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Politica
Caos istituzionale dopo la bocciatura della legge elettorale

La bocciatura in aula della nuova legge elettorale, il “germanicum”, di qualche giorno fa, dopo l’accordo trovato in commissione da Pd, FI, Lega, M5S e Sinistra Italiana, è significativa del caos istituzionale in cui è precipitata l’Italia dopo la sconfitta di Renzi al referendum di dicembre.

Da allora abbiamo assistito ad una sequenza di sforzi dell’ex premier per recuperare Palazzo Chigi che se da un lato desta ammirazione per la cocciutaggine dall’altro mette in imbarazzo per i fallimenti ottenuti sebbene tecnicamente la maggioranza per approvare la legge senza i Cinque Stelle ci sarebbe ancora ma a questo punto andrebbe separata dall’ipotesi di voto anticipato e a Renzi non converrebbe più.

L’ex premier esce sconfitto da questa settimana di fuoco perché oltre a non portare a casa il risultato della riforma elettorale si è inimicato i centristi con la mossa dello sbarramento al 5% ed Angelino Alfano ora è un nemico ufficiale.

In ogni caso cambiare proposta elettorale dall’improbabile latinorum di manzoniana memoria ogni mese confonde, irrita e sgomenta.

Tra l’altro, è bene ricordarlo, la bocciatura che doveva essere a voto segreto e per un “disguido” tecnico non lo è stato, è avvenuta grazie ai famosi franchi tiratori modello Prima Repubblica stanziati nello stesso Pd e anche tra i renziani d’hoc come Yoram Gutgeld.

Che Renzi volesse a tutti i costi votare a fine settembre o ottobre è fuori di discussione nonostante i prevedibili proclami ma il punto è che il nostro non è più un sistema bipolare ma tripolare ed in più frammentato nel senso che uno dei “poli”, il centro - destra, a sua volta è diviso tra una componente moderata cattolica e liberista e cioè Forza Italia e un’altra sovranista e cioè la Lega che stanno lottando per la supremazia interna ma a spese dell’Italia.

In tutto questo i Cinque Stelle hanno sempre più il pallino in mano perché affondano quando vogliono nelle contraddizioni degli altri due poli traendone consenso elettorale in modo scaltro ed astuto.

Basti sentire il discorso di fine campagna elettorale di ieri sera di Grillo a Genova per rendersene conto; il comico genovese non ha solo inveito come al solito contro gli avversari ma questa volta l’ha buttata anche sul romantico, sulle atmosfere decadenti e levantine del porto di Genova dove lui da ragazzo osservava i camalli “rubare” il caffè che cadeva dai sacconi quando ancora non c’erano i container moderni.

Quello di ieri sera a Genova segna un passaggio nella retorica grillina, un passaggio che facendo riferimento all’emozione questa volta costruttiva e non solo distruttiva può aggiungere molto all’offerta emozionale dei Cinque Stelle rendendoli ancora più pericolosi per gli altri contendenti.

Tornando al quadro nazionale c’è anche da notare che il Presidente della Repubblica e quello del Consiglio sembrano apatici ed incolori, incapaci di proposte autonome da quelle di Renzi dando quindi l’impressione all’opinione pubblica di essere troppo accondiscendenti e quindi, di nuovo, di andare a rafforzare la protesta populista di Grillo.

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