Politica
Elezioni, odio, false promesse e fake news: che brutta campagna elettorale





Alessandra Filippi, commentatrice storica di Affaritaliani.it e candidata alle elezioni regionali in Lombardia con Più Europa, commenta la campagna elettorale
Di M. Alessandra Filippi,
fondatrice di Città nascosta Milano, candidata alla regione Lombardia di +Europa con Emma Bonino
Riflessioni di una candidata
Avevo poco più di 9 anni quando ho incrociato Pannella. Vivevo a Torino e i nostri vicini di casa erano suoi amici e sostenitori. Un bel giorno me lo sono ritrovato davanti. I massimi sistemi mi sono sfuggiti tutti. L’immagine di quell’uomo bello, alto, scapigliato e simpatico, dalla voce cavernosa, no, anzi mi è rimasta impressa per sempre. Insieme a quella dei suoi adesivi gialli con un sole che rideva, che a me parevano più interessanti delle figurine dei miei album e che requisivo a mucchi, per poi attaccarli su diari e quaderni.
Se davvero ogni incontro ha un senso, come credo, essere oggi nelle fila di +Europa con Emma Bonino, l’unica per la quale avrei potuto spendermi e mettere la faccia, per me che sono nata a Bruxelles e che penso che la cosa più importante sia sentirsi cittadini del mondo, è la quadratura del cerchio. Quando mi sono trasferita a Milano, 10 anni fa, una delle prima persone che ho conosciuto è stato Valerio Federico, oggi capolista di +Europa in Regione Lombardia, figura di riferimento tra i Radicali. A lui devo il mio interesse per la politica, la mia candidatura nella scorsa tornata elettorale per le comunali, con Marco Cappato candidato sindaco, un’esperienza che mi è rimasta nel cuore e dalla quale ho imparato molto. Quella attuale è un’avventura decisamente più impegnativa della precedente, a cominciare dalla raccolta firme che è stata una autentica corsa contro il tempo, per finire con le condizioni meteo: fare campagna elettorale con questo freddo, stando sulla strada per 6/8 ore a -2° - ieri anche con la neve - sfiora l’eroismo.
Prima di incontrare i radicali avevo vissuto la politica con crescente disagio, alimentato dai miei 25 anni trascorsi a Roma, durante i quali ho visto arrivare di tutto, compresi i leghisti. Volevano mettere in ginocchio la capitale ladrona. Poi, come tutti, si sono presto assuefatti al dolce profumo del potere.
Gli ultimi in ordine di sbarco sono i grillini. Vedremo cosa faranno. Qualche crepa s’intravede già ma per loro vale lo stesso principio del BIG ONE: si sa che arriverà, che sarà terribile ma non è chiaro quando. La politica urlata del loro comico di punta non mi è mai piaciuta. Una volta l’ho ascoltato dal vivo, a Verona. Per caso mi sono trovata nel bel mezzo di un suo comizio. Ho resistito 10 minuti poi sono scappata.
Detto questo, seppur nel XXI secolo, restiamo l’Italia dei Comuni. Frammentata, divisa, individualista. Mille simboli che si fanno e disfano come le maree. Un panorama liquido e opaco che ha generato la più volgare e sgangherata campagna elettorale di tutti i tempi, povera di idee e zeppa di promesse irrealizzabili che se solo fossero mantenute costerebbero mille miliardi. E non mi sembra una grande idea visto che già così ogni abitante, bambini compresi, ha sulle spalle 40mila euro di debito.
Come se non bastasse ci si mettono anche le fake news che infettano tutto e tutti, fomentando odio e violenza con conseguente nefaste. Anche certi articoli lasciano molto perplessi. Il vostro editorialista filosofo, per esempio, ci ha definiti insieme al PD “il partito più pericoloso dell’arco costituzionale odierno”. Secondo lui siamo “euroinomani che vogliono portarci fino all’overdose di questa Europa dei capitali e delle banche”. Non pago, nella stessa intervista apparsa sulla vostra testata, si spinge oltre il limite della temerarietà esortando a votare chi “più può nuocere all’elìte finanziaria turbo capitalistica” come il partito di Marco Rizzo o Casa Pound. Ma è serio?
Perché Fusaro nei suoi “lampi di pensieri” non denuncia la ben più grave assenza di confronti elettorali fra candidati? La politica, la filosofia ci insegna, è dialettica.
Uno dei pochi andati in scena è quello fra Matteo Salvini e Laura Boldrini lo scorso 13 febbraio a 8 e Mezzo da Lilly Gruber. Ma è stata una delusione pure questo: 37 minuti di #RisorseSalviniane VS #RisorseBoldriniane, di scambi muscolari da una parte e cartellonistici dall’altra, con tanto di hashtag.
Abbiamo ben 7 canali televisivi di portata nazionale eppure nessuno che riesca a mettere a confronto i leader di tutti gli schieramenti. Mi sorge il dubbio, e qui il filosofo può corrermi in soccorso, che il vero pericolo sia di rendere evidente che il re è nudo.
Forse +Europa con Emma Bonino è pericolosa perché ha idee da vendere, perché ha una visione, un programma costruito con buon senso, senza promesse, declinando semplicemente la verità. Perché la storia della Bonino è già un manifesto, è l’incarnazione dell’impegno e della dedizione, della serietà e della competenza. È pericolosa perché è stimata e rispettata in Europa e nel mondo.
D’abitudine non parlo mai di quello che non so. E se proprio devo, mi documento. Temo non sia per tutti così. Non lo è per esempio per chi dice che il governo uscente è stato inutile e la lista Più Europa con Emma Bonino è dalla parte sbagliata. Personalmente credo invece che sia dall’unica parte possibile e dunque l’unica alla quale porre la grande priorità degli Stai Uniti d’Europa. Non siamo il Partito Democratico ma crediamo si possa e si debba unirsi anche nelle differenze rispetto a una priorità comune. Gli ultimi governi sono stati timidi rispetto a riforme economiche incisive, capaci di abbassare il debito pubblico ma i successi sui diritti civili e la riforma Franceschini sono successi innegabili. Da storica dell’arte dico che raramente si è visto un ministro dei Beni Culturali più competente e capace di Dario Franceschini. A lui si deve, fra le molte cose, il rilancio di grandi poli museali, Brera compresa, che da decenni languivano, disertati da pubblico.
Andare contro la realtà come vedo fare, parlare per luoghi comuni e per sentito dire, alimentati da cattiva informazione, che a sua volta fomenta l’odio, è cosa che oggi più che mai mi fa dire che ci vuole più cultura e più Europa.
Chi come me è nato in questo angolo di mondo e nel senso del "noi" ha alimentato la sua crescita non vuole più farne a meno. Chi conosce la differenza fra una frontiera da attraversare e la libertà di circolare e crede nel rispetto dei diritti e del Diritto e riconosce che la bellezza di un progetto si misura dall'emozione che scatena, voglio dire che la prima grande vittoria che la lista +Europa con Emma Bonino ha già portato a casa è stata quella di sottrarre ai partiti l’Europa come capro espiatorio di tutti i loro fallimenti, costringendoli a fare i conti con i loro errori.
Al netto di tutto quello che è stato scritto e detto, la lista Più Europa con Emma Bonino persegue con coerenza un programma con radici profonde, che ha come faro l'Unione Europea, la democrazia, il lavoro, la giustizia, i diritti umani e il contrasto alla politica delle promesse e degli affari. È l’unica a non promettere facili soluzioni a problemi complessi. E in questo mare di bugie e opachi personaggi in cerca di autore, brilla come la neve caduta l’altra notte.
Oggi è l’ultimo giorno di campagna elettorale. Poi sarà il silenzio.
Per chi voglia seguirci su Facebook @Più Europa con Emma Bonino-Milano e @M Alessandra Filippi, oggi ci sarà anche la seconda parte del comizio itinerante #piùculturaèapertura iniziato ieri. Un viaggio in lungo e in largo attraverso la città, usando come mezzo di trasporto la rete delle Metropolitane Milanesi. Fermata per fermata, dalle 10 alle 15, ogni volta incontreremo persone, luoghi, storie dando vita a un grande collage di testimonianze urbane. Ieri abbiamo iniziato dalla M1 perché è uno dei più significativi simboli della cultura architettonica moderna del capoluogo lombardo. Firmato da Franco Albini, uno dei grandi padri del design milanese, ha ispirato quello di New York.
Oggi ci troverete lungo i binari della linea gialla e verde. Noi siamo fatti così, concepiamo la politica come ideale al quale tendere, non come uno spazio da difendere.