Anche se hai il Covid puoi votare, è un tuo diritto perché esiste una legge che tutela gli interessi dei soggetti ammalati.
Così come in ogni occasione di voto il Ministero dell’Interno ha disposto le regole anche per l’ultima tornata elettorale, in questo caso con una circolare, la numero 39 del 14 agosto scorso.
Facendo domanda 15 giorni prima dal voto i Comuni dovevano predisporre i mezzi idonei, indicando le strutture o gli addetti (solitamente i vigili) incaricati di raccogliere il voto. La procedura era valida anche per chi in quel momento era risultato positivo al Covid e in condizioni di salute idonee: sottoposti a trattamento domiciliare, quarantena, isolamento fiduciario.
Così degli addetti protetti e bardati si sarebbero dovuti recare a casa della persona interessata consentendole di votare. Si chiama raccolta domiciliare. “In considerazione dei principi dettati dal decreto-legge n. 1 / 2006, convertito dalla legge n. 22 / 2006,” c’è scritto nella circolare, “si precisa che l’elettore, il cui voto viene raccolto nella struttura sanitaria in cui è ricoverato o presso il suo domicilio se in condizione di quarantena o isolamento fiduciario, può esprimere il voto per la consultazione referendaria e per le elezioni (suppletive, regionali e comunali) per le quali goda del diritto di elettorato attivo e che si svolgano nel territorio comunale in cui è istituita la sezione ospedaliera cui è assegnato”.
Ma le cose in Italia non sono andate proprio così. E’ successo a Vignola, in provincia di Modena, dove si votava per le comunali e il referendum; a Corato, in provincia di Bari, dove si votava per le comunali, le regionali e il referendum; a Parabiago in provincia di Milano dove si votava anche per le comunali; a Poggio Bustone in provincia di Rieti; in provincia di Cuneo. In tutte queste situazioni i cosiddetti seggi speciali in cui i malati di Covid avrebbero dovuto votare erano predisposti ma solo per chi votava per il referendum e le regionali e non per le comunali. Le decisioni in questa direzione sembra siano state adottate dalle Prefetture.
Inizialmente è sembrato un mistero capire il perché. Ma un sito che si occupa di notizie locali, Rietinvetrina ha interpellato la Prefettura di Rieti che aveva la competenza rispetto al Comune di Poggio Bustone e che ha risposto così:
“La legge elettorale prevede che le persone in sorveglianza domiciliare vengano associate al polo Covid (in provincia di Rieti l’unico è riferito all’ospedale de Lellis) e che esprimano la loro scelta solamente su ciò che si può votare nel Comune in cui il polo si trova. Essendo il Polo Covid reatino soggetto solamente alla votazione inerente il Referendum, di conseguenza tutti i positivi al Coronavirus e in quarantena hanno potuto esercitare il voto solo per il Referendum stesso. Tutto questo per seguire le procedure di sicurezza anti-Covid e la sicurezza che il voto venisse mantenuto segreto.”
Quindi in ogni regione le regole sono state queste: se sei in quarantena puoi votare per referendum e regionali ma non per il Comune se non ha l’ospedale con il seggio-Polo Covid. Non si comprende però il perché si sia potuto predisporre un seggio speciale per un tipo di voto e non per l’altro negando un diritto a tanti cittadini.
In realtà ci sarebbe una legge del 1960 mai aggiornata. Stabilisce che chi è isolato a casa è equiparato a un malato in ospedale e le sezioni ospedaliere fanno capo solo al Comune dove c’è l’edificio di ricovero, non agli altri centri. Lì viene allestito il seggio speciale deputato ad occuparsi dei malati di Covid che votano. Tradotto: l’ospedale è nel capoluogo e quindi risulta come un seggio speciale del capoluogo. Si può votare nel capoluogo e se il voto venisse raccolto ai domicili dei malati le schede finirebbero in quel seggio speciale. Ma non vale per il piccolo Comune nella provincia dove non c’è il Polo Covid e si vota per le comunali. Quindi chi è nel piccolo Comune ed è malato di Covid può votare per il referendum ma non ha diritto a scegliere il proprio sindaco. Difficile ora capire come non si potessero adottare per tempo altre procedure visto che sono passati 60 anni dalla legge del 1960 e si è preferito, come al solito, fare la cosa più semplice per le istituzioni: in questo caso negare un diritto garantito a tanti cittadini.
Commenti