Comunque vada il Pd si spacca. La mappa della guerra Bersani-Renzi
Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani

Le gambe del Pd non sono mai state così malferme. Lo stallo sulla formazione dell'esecutivo ha minato in profondità gli equilibri che governano i democratici allargando la spaccatura tra l'ala sinistra del partito, che marcia compatta sotto la parola d'ordine 'mai con Berlusconi', e chi invece crede che in politica sia necessario dialogare con l'avversario e trovare un accordo, il prima possibile. Posizione che negli ultimi giorni sembrano coincidere con le idee dei due sfidanti alle primarie: Bersani e Renzi. La situazione è più critica di quello che sembra e le tensioni nel partito potrebbero spezzarlo.
Ma facciamo un passo indietro. Gli ultimi giorni sono stati segnati dalle dichiarazioni del sindaco di Firenze che alla radio, sui giornali e in pubblico, ha incarnato il pensiero di molti italiani: stare a parlare non serve a nulla, il Paese sta andando alla deriva e ha bisogno di un governo. Venerdì il Primo cittadino ha definito la sua linea: "O Bersani riuscirà a spaccare i 5 Stelle oppure farà un accordo con il Pdl. Io personalmente sarei per andare a votare". Meglio il voto quindi, almeno che Bersani non faccia un governo di grandi intese per uscire dallo stallo.

La resa dei conti all'interno del partito potrebbe avvenire alla prossima Direzione del Pd. Una data ancora non c'è, ma dovrebbe essere convocata dopo che i saggi avranno stilato il loro programma. A quel punto Bersani si presenterà al partito per avere confermata la sua linea, che con tutta probabilità sarà quella delle ultime settimane: chiedere al nuovo Presidente della Repubblica di andare in Aula per avere la fiducia, ma senza fare un governo con il Pdl. E in quell'occasione Renzi potrebbe fare il suo discorso: il Pd deve guardare al di là del suo elettorato di riferimento, deve slegarsi dalle vecchie logiche sul lavoro, insistere sull'abolizione del finanziamento ai partiti e delle province.
A quel punto la resa dei conti sarà esplicita. Se la Direzione, come è probabile, confermerà la fiducia a Bersani, Renzi potrebbe decidere di andarsene portandosi dietro i suoi. A seguito del Sindaco potrebbero esserci non solo i renziani di stretta osservanza, ma anche tutta l'area modem, i liberali, i lettiani e forse anche i veltroniani. Se invece la direzione dovesse appoggiare la linea di Renzi, Bersani vedrebbe confermata la sua sconfitta e non potrebbe fare altro che fare un passo indietro, rinunciando a 'scongelare' il suo incarico di governo. A quel punto sarebbe Renzi ad avere il cerino in mano e non è detto che non chieda al successore di Napolitano di avere l'incarico. Una parte del Pd si spaccherebbe e fuoriuscirebbe a sinistra. Ne farebbero parte ovviamente i bersaniani (anche se molti in questi ultimi mesi si sono già riposizionati), i giovani turchi e tutti gli onorevoli che orbitano nel mondo della Cgil. Comunque vada, insomma, il Pd si deve aspettare tempi bui.