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Politica
M5s: “Dpcm necessario, ma dubbi sui luoghi di culto. Andavano chiusi”

Mentre l’ultimo Dpcm varato per fronteggiare la nuova impennata di contagi da Covid-19 continua a far discutere e ad esacerbare gli animi sia nella maggioranza di governo e sia nel cuore vivo del Paese, Gianluca Vacca, capogruppo del Movimento cinque stelle in commissione Cultura alla Camera e già sottosegretario ai Beni e alle Attività culturali nell’esecutivo Conte uno, invita a leggere le nuove misure con la lente della razionalità. Intervistato da Affaritaliani.it, infatti, il deputato pentastellato, pur ammettendo che “alcuni interventi potevano essere calibrati meglio”, sottolinea che non si poteva fare altrimenti: “Le misure contenute nel provvedimento, seppure dolorosissime, sono state ispirate a un solo principio: fermare il più possibile la mobilità e scoraggiare le occasioni di socialità per cercare di arrestare una sempre più pericolosa curva epidemiologica”. Certo, sul fronte dei trasporti in particolare ammette che “qualcosa non ha funzionato”. Quanto alla richiesta di spiegazioni in Aula avanzata alla titolare del Mit Paola De Micheli da alcuni senatori M5s emiliano romagnoli, è netto: “Nessuna ricerca di un capro espiatorio, ma ben venga un surplus di informazioni sul lavoro fatto e su ciò che non ha funzionato”.

Vacca, questo Dpcm proprio non suscita consensi. Misure troppo blande o fuori fuoco, secondo lei?
Il giudizio che sento di dare è semplice: si tratta di misure necessarie. Ed io ero tra quelli che ha esternato subito le sue perplessità. Già da quando hanno cominciato a circolare le prime bozze del provvedimento.

Su cosa era più perplesso?
Sulle misure inerenti i settori dello sport e della cultura. Anche alla luce dei dati che fino all’altro ieri descrivevano l’assenza di criticità particolari per teatri, cinema, piscine e palestre. Tutte attività in cui i protocolli, seppur rigidi, sono stati rispettati alla lettera.

Cosa allora le ha fatto cambiare idea?
Ho cercato di comprendere la ratio che ha ispirato il Dpcm e cioè l’obiettivo di limitare la mobilità, fare in modo che ci fossero minori occasioni per uscire e creare assembramenti. Questa è la bussola che ha spinto il governo a misure dolorosissime. Per quanto, bisogna ammetterlo, alcuni interventi potevano essere calibrati meglio.

L’impressione è che la scuola sia stata trattata un po’ da cenerentola. Con la spinta alla Dad fino al 75 per cento alle superiori, appare tra i settori più penalizzati da questo Dpcm. Sono stati vanificati i mesi estivi di lavoro a Viale Trastevere?
La scuola, in effetti, alla luce dei dati raccolti, sembra uno dei luoghi oggi più sicuri e questo è il frutto dell’immane lavoro fatto dal governo e, in particolare, da Lucia Azzolina. Un ministro che tutti nei mesi scorsi criticavano. Fatta questa premessa, però, bisogna dire che i protocolli stilati questa estate prevedevano già il ricorso alla didattica a distanza per le scuole superiori. Proprio perché più attrezzate e frequentate da studenti più grandi.

E, quindi, non è stata ingiustamente penalizzata? A quale conclusione possiamo arrivare?
La conclusione è che la scuola funziona, mentre altri settori no. Purtroppo, con molta probabilità, in altri campi si è lavorato meno e oggi paghiamo soprattutto l’inerzia di alcune Regioni che, sul fronte dei trasporti, per esempio, avrebbero dovuto sfruttare i mesi estivi per incrementare le corse degli autobus e per reperire più mezzi. Allo stato attuale, dunque, la misura sulla scuola si è resa necessaria. Ci auguriamo, però, che gli studenti non debbano pagare le conseguenze di altre mancanze.   

Eppure in quest’ultimo decreto del presidente del Consiglio non c’è traccia di interventi sui trasporti. Come mai?
Non è facile risolvere il problema trasporti. L’acquisto di nuovi mezzi è soggetto a normative e bandi. Anche il ricorso a mezzi privati o turistici non è una cosa che si può improvvisare. Anche perché molti di questi, per fare un esempio, non sono conformi all’utilizzo come scuolabus. Ecco perché era ancora più necessario lavorare questa estate, sedersi ai tavoli di coordinamento.

Diversi senatori emiliano romagnoli del Movimento, senza giri di parole, chiedono conto al ministro dei Trasporti De Micheli su quanto fatto fino a ora. Si unisce anche lei alla richiesta?
Indubbiamente, raccogliere quante più informazioni possibili è importante. Ma non nell’ottica di individuare un colpevole. Ci troviamo in una fase emergenziale che purtroppo durerà ancora. E proprio per questo dobbiamo lavorare tutti con l’obiettivo di risolvere i problemi. Serve unità d’intenti, non solo nella maggioranza, ma anche con le opposizioni. I cittadini ci chiedono di tutelare la salute con il minore impatto possibile sulla loro vita e sull’economia del Paese. Se le informazioni del ministro, quindi, servono a questo, ben venga. Lo spirito della resa dei conti non mi appartiene.  

E se al Mit ci fosse stato ancora Toninelli, si è chiesto cosa sarebbe accaduto?
È un dato di fatto che i ministri M5s abbiano sempre ricevuto da parte dei media un’attenzione morbosa che ha finito con l’accentuare, se non addirittura inventare, criticità che non c’erano. Basta guardare a cosa è successo al ministro Azzolina in questi ultimi mesi. Salvo poi, oggi, accorgersi che ha lavorato bene e che sta pagando per le inefficienze di altri comparti.

E’ agli atti, però, che degli ultimi 300 milioni stanziati per i trasporti ne siano stati spesi solo 120. Quota parte di responsabilità è addebitabile a Regioni e Comuni, ma al Mit, secondo lei, è mancata un’azione di monitoraggio capillare?
Non so ripartire esattamente le responsabilità. E’ innegabile, tuttavia, che sui trasporti qualcosa non abbia funzionato. E lo stesso discorso va fatto sul fronte sanitario. Anche le Asl faticano a sostenere le scuole come dovrebbero. Ecco perché, senza perdere tempo a recriminare, ora bisogna capire subito come intervenire in maniera tempestiva.

Non va meglio per il mondo della cultura. Nell’appello al premier Conte (che oggi ha risposto dalle colonne del Corriere della Sera), il maestro Muti definisce una decisione grave quella di chiudere teatri e sale concerto. Qual è la ratio secondo cui per il settore si è deciso lo stop, mentre cerimonie religiose e messe non sono state toccate?
E’ una delle questioni che mi lascia più perplesso. Anche perché chi lavora nello sport e nella cultura ha speso soldi per mettersi a norma e rispettare i protocolli. Senza contare, poi, il valore sociale che hanno tali settori. E’ un problema che dovremo porci. Io, personalmente, avrei chiuso anche i luoghi di culto. Ma non è detto che non accada. Nessuno si augura che la curva dei contagi diventi ancora più preoccupante, ma ovviamente in quel caso la scelta sarà obbligata.

Il ministro Franceschini si è blindato dietro un tranchant “Chi protesta non ha capito”. Lei, che è stato sottosegretario ai Beni e alle attività culturali nel governo precedente, condivide questo approccio?
Il ministro è stato molto schietto, ma al di là dei toni la priorità è continuare a parlare e dialogare con chi lavora nel mondo della cultura, come stiamo già facendo nelle audizioni in Commissione. Bisogna prestare attenzione in particolar modo alle realtà più piccole, che rischiano di chiudere i battenti per sempre. Ecco perché ritengo che se la situazione ha richiesto misure drastiche, adesso è necessario fare in modo che i ristori siano tempestivi, per evitare che un sistema intero fallisca.

Le misure messe in campo hanno spaccato la maggioranza di governo. Italia viva con Renzi è andata giù pesante. Al punto che il vicesegretario Pd Andrea Orlando ha evocato lo spauracchio della caduta del governo come accadde a Prodi nel 2008 dopo le proteste di alcuni ministri. E’ un timore reale, secondo lei?
Io credo che un governo tecnico e non politico sarebbe una grande sconfitta per tutti noi. E’ un pericolo da scongiurare. Solo da gennaio ad oggi, per esempio, sono stati stanziati 7 miliardi per la scuola, e nella prossima legge di Bilancio ci saranno altre risorse che annulleranno di fatto i tagli compiuti dalla Gelmini. Bisogna fare tutto il possibile per scongiurare qualsiasi forma di instabilità politica. Rimbocchiamoci le maniche tutti e isoliamo chiunque abbia in animo di cavalcare un momento così difficile per il Paese per il proprio tornaconto personale.

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