire in cultura, moda e ricerca; dall’altro la consapevolezza che senza una strategia chiara l’Europa rischia davvero di ritrovarsi spettatrice in un mercato, quello dell’auto, che per decenni ha contribuito a definire.