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Politica
Addio al proporzionale e ai collegi. Si torna al premio di maggioranza
(fonte Lapresse)

C'è un tema che certo non appassiona l'opinione pubblica ma che è centrale per i futuri equilibri politici ed è quello della legge elettorale. Matteo Salvini ha subito chiarito che non è una priorità per la Lega, d'altronde in questo momento il focus tutto è sulle vaccinazioni e sui ristori-indennizzi, oltre che sulle tante partite economiche aperte. Ma quello degli assetti istituzionali, sullo sfondo, è la cartina di tornasole della tenuta della nuova, ampia, maggioranza sul lungo periodo.

Fonti qualificate del Pd spiegano ad Affaritaliani.it che, al momento, la discussione è congelata proprio per lasciare il Parlamento libero di occuparsi dei temi fondamentali che preoccupano i cittadini. Ma è chiaro anche al Nazareno che il famoso progetto di un proporzionale con sbarramento alla tedesca, visto il nuovo scenario politico, è ormai tramontato. Anche perché, banalmente, in Parlamento non ci sono i numeri. Passata qualche settimana, o mese, in estate si inizierà a discutere degli aggiustamente e dei correttivi al Rosatellum.

Anche perché l'impressione, forte, è che non si voterà prima del 2023, a fine legislatura, con il Presidente Sergio Mattarella che farà un altro anno al Quirinale e Mario Draghi in totale 24 mesi a Palazzo Chigi per poi, forse, diventare Capo dello Stato (anche se conteranno molto gli equilibri post-elezioni). Nei colloqui preliminari che si fanno in Transatlantico il mood è quello di correggere il Rosatellum con un premio di maggioranza nazionale per la coalizione (o il partito) che ottiene più voti, in modo tale da salvare il principio della rappresentanza con il proporzionale per le liste ma con un premio che garantisca la governabilità per avere il giorno delle elezioni subito un chiaro vincitore.

Politicamente, con l'alleanza che salvo colpi di scena resterà in piedi tra Pd, M5S e LeU, dopo l'esperienza del governo Conte II, non siamo più in un sistema tripolare come nel 2018, alle ultime elezioni politiche, ma di fatto stiamo ritornando verso un bipolarismo secco come quello delle sfide elettorali tra Romano Prodi e Silvio Berlusconi.

Ovviamente resteranno le soglie di sbarramento, sia per le coalizioni sia per i partiti che si presentano da soli, per evitare un'eccessiva frammentazione, anche se quasi sicuramente verranno aboliti i collegi elettorali. Su questo punto si va verso un compromesso tra Pd e Lega, che hanno le posizioni più lontane rispetto alle altre forze della maggioranza. La Lega insiste per il maggioritario ma ai Dem non piacciono i collegi e quindi la soluzione intermedia sarebbe quella del premio di maggioranza nazionale intorno al 55% dei seggi nelle due Camere.

Parallelamente alla riforma elettorale, qualora ci fosse un'intesa conseguente alla tenuta del governo Draghi e a un clima di collaborazione, si procederebbe anche con gli aggiustamenti costituzionali per recepire fino in fondo il taglio del numero dei parlamentari. Probabile ci sarà anche l'estensione ai 18enni del voto per Palazzo Madama e il cambiamento del modo di elezione del Senato da regionale a nazionale, proprio per consentire alla legge elettorale di non assegnare più, come avviene oggi, premi di maggioranza su base regionale, che rischiano di generare storture e di non garantire la governabilità. Tutto si tiene, se l'esecutivo di "alto profilo" funziona e lavora bene la strada per le riforme in Parlamento è tutta in discesa.

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