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Voto, Conte da ora decisivo per la vittoria del Pd. Cdx sconfitto? Tiene botta
Giuseppe Sala Enricco Letta Matteo Salvini Giorgia Meloni Giuseppe Conte 
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Il primo turno delle amministrative consegna vittorie e sconfitte solo parziali, tranne se il candidato sindaco ottiene il 50% più uno dei voti. È successo a Milano, Bologna e Napoli, con la netta vittoria dei candidati del partito democratico. Vittorie scontate, non c’era partita e tutti lo sapevano.

A Roma si andrà al ballottaggio, ma al primo turno arriva davanti a tutti il candidato di centrodestra Enrico Michetti col 30,2% dei voti, tre punti in più del candidato di centrosinistra Roberto Gualtieri (27%). Si andrà al ballottaggio anche a Torino, col candidato di centrosinistra Lo Russo avanti di cinque punti rispetto al candidato di centrodestra Damilano (43,9% - 38,9%). A Trieste vince il candidato di centrodestra Dipiazza (47%), che però andrà al ballottaggio anche se largamente favorito rispetto allo sfidante di centrosinistra.

Le nostre previsioni fatte qualche giorno fa si sono rivelate corrette: la battaglia decisiva di queste amministrative si gioca soprattutto a Roma. Michetti è avanti ma ha il fiato sul collo di Gualtieri, mentre Calenda si ferma al 19,7%, un ottimo risultato per il leader di Azione. Sconfitta sonante per il sindaco pentastellato uscente Virginia Raggi, che ottiene il 19,2% (al primo turno nel 2016 ottenne più del 35%). Ora al ballottaggio occorrerà vedere cosa faranno Calenda e Raggi, che hanno impostato tutta la loro campagna elettorale contro Gualtieri. Al secondo turno peserà sicuramente l’accordo politico tra Letta e Conte a sostegno di Gualtieri, mentre Calenda potrebbe lasciare liberà di voto o aiutare Michetti per evitare che il prossimo sindaco della Capitale sia il candidato-simbolo dell’accordo tra Pd e M5S, quell’accordo che ha indotto l’ex ministro dello sviluppo economico ad uscire dal Pd nel settembre 2019.

A Torino, dove il sindaco uscente era la Appendino (che non si è ricandidata), la candidata pentastellata Sganga si ferma ad un misero 9% (Appendino cinque anni fa al primo turno prese il 30,92%).

Tutti i commentatori di tv e giornali parlano in queste ore di una sconfitta del centrodestra, che sicuramente ha sbagliato i candidati in alcune grandi Città, ma che comunque – questo occorre dirlo - ha vinto le regionali in Calabria (con quasi trenta punti di vantaggio sull’avversaria di Pd e M5S) e alle comunali va al ballottaggio a Roma, Torino e Trieste (si partiva dal 5 a 1 per il centrosinistra). Alle elezioni amministrative del 2016 il centrodestra non andò al ballottaggio né a Torino né a Roma, mentre stavolta se la gioca alla pari. Il centrodestra perde nel girone di andata, ma può ancora rifarsi in quello di ritorno. È sbagliato dunque parlare di sconfitta.

Nessuno parla invece della scomparsa del partito di Conte, che perde Roma e Torino e non va al ballottaggio da nessuna parte nonostante la leadership di Conte, quello che fino a pochi mesi fa era considerato il comandante in capo di una intera nazione, il nuovo leader del centrosinistra. Se si pensa che a Milano e a Torino i candidati pentastellati si fermano rispettivamente al 2,7 e al 9 percento, la sconfitta del M5S è praticamente su tutto il fronte.

A Milano il partito di Conte è stato superato da Paragone e non avrà neppure un consigliere comunale, mentre a Roma Virginia Raggi – sindaco uscente sostenuta pubblicamente da Conte e Grillo - perde oltre 15 punti rispetto al primo turno di cinque anni fa e arriva quarta, dietro Calenda. Il partito di Conte che ha quasi il 37% dei seggi in Parlamento e dal quale dipende la formazione e la tenuta di qualsiasi governo nazionale, ha chiuso queste amministrative con una debacle che non ha precedenti, eppure Conte ha girato il Paese in lungo e in largo a sostegno dei suoi candidati.

Ma nessuno ne parla perché l’ex Presidente del Consiglio potrebbe essere decisivo per la vittoria del Pd ai ballottaggi del 17 e 18 ottobre. Il capolavoro politico lo ha fatto il Pd, che ha inghiottito i pentastellati. Di Maio si tiene ben stretta la poltrona di ministro e farà carte false pur di tirare avanti la Legislatura fino alla scadenza naturale del marzo 2023.

Salvini ha pubblicamente ammesso le sue colpe in merito alla scelta sbagliata dei candidati in alcuni dei Comuni capoluoghi di Regione, ma ha una partita aperta – ancora tutta da giocare - tra meno di 15 giorni a Roma, Torino e Trieste: ne portasse a casa 2 su 3 (Roma è fondamentale), il centrodestra avrebbe ottenuto un ottimo risultato rispetto alle precedenti amministrative del 2016. Le comparazioni elettorali si fanno con e su dati omogenei, non su aspettative o dati disomogenei.

Il vero vincitore di queste elezioni è tuttavia il partito dell’astensionismo, il dato storico più basso di sempre (54,69% a livello nazionale), con tutte le grandi Città ben al di sotto il 50%. In Calabria il dato dell’affluenza alle regionali si ferma al 44,3%. Un italiano su due si è stancato della politica che invece di fare gli interessi dei cittadini fa di tutto per andare contro i cittadini. E questo, diciamolo pure, è una sconfitta di tutti. Se Salvini capisce questo da uomo d’azione quale è può in queste due settimane fare ancora molto.


 


 


 

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