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Politica
Italexit lo fa l’Europa. Prima o poi dovremo chiederci che ci restiamo a fare

Europa ostile. Ostile al popolo italiano, ostile alle sue scelte e persino ai programmi che ha votato. Europa irridente, che premia chi perde. Europa nemica, che rimette nel cassetto la procedura d’infrazione in cambio della promessa di non abbassare le tasse.

Solo Giuseppe Conte può raccontare la panzana di un ruolo importante dell’Italia in Europa dopo lo spettacolo delle nomine. Unico nostro connazionale ai vertici comunitari, David Sassoli. Deputato europeo, ma dell’ala sconfitta in Patria, presidente dell’assemblea di Strasburgo. Un’umiliazione cocente per milioni di italiani che avevano pensato di liberarsi del Pd. E alla povera Lega nemmeno una vicepresidenza d’aula…

Nazarenen

Veleno per Matteo Salvini, a cui non è servito il 34 per cento alle europee. Avrà il ministero per le politiche comunitarie lasciato dal professor Savona e il commissario europeo che spetta all’Italia. Ma la Flat tax, gli manda a dire Moscovici che comanda ancora, se la può scordare.

Buio pesto per Luigi Di Maio, che in Europa ha bisogno del tomtom per capire la strada da percorrere.

Male anche per lo stesso centrodestra italiano, tra maggioranza e opposizione. Forza Italia aveva conquistato la presidenza del Parlamento Europeo con Tajani in alternativa alla sinistra; ora ci si è rimessa d’accordo – con il Pd e il Pse – per votare e far eleggere un esponente del partito di Zingaretti. E’ Nazarenen. (Anche se dicono di aver depositato scheda bianca in segno di stima…).

Insomma, un disastro dal punto di vista politico. Sul versante dei conti, la frenata della sanzione Ue all’Italia è stata determinata dalla manovra correttiva di otto miliardi contenuta nell’assestamento di bilancio approvata dal Consiglio dei ministri per evitare altri guai.

A ottobre nuovo esame

Ma gli esami – come nella commedia – non finiscono mai ed entro il 15 ottobre dovremmo ripresentare sempre alla Commissione in carica una manovra rigorosa, senza agitare la riduzione delle tasse, perché non vogliono farcele abbassare.

Insomma, l’Italexit sembra diventata la strategia dell’Unione Europea. Tenerci dentro, ma a colpi di mortificazioni inaccettabili. E prima o poi dovranno essere i partiti italiani a decidere se poter accettare il ruolo di comprimario per quello che è pur sempre uno dei paesi fondatori dell’Europa. È come se ci dicessero di accomodarci in cucina, senza farci avvicinare al salotto. È l’Europa che sceglie gli italiani che più le sono graditi, quelli a cui non frega nulla del loro paese, che non lo rappresentano affatto.

Un’Europa che sceglie la minoranza del nostro Paese; un’Europa che ci impone rigore fiscale; un’Europa che non scioglie ancora il nodo migratorio; è ancora la nostra Patria comune?

E’ una domanda amara, ma profondamente attuale. Ci pensino, i protagonisti della politica, perché così non si può più andare avanti. È evidente la provocazione di chi, come il Pd, arriva ad imputare a Salvini e Meloni di non aver votato Sassoli. Scarso sovranismo, sarebbe il reato…. Ci prendono pure in giro e noi restiamo nella compagnia a sborsare denari dei nostri contribuenti.

Ai vertici dell’Unione politica e finanziaria ci sono i campioni del rigorismo altrui, due donne scelte da Merkel e Macron. Chi perde vince e chi vince perde. È il gioco delle tre carte e noi dobbiamo restare a far vincere i bari?

da www.secoloditalia.it

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