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Politica
Elezioni 2022, la campagna elettorale "réclame" del tutti contro tutti

Elezioni, "Pronti" è il messaggio di una parte di italiani che sanno di poter uscire con le urne dall'emarginazione politica degli scorsi decenni 

Dalla crisi di governo più sconsiderata di sempre non poteva che uscire questa campagna elettorale “réclame” del tutti contro tutti. Il Pd usa l’imperativo: “Scegli” parafrasando lo slogan fascista: “Taci! Il nemico ti ascolta”. Non fa meglio la Lega con la parola ombrello: “Credo” dall’imbarazzante vuoto di idealità. Mentre chi c’azzecca è Fratelli d’Italia che parla al plurale con “Pronti”, evitando di impartire ordini come fa Letta con “Scegli” e di parlare in prima persona come fa Salvini con il suo “Credo”.

“Pronti” è il messaggio di una parte di italiani che sanno di poter uscire democraticamente con le urne dall’emarginazione culturale e politica degli scorsi decenni e di chi, dopo averle provate tutte, prova con la Meloni. Si tratta di vedere, poi, quanto questa armata Brancaleone che è il centrodestra, sia disposta a “mettersi alla stanga” e sia adeguata per guidare un governo di un paese così mal ridotto in un contesto internazionale drammatico.

Comunque, l’aria che tira per il voto del 25 settembre fa volare nei sondaggi (Swg del TgLa7) Fdi al 27% dei consensi con il Pd tirato giù al 20,4%. A seguire la Lega al 12,1%, il M5S ringalluzzito al 12%, Azione/Italia Viva al 7,5%, Forza Italia al 6,7%. Dunque, centrodestra con il vento in poppa, davanti al centrosinistra di oltre 20 punti percentuali. Gongola Giorgia Meloni pronta a entrare con la fanfara a Palazzo Chigi, come premier.

Annaspa Enrico Letta passato dal campo largo al campo vago, unico a difendere quell’Agenda Draghi oramai dimenticata anche dallo stesso premier che non vuole essere strumentalizzato elettoralmente. A due settimane dal voto il quadro è chiaro. Pur con toni diversi, il centrodestra marcia unito e nei collegi uninominali saprà far votare i suoi candidati in modo compatto che così vinceranno quasi ovunque, facendo cappotto.

Nel centrosinistra prosegue la baruffa fra i partiti e dentro i partiti: nessuno crede alla rimonta nel rush finale e nel Pd si lavora già al dopo Letta. Così l’Italia si avvia a una svolta politica storica. Per la prima volta c’è in “pole” come premier una donna, Giorgia Meloni.

Non una qualsiasi, ma leader del partito con la fiamma tricolore già utilizzata nel simbolo dal MSI, partito di ispirazione neofascista. Un partito, Fratelli d’Italia, che alle elezioni del 2018 ottenne solo il 4,3%, quindi con un salto in soli quattro anni di oltre venti punti percentuale: un record mai ottenuto da nessun altro partito in oltre settant’anni di storia repubblicana! Ciò ha portato il leader del Pd Enrico Letta a “sfarfallare”: “Se vincerà la destra, democrazia a rischio”.

Una esternazione a dir poco azzardata contestata anche dal presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini: “In Italia il pericolo fascista non c’è: bisogna sfidare la destra non urlando o offendendoli ma dicendogli che non siamo migliori ma diversi e alternativi”.

Anche per il centrodestra e per Fdi si tratterebbe di un “fatto storico”, una impresa politicamente a rischio, tenendo conto dei mali del Paese e della gravità della situazione internazionale. In questo centrodestra alle prese con contraddizioni e nodi non sciolti, Fratelli d’Italia saprà mantenere dal governo i propri riferimenti politico-ideologici basati sullo slogan “Dio, patria, famiglia” e riconducibili al conservatorismo nazionale, al sovranismo, al tradizionalismo, a quella destra liberale, cristiana, identitaria e patriottica cui si richiama la Meloni? Fratelli d’Italia cambierà la propria natura ideologica e il suo agire politico coinvolto nei nuovi giochi di potere interni ed esterni? Come mantenere unito un partito esploso elettoralmente e come contenere le spinte che inevitabilmente emergeranno alla sua destra? Tante le domande.

Fin ora Giorgia Meloni è stata la madre-padrona del suo partito, imponendosi su tutti per qualità e carisma. Con un partito così forte elettoralmente, in un quadro politico così debole, pensare oggi Fdi all’opposizione significherebbe incrinare il quadro democratico, rendere il Paese incontrollabile, spingendolo nel caos. Giorgia Meloni e il “suo” Fdi non possono più tirarsi indietro.

Saranno consapevoli, Salvini e Berlusconi nel centrodestra, dell’importanza di non tenere la coalizione di governo sui tizzoni ardenti, di non dividerla, di non cadere nella trappola dei protagonismi, nei ricatti delle clientele e dei parassitismi,  di procedere in una unica direzione non piegandosi  alle suggestioni repressive, facendosi carico dell’ordine democratico, salvaguardando gli interessi dell’Italia, rinnovandola senza nuove lacerazioni?

L’Italia va ricostruita economicamente e moralmente, ripartendo da quel che di buono lascia Draghi. L’elenco dei sacrifici e dei doveri è lungo e va ben oltre l’abbassamento di un grado dei termosifoni nel prossimo inverno.

Gli italiani sono chiamati a mettersi ai remi per un’opera di ricostruzione materiale e morale che non ammette defezioni. Una occasione storica perché il centrodestra, (Fdi in testa senza nostalgie “nere”) e il centrosinistra, (per primo il Pd all’opposizione come “Partito di lotta e di governo”) dimostrino di aver capito la lezione svolgendo ognuno la propria parte.   

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