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Politica
M5s, Di Maio torna leader (di fatto). Le piazze incoronano il ministro

Le piazze M5s hanno già incoronato il nuovo capo politico. In vista degli Stati generali, che dovrebbero celebrarsi in autunno, gli elettori sembrano aver scelto Luigi Di Maio, sebbene l’ex leader Cinque stelle abbia più volte chiarito di non essere interessato a ricoprire di nuovo quel ruolo. E’ un dato di fatto, però, che il ministro degli Esteri, in questa campagna elettorale in giro per l’Italia per spiegare le ragioni del sì al taglio dei parlamentari, sia stato protagonista. Non solo, ma è l’unico nel Movimento, fino a questo momento, ad avere già comunicato le tappe finali del tour elettorale che chiuderà nella sua Campania. Così come è un dato di fatto che quello che un tempo era il suo gemello diverso, il descamisado Alessandro Di Battista, non si è speso in questa battaglia. Insomma, il tour di Dibba in moto per il “Costituzione coast to coast” dell’estate 2016 contro la riforma Renzi-Boschi o quello in camper in vista delle ultime elezioni politiche, ormai, sono ascrivibili alla storia. Nel presente, almeno guardando il pienone delle piazze, si staglia solo Di Maio. Proprio la calda accoglienza delle folle - a Galatina la settimana scorsa c’erano quasi 2000 mila persone mentre ad Andria circa 3mila - rivela che l’ex leader di Pomigliano D’Arco è riuscito nell’operazione di mixare il doppio ruolo di uomo delle istituzioni da un lato e di movimentista dall’altro. Un esito per nulla scontato con due anni di governo alle spalle. Un risultato che, tra l’altro, rovina un po’ i piani di Davide Casaleggio che sembra aver cucito addosso alla figura di Di Battista la sua linea a favore di un leader unico per il M5s, puntando molto sul consenso attorno all’ex parlamentare Cinque stelle. Un risultato che, se si votasse domani sulla piattaforma Rousseau, non sarebbe appunto più così scontato.  Dopo questa risposta di piazza a Di Maio, infatti, la base sembra aver già fatto la sua scelta di campo.

Non che tra le fila degli eletti il titolare della Farnesina risulti meno attrattivo. Anzi, complice la fase obbligata della reggenza, per molti deputati e senatori Di Maio è rimasto l’unico punto di riferimento. “Paradossalmente, da quando ha abbandonato la guida del M5s - riflette un parlamentare che preferisce rimanere anonimo - le truppe dimaiane anziché assottigliarsi sono cresciute. Di Maio è diventato molto più attrattivo. L’habitus di pontiere, che insiste perché il Movimento ritrovi serenità e riscopra la sua bussola, ma lo stesso atteggiamento responsabile nel sostenere il governo, gli hanno giovato. Sono tutti aspetti che, per esempio, anche i cosiddetti fichiani o i contiani stanno apprezzando”.  Dallo staff raccontano di un “ministro impegnato anima e corpo in questa battaglia referendaria che è anche una battaglia identitaria per il Movimento. Di Maio adesso è concentrato solo su questo ed è intorno a tale sfida che incita il M5s a fare squadra, a dimostrare compattezza”. Una cosa è certa: se il 21 a sera nelle urne prevarrà il sì al taglio dei parlamentari sarà una vittoria che l’ex capo politico potrà intestarsi. Solo lui, senza comprimari, avendoci messo la faccia dal primo momento. Cosa accadrà dopo? Di sicuro, con ancora più forza Di Maio potrà tornare a chiedere di accelerare la riflessione interna al Movimento. E, quindi, il fatidico appuntamento con gli Stati generali. A quel punto, la sua posizione a favore di una leadership forte e legittimata dal voto, chissà, potrebbe rivelarsi la mozione vincente e sarebbe un altro colpo messo a segno. Un colpo grosso perché così l’ex leader lascerebbe l’impronta sul M5s del domani.  

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