Politica
Pd, Letta ormai è già ex segretario. Il declino tra Emiliano e Decaro...
Verso le elezioni del 25 settembre
Pd, Letta è già con le valigie
“Il destino di Enrico Letta sembra davvero segnato ormai. Certo lui ha fatto alcuni errori, ma sembra che all’interno del partito, come al solito qualcuno non aspettasse altro che un suo sbaglio per poterglielo poi rinfacciare. E’ una storia trita e ritrita". Così si è espresso nei giorni scorsi off record un deputato del Pd, molto vicino a Letta. Una frase questa che spiega molto bene quello che deve essere, in questi giorni, il sentimento di un uomo, come Enrico Letta, che ha abbandonato, per puro spirito di corpo, un posto sicuro a Parigi, ben retribuito e pieno di soddisfazioni personali, alla Scuola di affari internazionali dell'Istituto di studi politici di Parigi, per rispondere alla chiamata dei suoi compagni di partito del pd, disperati dopo le polemiche dimissioni dell’allora segretario Nicola Zingaretti, che ha sbattuto le porte del partito ( ma senza lasciare la sua carica di presidente della regione, che invece ora lascerà per un seggio sicuro al Senato), dopo essere subentrato alla interlocutoria segreteria di Maurizio Martina.
Si tratta dell’ennesimo rosolamento a fuoco lento di un altro leader di un partito che da troppi anni ormai sembra non riuscire più né a trovare una linea politica chiara, né tantomeno un leader carismatico. A corroborare questa tesi e darle maggiormente forza in questi ultimi giorni, due episodi che sembrano due chiari indizi di come il destino di Letta alla guida del partito appaia ormai segnato, a meno di improbabili exploit elettorali. Una è stata la dichiarazione di Dario Franceschini a Repubblica (parla pochissimo il ministro dei Beni culturali, e quando lo fa è quasi sempre per dare stoccate più o meno surrettizie) che è sembrato smentire in parte le parole del segretario di questi giorni di campagna elettorale su alleanze presenti e future ed aprire invece ad un ipotetico riavvicinamento con i cinque stelle, e non solo.
“ alenda e i Cinque stelle li considero ex alleati che hanno deciso di rompere con noi facendo un danno al Paese, gli altri sono avversari. Non è la stessa cosa. Se fosse necessario formare un governo di coalizione vedremo, ma non è l’argomento di oggi” ha detto Franceschini, da tempo considerato come una sorta di segretario ombra del Pd. Questa frase arriva poche ore dopo quella di Conte che ha parlato apertamente di non voler fare alleanze con questa dirigenza del pd ( intendendo chiaramente l’attuale segretario, con il quale lo scontro sembra essere diventato ormai più acceso che con la stessa Meloni).
Il secondo fatto è stata la dichiarazione di uno dei grandi dirigenti del partito al sud, Michele Emiliano presidente della Puglia, che ha chiaramente ed espressamente dichiarato, al fatto quotidiano ( giornale da sempre vicinissimo a Conte, come diceva Agatha Christie sui tre indizi..?) che in alcuni collegi al sud era conveniente votare chi tra il candidato pd o quello cinque stelle avesse maggiori chance di vittoria. Se questa non è una sconfessione aperta, chiara e clamorosa della linea del segretario, che da giorni va in giro dicendo che ogni voto ai cinque stelle sarebbe stato equivalente ad uno dato alla Meloni, non si sa davvero come poterla definire. Molti analisti non sono convinti che questa tattica di «desistenza» possa cambiare sostanzialmente il risultato nei collegi uninominali, dove vince chi prende un voto di più e i suffragi di M5S e Pd non si sommano.
D’altra parte l’appello di Emiliano fa capire che i Cinque Stelle (in giunta con il Pd in Puglia e a Napoli) potrebbero in realtà più facilmente allargarsi togliendo voti a Letta, che a scapito di Forza Italia e Lega. Ma questa clamorosa affermazione di Emiliano, rappresenta plasticamente quello che molti all’interno del Pd pensano, in maniera sempre più netta e chiara, e che cioè la scelta di non allearsi con i cinque stelle sia stato un grave e grossolano errore commesso da Letta. Ed è per questo che finite le elezioni, proprio Conte e i cinque stelle, più che il risultato stesso delle elezioni, potrebbero essere il casus belli per far cadere il segretario, il cui destino appare ormai segnato.
Nel partito si stanno già avanzando alcune candidature più o meno attendibili su chi potrebbe sostituirlo, sperando che non sia l’ennesimo agnello sacrificale. Nelle ultime ore, dietro il favoritissimo Stefano Bonaccini (che molti danno ormai per quasi certo prossimo segretario, anche se la stessa cosa si diceva di lui quando il leader era Zingaretti), si sta facendo strada la candidatura di un uomo non a caso vicinissimo proprio a Michele Emiliano, il sindaco di Bari, Antonio Decaro.
Enrico Letta sta provando a salvare almeno la faccia, ma sa bene di aver ormai perso il polso del partito, sempre ammesso che lo abbia mai avuto in pugno. D’altra parte molti sostengono che nei piani della classe dirigente del partito, Letta doveva essere l’ennesimo uomo di transizione (ma quanto finirà questo benedetto travaglio alla guida del partito..?) in un momento di difficoltà, dopo il voto delle europee e delle successive amministrative. Un altro segretario a tempo, come Martina, Orfini e Cuperlo, prima di lui. Ma la cosa evidentemente che per un certo periodo ha sicuramente funzionato, facendo recuperare voti ad un pd ormai ai minimi termini, poi sembra essere sfuggita di mano, quando il segretario, contro il parere di Franceschini, Orlando e Provenzano ed altri big del partito, narrano fonti interne al partito, sia stato irremovibile nel rifiutare l’alleanza elettorale con i cinque stelle, cosa che però ad elezioni avvenute gli sarà addebitata con gli interessi.
D’altra parte Letta ha usato un atteggiamento da uomo di principio, quale indubbiamente è, ma non ha capito, che in un partito sempre lontano dalla gente e vicino all’establishment e al potere, con tutti gli annessi e connessi della cosa, dei principi e delle buone maniere importa ben poco. Chissà forse Bonaccini o Decaro ( ma si fanno anche i nomi del sindaco di Firenze Nardella o dell'ex ministro Enzo Amendola) sapranno essere più gagliardi e tenaci del povero Letta, ma anche del povero Zingaretti e prima del povero Martina e prima di Cuperlo e prima ancora di Bersani o Epifani. Non si è citato, non a caso, Matteo Renzi, perchè forse è stato proprio l’unico, negli ultimi dieci anni del partito, a non farsi rosolare ma essere lui, nel bene e nel male, a dare comunque le carte, all’interno di un partito, che da sempre ha mal digerito proprio questa sua autonomia. Ora il 25 settembre sarà l'ennesimo spartiacque per un partito che probabilmente brucerà l’ennesimo segretario, per la sua volontà di puntare a quello che ormai pare diventato l’unico vero scopo della sua esistenza, quello di governare sempre e comunque, a costo di far sputare sangue all’avversario, come ha affermato a Taranto il buon Emiliano, davanti proprio al suo segretario (chissà ancora per quanto) Enrico Letta, due giorni fa.