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Politica
Carlo Calenda ci riprova e lancia la sua ennesima lista

Carlo Calenda ha lanciato la sua proposta (l’ennesima, dopo un improbabile Fronte Repubblicano) per una “lista unica” alle prossime Europee di maggio composta di europeisti in chiave anti - populista ed anti -  sovranista.

Calenda quindi aveva un piano, ma l’intraprendente tecnico prestato alla politica non si capiva bene dove volesse andare a parare e quindi l’unico effetto che era riuscito a creare in tanti mesi era una sorta di confuso “effetto movimentista” che lo ha visto seguire e inseguire qualsiasi cosa gli potesse dare un minimo di visibilità mediatica, sia all’interno del partito che sui social.

Il suo percorso dimostra questa necessità di cogliere l’attimo per ghermire qualcosa, e dispiace dirlo in un momento in cui la politica avrebbe bisogno di persone lungimiranti, che guardano al futuro e non al presente.

Un po’ di storia delle sue vicende passate aiuta a capire.

Calenda trova la sua “fortuna” nel liberista Enrico Letta che lo nomina Ministro dello Sviluppo Economico ed a sorpresa è confermato da Matteo Renzi all’importante dicastero.

Prima un passato come portaborse di Luca Cordero di Montezemolo in Confindustria, poi coordinatore di “Italia Futura” che non è mai esistita politicamente e poi ancora la candidatura nel 2013 con Scelta Civica di Mario Monti, senza risultare eletto.

Di area turbocapitalista ed iperliberista, vicino all’Istituto Bruno Leoni, si “converte” improvvisamente ad una sorta di “marxismo operaista” nella fase finale della scorsa legislatura, provocando ilarità sui social visto il suo passato in Confindustria e le sue posizioni anti-comuniste.

Dopo la vittoria giallo - verde di marzo scorso le prova tutte dentro il Pd in cui pare si sia finalmente iscritto, ma produce tanto fumo e nessun arrosto.

Nel frattempo trova il tempo di assestare un bel calcio dell’asino a Matteo Renzi che lo aveva beneficiato in passato.

Qualche giorno fa l’annuncio dell’ennesima giravolta con ritorno in area liberista.

Dal punto di vista tattico nessuno nel Pd, tranne proprio Letta che lo aveva inopinatamente lanciato (errori ne fanno tutti), rischia di dire la sua in un momento congressuale e così il nipote di Comencini sfrutta questa finestra temporale per l’ennesima iniziativa.

Per non sapere né leggere né scrivere, come si suol dire, firmano tutti o quasi da Giuseppe Sala, a Giuliano Pisapia, a Sergio Chiamparino, a Enrico Rossi, ad Alberto Bombassei, a Walter Ricciardi, ad Andrea Illy.

Il povero Maurizio Martina deve fare invece buon viso a cattivo gioco e dice: “Bel segnale, con noi chi lotta contro i nazionalismi” frase che fa riflettere se chi lo dice è un erede di quel Partito Comunista Italiano che aveva la bandiera italiana sullo sfondo della falce e martello.

Stessa linea devono seguire Nicola Zingaretti, Paolo Gentiloni e Marco Minniti, con naturalmente l’eterna prezzemolina Laura Boldrini che si dice “entusiasta” dell’iniziativa dopo aver passato mesi ad attaccare il Pd.

Sicuramente perplessa Emma Bonino che di Europa se ne intende e che infatti non ha commentato la proposta ed anche Roberto Giachetti ex radicale frena un po’ “dobbiamo stabilire quale sia la nostra proposta e con chi vogliamo realizzarla”. Ostili, per contratto, i renziani duri e puri.

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