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Politica
Antimafia, il controllo preventivo sui candidati rischia di diventare legge

Il rischio di usare la parola mafia come una clava?

Le Commissioni Affari Costituzionali e Ambiente della Camera dei Deputati hanno dato il via libera al controllo preventivo della Commissione Antimafia sui candidati nelle liste che vengono presentati alle amministrative. Una norma discutibile che dovrebbe essere contenuta nella versione definitiva del prossimo Decreto Semplificazioni. La Commissione Nazionale Antimafia, che come sappiamo è un organismo politico, composto da 25 deputati e da 25 senatori, potrebbe ricevere questo potere discrezionale e valutare i candidati considerati discutibili e sospetti. Ma cosa è discutibile e sospetto?

Le cause di incandidabilità esistono già e trovavano, fino a ieri, applicazione nei riguardi di coloro che sono stati condannati, anche in via non definitiva, per alcuni delitti ritenuti gravi, connessi al fenomeno mafioso o al traffico d'armi e droga, per certi delitti dei pubblici ufficiali o reati commessi con l’abuso di potere o la violazione dei doveri inerenti ad una funzione pubblica. Ma parliamo di condannati, quindi dopo lo svolgimento di un processo in cui un’accusa ha espresso una tesi, il soggetto ha avuto la possibilità di difendersi e un giudice ha espresso un giudizio. Non parliamo di sospetti! Il termine “sospetto” non vuol dire nulla. O ci sono delle sentenze che ti rendono incandidabile oppure no, fino a che il diritto regolerà i rapporti umani.

La norma, nei giorni scorsi, è stata discussa in Ufficio di presidenza della Commissione Antimafia e dovrebbe passare in plenaria per essere poi votata e accorpata al decreto.

Viene il sospetto, questo sì, che si rischi, a seconda delle conoscenze, del peso e delle capacità di camuffamento e strategia, di stigmatizzare l’avversario come mafioso e viceversa, in un grande caos polemico fuori dalla realtà.

La Commissione Antimafia è attualmente presieduta da Nicola Morra del M5S.

Dopo varie diverse richieste di dimissioni nei suoi confronti, in seguito alle parole pronunciate dopo la morte del governatore della Calabria Jole Santelli in seguito a una malattia, Morra e la sua Commissione si vedrebbero attribuiti poteri speciali e insindacabili in una materia delicata come quella elettorale: a decidere di fatto sulle scelte degli elettori nella rappresentanza democratica.

L'operazione è in contrasto col dettato costituzionale e col diritto inalienabile dei cittadini alla partecipazione alla vita democratica del Paese ma è anche in conflitto con l’articolo 49 della Costituzione italiana che recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Se anche la Commissione Antimafia ha gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria non può agire come un potere terzo, perché è sempre fatta da politici appartenenti ai partiti che delle dinamiche politiche sono, nel bene e nel male, partecipi.

La separazione dei poteri è uno dei principi cardine del costituzionalismo liberale, delle nostre democrazie moderne: a organi diversi, parlamento, governo, magistratura (potere legislativo, esecutivo, giudiziario), in posizioni di reciproca indipendenza tra loro, poteri diversi, al fine di evitare che possa essere minacciata la libertà del singolo e della collettività.

Paradosso dei paradossi è Roberto Occhiuto, un parlamentare di Forza Italia (partito che ha sempre contrastato la politica del sospetto), Capogruppo di Forza Italia alla Camera dei Deputati e candidato del centrodestra alla presidenza della Regione, ad aver avanzato la proposta. Una scelta sicuramente motivata dalle migliori intenzioni ma che appare in contrasto con i principi liberali di base della nostra democrazia. Comunque la pensiate queste le parole con le quali Occhiuto ha raccontato la sua scelta in un video pubblicato sui social: “La ‘ndrangheta fa schifo, e fa schifo ai calabresi. La ‘ndrangheta ha disonorato la Calabria e non permetteremo che disonori il prossimo governo regionale... Sto lavorando in Parlamento per modificare la legge istitutiva della Commissione Antimafia. Ho proposto alla relatrice del decreto semplificazioni di presentare un emendamento che dia la possibilità alla stessa Commissione di analizzare le liste prima che si presentino. La Commissione fa questo lavoro, ma analizza le liste”, spiega, “solo dopo la presentazione delle candidature, e dà i risultati ad una settimana dal voto quindi negando la possibilità di sostituire gli eventuali impresentabili. Io voglio tenere l’asticella altissima, voglio che le mie liste siano inattaccabili e voglio che nelle mie liste ci siano persone che vogliano dare un contributo alla Calabria”. E chiude: “Insomma persone come me e alle quali la ‘ndrangheta fa schifo”.

Candidarsi mettendo al centro delle proprie battaglie le mafie è un ottimo proposito ma non minando il principio di separazione dei poteri che è la base delle nostre democrazie.

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