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Politica
D’Alema apre ai “sovranisti”: furbata per salvare Pd e sinistra?

Pd e sinistra proseguono l’interminabile giro a vuoto, disorientati e incapaci di scegliere la direzione giusta per cercare di ripartire dopo la batosta del 4 marzo in vista delle prossime elezioni europee di maggio. L’opposizione al governo è ridotta a sterile propaganda, una contrapposizione ostruzionistica, per lo più ad uso e consumo di lotte fratricide. Ora, senza scomodare il “Che fare” di Lenin di inizio ‘900 con la sua teoria dell’organizzazione e della strategia del partito rivoluzionario, Pd e sinistra di oggi potrebbero rifarsi – rapportandosi alle mutate condizioni odierne - al partito “di lotta e di governo” berlingueriano del post 20 giugno 1976 (duplice vittoria per Dc e Pci), con i caratteri di opposizione propositiva, capace di cogliere la “scossa” della politica italiana indicata allora nelle urnedagli elettori e non dalle segreterie dei partiti, portando all’incontro i comunisti con i “nemici” democristiani per assumersi responsabilità di governo, pur rimanendo partito di lotta. Le urne del 4 marzo non hanno forse creato, con la vittoria del M5S e della Lega e con la nascita del nuovo governo gialloverde, una svolta storica della politica italiana? Disconoscere la realtà, tentare di mettere alla gogna gli avversari, bollare di improperi chi governa, concorre ad alimentare l’anti politica, ad aumentare il distacco fra cittadini e palazzo, a rendere il sistema ingovernabile, a dimostrare i limiti di una opposizione allo sbando. E’ quel che da mesi fanno Pd e sinistra – idem la destra berlusconiana alla frutta, con le solite mosse di palazzo fra compravendite di parlamentari, fusioni e divisioni di partitini - in una aberrante altalena di incapacità e irresponsabilità: un boomerang per gli stessi promotori. Novelli profeti di sventura, incapaci di interpretare le lezioni della storia e di rispettare il volere democratico dei cittadini, dimenticandosi di come i loro governi hanno ridotto l’Italia, Pd e sinistra si sono incartati, rimanendo con le pive nel sacco: hanno annunciato in coro ad ogni messa cantata – con l’assordante monocorde tam tam mediatico- la caduta del governo Conte e la crisi del rapporto politico fra i due vice premier: come il pifferaio di Hamelin chiamano a raccolta chiunque nella “crociata” anti Salvini bollato qualeirresponsabile incapace razzista fascista, portatore di tragedie.

Ma il vento del rinnovamento soffia forte. La stessa vicenda della Manovra, finalmente non dettata dalla Ue, e della trattativa con Bruxelles, come tutte le trattative conclusa con una mediazione, dimostra che la musica è cambiata. In questo quadro, a sinistra del Pd si perpetua il rito di tentare di resuscitare partiti-cadaveri con la moltiplicazione di inutili “cose rosse” affidando il “miracolo” ai soliti noti. Nel Pd - oltre a Renzi sempre con un piede dentro e uno fuori - ferve la danza degli ex attorno al partito tutto preso dal congresso, partito dato in consunzione perché il prodotto di un tempo che non c’è più essendo il bipolarismo superato e, più in generale, non essendoci più le ragioni storiche che resero possibile l’aggregazione – peraltro “da freddo” e mal riuscita - di ex comunisti ed ex democristiani. I fuoriusciti del Partito democratico si dilaniano nel bivio: se rientrare o no in vista delle Europee di maggio anche se è proprio dal vecchio leone della sinistra, Massimo D’Alema, “rottamato” da Renzi, che parte l’analisi sul “che fare”. La tesi del lider Maximo è quella di una crisi politica ed economica mondiale indotta dalla globalizzazione, superabile in Italia con una ripresa della sinistra capace di recuperare l’intervento dello Stato in economia con contenuti più di stampo populista-peronista che keinesiano. E’ quella – secondo “baffino” - la condizione favorevole per avviare il rapporto con il M5S dove sono confluiti almeno 2 milioni di elettori del Pd. D’Alema analizza l’affermazione dei “sovranisti”: “le persone vogliono tornare ad essere padroni delle decisioni che riguardano la loro vita e non vogliono che queste decisioni siano delegate a dei poteri non controllabili, i mercati, le democrazie straniere, la finanza”. E indica la nuova via: “se si vuole rappresentare quel popolo che si è sentito tradito dalla sinistra e se ne è andato da un’altra parte non possiamo pensare di non parlare con quelle persone che quel popolo ha scelto per farsi rappresentare”, di fatto puntando al dialogo con il M5S. Addirittura D’Alema ricorda il 1994: “di fronte alla grande sconfitta elettorale, vedendo allora in Berlusconi il pericolo maggiore, noi dialogammo con la Lega di Bossi, riconoscendone una matrice popolare che allora c’era. Questo portò ad una rottura dell’unità del centro-destra e aprì la strada alla vittoria del centro-sinistra”. Appunto, con i risultati noti che hanno portato alla debacle Pd e sinistra, con il successo del M5S e della Lega di Salvini e con la formazione del nuovo governo. D’Alema, più che aprire ai “sovranisti”, cerca per la sinistra la ciambella di salvataggio. Ma, si sa, gli italiani alla copia preferiscono l’originale.

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