Politica
Meloni teme 'manovre' Ue-poteri forti-Quirinale per far nascere un governo tecnico. Da Bignami il 'segnale' che FdI è "in allerta"
Il dietro le quinte e il "non detto" della lite con il Colle

Il piano per arrivare a un governo tecnico e più gradito a Bruxelles
L'ordine arrivato dall'alto, chiaramente da Giorgia Meloni, è quello di non intervenire più sullo scontro tra il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera Galeazzo Bignami e il consigliere del Quirinale Francesco Saverio Garofani. Ma nel partito della premier, rigorosamente a microfono spento, spiegano che in queste vicende c'è "sempre un non detto" e c'è "sempre qualcosa dietro".
Ufficialmente Palazzo Chigi, quindi Meloni e il sottosegretario Giovambattista Fazzolari, hanno confermato piena lealtà al Capo dello Stato Sergio Mattarella (che la premier ha visto oggi al Quirinale per un chiarimento), confidando nella sua terzietà. Ma all'interno del partito di maggioranza relativa c'è il "sentore" di qualche operazione sullo sfondo, di qualche tentativo di mettere in qualche modo in difficoltà l'esecutivo di Centrodestra e arrivare a soluzioni "più gradite" a Bruxelles e quindi con un governo tecnico alla Mario Draghi e con una maggioranza alla Ursula von der Leyen, che escluda gli estremi (in particolare Lega e Movimento 5 Stelle).
In sostanza - spiegano da FdI - le parole di Bignami su Garofani sono state un segnale, dato volutamente da un uomo vicinissimo alla premier che colto l'occasione grazie all'articolo del quotidiano 'La Verità', per inviare un messaggio sia al Colle, sia a Bruxelles sia ai cosiddetti poteri forti (vedi ad esempio Abi, Confindustria e non solo): "non stiamo dormendo, siamo in allerta e bloccheremo sul nascere ogni tentativo di far cadere il governo eletto dai cittadini (laddove ci fosse)". Ma più che a questa legislatura, dove non esistono altre maggioranze in Parlamento, si guarda alla prossima e quindi alla legge elettorale.
Decisivo il voto alle elezioni regionali di domenica prossima in Campania. A prescindere dalla probabile vittoria di Roberto Fico contro Edmondo Cirielli, se il Movimento 5 Stelle dovesse crollare nuovamente, magari sotto il 10%, il cosiddetto campo largo diventerebbe davvero un campo santo. E - ragionano le fonti del partito della premier - a quel punto sarebbe chiaro che alle Politiche del 2027 verrebbe certamente riconfermata Meloni a Palazzo Chigi con un sistema proporzionale.
Ecco che, in caso di tracollo pentastellato, potrebbe scattare un piano di una parte importante del Pd - Dario Franceschini in testa - insieme ad Azione di Carlo Calenda e Italia Viva - Casa Riformista di Matteo Renzi e con il tentativo di coinvolgere Forza Italia (visto che Marina e Pier Silvio Berlusconi hanno forti interessi finanziari in Europa e soprattutto in Germania e vorrebbero un governo meno anti-Ue senza, tanto per fare un esempio, Roberto Vannacci) per arrivare a una legge elettorale proporzionale e senza premio di maggioranza.
In modo tale che Meloni, facendo pure il 30%, non possa governare come oggi con Lega e Forza Italia ma debba cercare una soluzione alla Draghi (non necessariamente l'ex premier) gradita certamente all'establishment europeo, al mondo finanziario e - stando al "non detto" - anche, indirettamente, al Quirinale. Ecco spiegata l'uscita di Bignami. Mettere le mani avanti per fermare in tempo questo piano.
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