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Politica
Governo: fra coronavirus, febbre economica, fibrillazioni politiche

L’epidemia di coronavirus lascia in secondo piano, anche sul piano mediatico, la febbre non meno pericolosa dello stato di crisi dell’economia italiana. Dopo la mazzata della certificazione sulla disoccupazione record a dicembre e dopo la sberla della scorsa settimana dei dati dell’Istat con la crescita economica dell’ultimo trimestre sotto zero (-0,3%) ecco la fiocinata dell’agenzia americana Fitch che conferma il rating dell’Italia a BBB, con outlook negativo.

Tale valutazione negativa (per il 2020 è previsto un inconsistente aumento del Pil dello 0,2%) spiega l’agenzia: “riflette il livello estremamente alto del debito pubblico, il bassissimo andamento della crescita del Pil e il persistente clima di incertezza politica”. Insomma, oltre a preoccupare un’Italia che in economia resta l’ultimo vagone traballante del treno europeo che comunque va, resta forte il dubbio che l’attuale governo giallorosso porti a termine la legislatura. "Sebbene la Lega non abbia raggiunto il successo nelle elezioni regionali in Emilia Romagna il 26 gennaio - fa notare l'agenzia di rating- continuiamo a pensare che ci sia un'alta probabilità che il governo Pd-M5S non arriverà al termine del mandato, che scade nella primavera 2023".

Solo dopo l'assemblea nazionale del Movimento 5 Stelle a marzo sarà possibile "valutare la stabilità della coalizione e la probabilità che M5s e Pd si accordino su una strategia fiscale ed economica di medio termine più coerente e prevedibile".Da qui la valutazione della Fitch che rispecchia la prudenza e l’incertezza con cui gli investitori internazionali valutano lo stato attuale dell’Italia sul piano economico e su quello politico.

Così rischia di svanire l’obiettivo del governo Conte 2 di far riacquisire all’Italia quella autorevolezza e quella fiducia a livello internazionale e in primis nella UE perdute con l’esecutivo gialloverde soprattutto per la sfida sovranista di Salvini. Di fronte ai rischi del coronavirus l’esecutivo ha decretato sei mesi di stato di emergenza nazionale ma resta impotente rispetto alla crisi economica e ai dossier incandescenti quali l’ex Ilva, le concessioni autostradali, Alitalia, per non parlare di riforme urgenti quanto potenzialmente deflagranti quali quella fiscale e previdenziale.

L’Italia resta vaso di coccio fra vasi di ferro nella guerra commerciale fra  USA e Ue non che sorvegliata speciale di Bruxelles e resta facile preda delle multinazionali interessate ad accaparrarsi le nostre migliori imprese nella logica della svendita. Non c’era prima con il governo gialloverde e non c’è oggi con il governo giallorosso uno straccio di politica economica e di politica industriale per arginare la debacle e tentare il rilancio. Il Paese ha bisogno di risposte forti con una fase 2 dell’esecutivo che però il Conte 2 non è in grado di avviare per le fibrillazioni fra i partiti e nei partiti della maggioranza. Con questi chiari di luna, fra incertezze e confusioni, tutto è possibile, anche che il governo scivoli su una buccia di banana e precipiti. La paura del ritorno al governo di Salvini e l’attaccamento alle poltrone parlamentari di tanti deputati e senatori che sanno di non essere rieletti alle urne fin qui hanno tenuto insieme la maggioranza, se pur con il cerotto. E Salvini? E già con un piede all’inizio del deserto. E non lo sa.   

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