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Politica
Il governo balla sugli Stati generali

Di Massimo Falcioni

 

Passato il picco del coronavirus torna alta la tensione nel governo, specie fra il Pd e Conte accusato di fare “tutto da solo”. Stavolta la diatriba è sui cosiddetti Stati generali, una “idea infelice” per il ministro dell’Economia Gualtieri. Ogni occasione è buona per i distinguo fra i partiti di maggioranza e per riattizzare beghe all’interno di ognuno, specie nel M5S, dove la guerra fra i pentastellatiè una bomba ad orologeria per la tenuta dell’esecutivo.

Che succede? Che il fuoco incrociato fra i partiti della stessa maggioranza aumenta e crescerà ancora di intensità con il rischio di colpire proprio Conte, quanto meno indebolendo e frenando l’azione del governo per far fronte agli effetti della pandemia con la contrazione dell’economia che il governatore della Banca d’Italia Visco indica superiore al 13%. Un disastro annunciato: aziende chiuse, disoccupazione di massa, povertà dilagante. Una miccia esplosiva, terreno fertile per il ribellismo esasperato, addirittura eversivo. L’imperativo dovrebbe essere uno solo: trovare una sintesi fra le forze politiche e sociali per far fronte all’emergenza e aprire nel Paese – non solo fra espertinei talk show televisivi – un confronto serrato sulle risorse per la ripartenza e sul nuovo modello di sviluppo economico e sociale imposto dal dopo coronavirus. Non sono questioni di lana caprina perché riguardano la vita di ognuno: il ruolo dello Stato, delle istituzioni, dei partiti, il ruolo e il modello dell’impresa, la regolamentazione della finanza, delle banche, della giustizia, della magistratura, la scuola ecc.

Va nella direzione di una nuova “visione” di lungo termine il governo con il suo “piano di rinascita per l’Italia”  e con il documento di indirizzo per la legge di Bilancio del prossimo autunno? Le opposizioni colgono il valore del “dialogo” offerto da Conte?  I diecimila emendamenti depositati in commissione alla Camera per il decreto legge Rilancio sono l’ennesima cartina del tornasole delle storture di questa politica, di questi partiti, di queste leadership, sono anche la dimostrazione che manca l’idea portante di quel che si vuole e si deve fare per sboccare l’Italia imboccando vie nuove. La diatriba fra Pd e Conte, così come le baruffe nella maggioranza, non riguardano la sostanza della linea politica ed economica del governo, semplicemente perché tale linea non c’è.

Così, la questione non è se Gualtieri e il Pd sapevano degli Stati generali convocati da Conte ma quali sono i contenuti politico-programmatici su cui poggia il progetto di svolta che rischia di essere il solito distributore assistenzialista a pioggia a favore dei soliti noti e solo briciole per gli altri con il Paese che resta nel cul de sac. Lo stato della fiera è dato dalla riproposizione della costruzione del Ponte di Messina, l’idea della DC nel 1955, poi ripresa dai governi Berlusconi e oggi “non esclusa” dallo stesso Conte e fatta subito sua dal bombardiereRenzi. Come dire, niente di nuovo sotto il sole. Fuffa mediatica ed elettoralistica. Peggio ancora se il tormentone dell’estate dovesse essere “Con Te”, cioè se Conte fa o no la sua lista basandosi su quel M5S spompato e a brandelli, oramai in esaurimento nella sua spinta propulsiva come forza di governo e di opposizione. Conte è stato ed è una risorsa per il Paese. Spetta a lui non cadere in tentazione facendo la fine di Icaro. 

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