Meloni ha assicurato a Zelensky l'invio di armi italiane anche nel 2026. Ipotesi strappo leghista in Cdm e in Parlamento - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 17:27

Meloni ha assicurato a Zelensky l'invio di armi italiane anche nel 2026. Ipotesi strappo leghista in Cdm e in Parlamento

La premier, spinta da Tajani, vuole restare nell'alveo Ue

Di Alberto Maggi

"Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha incontrato oggi a Palazzo Chigi il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky"

I dettagli sono fondamentali. In tutto, nella vita, ma in particolare in politica e nelle relazioni internazionali. La nota di ieri di Palazzo Chigi delle 19.26 con la quale si comunicava che "il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha incontrato oggi a Palazzo Chigi il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky" si conclude con questa frase chiave: "Il Presidente Meloni ha infine ribadito la solidarietà al popolo ucraino e assicurato che l’Italia continuerà a fare la sua parte anche in vista della futura ricostruzione dell’Ucraina". Attenzione a leggere bene le parole, quel "anche" in vista della ricostruzione del Paese non esclude affatto altro.

E quell'altro - secondo quanto spiegano ad Affaritaliani fonti ai massimi livelli di Fratelli d'Italia - è la garanzia che l'Italia entro la fine dell'anno approverà il decreto legge per consentire l'invio di armamenti a Kiev anche il prossimo anno. Un impegno formale sul quale la premier non intende tornare indietro. Il provvedimento sarebbe dovuto passare al vaglio del Consiglio dei ministri giovedì scorso, poi è stato rinviato anche perché il governo è impegnato nella definizione degli ultimi dettagli della Legge di Bilancio 2026, coperture in testa.

Ma Meloni, spinta da Antonio Tajani e dalla famiglia Berlusconi (anti-sovranista visti gli interessi all'estero del colosso Mfe), non vuole certo isolarsi in Europa e, nonostante l'insistenza nel tenere aperto il canale con Donald Trump (malgrado le bordate ormai quotidiane del tycoon e de suoi fedelissimi all'Ue), intende confermare il ruolo dell'Italia come partner dell'Ucraina insieme agli principali Paesi europei. Certo, la premier non ha posizioni oltranziste e quasi anti-americane come Emmanuel Macron e il britannico Keir Starmer ma, insieme al cancelliere tedesco Friedrich Merz, tiene dritta la barra.

L'Ucraina non va abbandonata anche se il disimpegno Usa e il nodo dei beni russi congelati in Europa rende il sostegno a Kiev difficile e molto oneroso. Zelensky era preoccupato per le dichiarazioni del vicepremier Matteo Salvini che non ha invitato solo alla prudenza ma ha parlato proprio di fermare gli aiuti militari per arrivare prima alla pace con la Russia. Così Meloni ha assicurato che l'ok entro fine anno ci sarà. D'altronde qualche giorno, proprio ad Affaritaliani, il portavoce nazionale di Forza Italia Raffaele Nevi aveva chiarito che solo "la premier e il ministro degli Esteri decideranno se e quando smettere di inviare armi all'Ucraina. Le altre sono opinioni politiche personali". Resta il nodo di che cosa farà ora il Carroccio.

Difficile una marcia indietro e approvare il decreto, Salvini non vuole lasciare il pacifismo a Giuseppe Conte e sa benissimo che molti elettori sono stanchi di sostenere il governo (secondo molti osservatori corrotto) di Zelensky (che non a caso non ha escluso elezioni entro tre mesi, anche se di ufficiale non c'è ancora nulla). E così si fa strada l'ipotesi che i ministri della Lega o si astengano in Cdm o non partecipino nemmeno alla riunione quando verrà varato il decreto Ucraina, lasciando magari solo il più anziano dei ministri, Roberto Calderoli, per evitare che lo strappo sia clamoroso. Poi ci sarà il passaggio in aula in Parlamento e lì si cercherà la solita risoluzione che tenga difficilmente unita la maggioranza.

Ma le opposizioni sono ancora più divise del Centrodestra. E quindi anche se i parlamentari leghisti dovessero astenersi o lasciare Camera e Senato, sarebbe pronto il soccorso di Azione, Italia Viva e quasi certamente del Pd (malgrado i dubbi di Elly Schlein) che coglierebbe al balzo l'occasione per dimostrare plasticamente le divisioni nella maggioranza. Scontato il no di M5S e Alleanza Verdi Sinistra.

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