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Politica
Equo compenso, la riforma arriva alla Camera: i nodi caldi
Mario Draghi 
Lapresse

È approdato nell’Aula della Camera la discussione sulle linee generali della proposta di legge sulla riforma dell'equo compenso. Una legge molto attesa dal mondo delle professioni, che da tempo chiedono una normativa grado di tutelare i professionisti anche di fronte ad atteggiamenti non sempre corretti, soptrattutto da parte di alcuni soggetti, quali per esempio banche e compagnie assicurative.

Quattro anni fa l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando non rimase insensibile alle richieste dell’avvocatura e delle professioni in genere: la disciplina dell’equo compenso venne così introdotta nella scorsa legislatura per porre rimedio a situazioni di squilibrio nei rapporti contrattuali tra i professionisti e i cosiddetti “clienti forti”. Ma la normativa precedente manteneva ancora alcune storture,  perchè per esempio non si applicava ai rapporti con la pubblica amministrazione, e questo ha creato situazioni al limite del paradossale, con professionisti pagati con onorari simbolici per prestazioni anche importanti effettuate per conto di enti ed associazioni pubbliche.

La discussione del provvedimento, quindi, sarà incentrata sulla necessità di ampliare l’ambito applicativo delle disposizioni di tutela dell’equo compenso, indicando in particolare l’opportunità di estendere tale disciplina oggi vigente solo nella contrattazione massiva tra professionista e contraente forte, ossia banche e assicurazioni, anche a un qualsiasi accordo con un diverso cliente committente, eliminando qualsiasi riferimento alla natura o alla dimensione di quest’ultimo.

La proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia a prima firma Giorgia Meloni, è arrivata in parlamento dopo un lungo percorso iniziato nel 2019 ed ha battuto sul tempo analoghe proposte presentate da Lega e Forza Italia.

“Il ruolo dei professionisti è fondamentale per l’Italia e da tempo Fratelli d’Italia è al loro fianco per difendere un modello sociale, economico e culturale unico in Europa- ha detto la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni, presentando il provvedimento- La proposta di legge di FdI sull’equo compenso per le prestazioni professionali arrivata oggi nell’Aula della Camera è solo un tassello del grande lavoro che stiamo portando avanti da mesi in Parlamento e nelle Regioni per dare risposte ad un mondo che rappresenta un valore aggiunto per l’economia nazionale, sia in termini di Pil che di servizi erogati ai cittadini. Milioni lavoratori che in questa pandemia hanno pagato un prezzo altissimo, che sono stati dimenticati dal Governo e che è necessario tutelare. Con questa proposta vogliamo sancire due principi: la prestazione d’opera intellettuale va salvata dalla speculazione massiva e va remunerata in modo consono alla quantità e alla qualità del lavoro svolto.  La capogruppo di FdI in commissione Giustizia, Carolina Varchi, invece ha voluto ribadire come obiettivo della legge sia "assicurare che gli importi per i professionisti tengano conto dell'importanza della prestazione d'opera intellettuale, spesso mortificata nel rapporto con i cosiddetti committenti forti". Secondo la Relazione di accompagnamento dunque lo scopo della norma sarebbe appunto quello di garantire al professionista un giusto ed equo compenso nei rapporti contrattuali, dando concreta attuazione all'articolo 2233 del codice civile, che recita: «La misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione». "Il nostro obiettivo è quello di assicurare che gli importi per i professionisti non possano essere inferiori ai parametri e alle tariffe stabilite dai singoli ordini" ha affermato il capogruppo I Fdi alla Camera Francesco Lollobrigida. "È legittimo e doveroso che due milioni di persone che rappresentano questa categoria vengano pagate il giusto” ha aggiunto Lollobrigida.

Dopo essere stata normata a  livello regionale, infatti, e dopo molti rinvi alla camera, ora la proposta arriva finalmente in parlamento. E si tratta di una questione che da tempo è al vaglio delle commissioni lavoro e giustizia delle camere. Stiamo parlando  delle modifiche alla  riforma della legge entrata in vigore nel decreto fiscale del 2017 ( decreto legge 148/2017). Il decreto fiscale era intervenuto per modificare le conseguenze apportate dalle  cosiddette “lenzuolate” del ministro Bersani nel 2006 grazie alle quali per garantire la massima liberalizzazione del mercato, erano state tolte le minime tariffe per i professionisti.

Questa norma, che aveva una sua logica all’interno di un percorso di liberalizzazione del mercato, con il tempo però aveva prodotto storture e danni, sia per i professionisti che per i clienti, sia dal punto di vista della professionalità del servizio, e sia per la qualità dello stesso. La disciplina del 2017 aveva come obiettivo proprio quello di correggere queste inefficienze e problematiche che la legge Bersani- Visco aveva prodotto. Ma la legge non ha risolto tutti i problemi, primo fra tutti la insoegabile esclusione dalla nirma dei rapporti con la pubblica amministrazione. Probabilmente  Martedì comincerà la discussione in aula degli articoli per poi arrivare al voto finale, che sarà quasi sicuramente  dopo la pausa estiva, in base alla clanderizzazione dei lavori dell'aula..

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