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Politica
M5s, Marcucci (Pd): "Di Maio non lascerà gli Esteri. Ma noi stiamo con Draghi"
Andrea Marcucci
Lapresse

Le amministrative in autunno, la tenuta del Governo Draghi con i primi fondi del Pnrr in arrivo e la sfida della messa a terra dei progetti. E poi ancora l’elezione del presidente della Repubblica. Appuntamenti cruciali sui quali si è abbattuto il terremoto M5s. Quali strascichi può comportare lo scontro tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte? Affaritaliani.it ne parla con Andrea Marcucci. Il senatore del Partito democratico ed esponente di spicco della corrente Base riformista, intervistato dal nostro giornale, dice subito di non aspettarsi “scossoni” nelle città al voto: “I nostri candidati sono solidi ovunque ed hanno programmi concreti”.  Sull’ipotesi di un accordo stabile con il Movimento però tira un sospiro di sollievo: “E meno male che queste alleanze strutturali sono uscite di scena”. In vista delle politiche, quindi, traccia una rotta: “Il Pd deve pensare a mettere ad un tavolo i suoi alleati naturali, come Azione e Italia viva. Poi penso ai socialisti, agli ecologisti, ai liberal-democratici. Infine, quando il quadro sarà più chiaro, riprendere il dialogo anche con il M5s”.

Senatore Marcucci, come finirà tra Conte e Grillo?
Non ho l’abitudine di fare previsioni, poi figuriamoci in casa d’altri. Il M5s nel suo complesso ha fatto una evoluzione in questa legislatura: erano partiti sovranisti, giustizialisti ed antieuropei, oggi non lo sono più.

Per il Pd meglio il primo o il secondo Giuseppe?
Le rispondo come sopra, non scelgo. Spero che vinca una linea molto affine alle politiche che sostiene il presidente Draghi.

Lei è tra quelli che hanno sin dall’inizio frenato sull’ipotesi di un’alleanza strutturale con il M5s. Il Pd ha sbagliato?
E meno male che le alleanze strutturali sono uscite di scena. Era semplicemente sbagliato chiudere accordi a Roma che dovevano riguardare altre città, io l’ho detto per tempo. Le intese si basano sui programmi e si fanno sui territori. Le alleanze, anche con i Cinque stelle, si fanno solo sulla base delle cose da fare insieme.

Le amministrative sono vicine, teme scossoni nelle città in cui c’è un accordo e in quelle in cui andate divisi al primo turno?
I nostri candidati sono solidi ovunque ed hanno programmi concreti, non credo che ci saranno scossoni. Le amministrative riguardano i singoli territori, i cittadini votano per il candidato che li convince di più, non pensano alle oscillazioni romane.

Soffermiamoci sulla Capitale. Le chiedo una previsione: se sarà scissione nel Movimento, Conte potrebbe decidere alla fine di sostenere il suo ex ministro all’Economia sin dal primo turno?
Mi pare che fu proprio Conte a benedire la candidatura di Virginia Raggi. Ma comunque, nel caso di Gualtieri, la sua candidatura a Roma è forte nei fatti, convincerà i romani.

Quanto è a rischio il governo Draghi con queste fibrillazioni nel partito di maggioranza relativa?
È una maggioranza larghissima quella che sostiene Draghi. Stando alle dichiarazioni ufficiali, non vedo rischi. Le deleghe che hanno i ministri Cinque stelle sono molto pesanti: non prevedo, ad esempio, che Luigi Di Maio possa lasciare gli Esteri.

Siamo nel campo delle ipotesi, ma se il M5s decidesse di passare all’opposizione, per il Pd sarebbe un problema rimanere in maggioranza con Lega e Forza Italia?
Ho detto più volte che l’agenda Draghi deve essere la nostra. Le riforme, il rilancio, il ruolo centrale esercitato in Europa, devono essere sostenute con tutte le nostre idee ed i nostri contributi. Chi tenterà di indebolire il Governo, farà male all’Italia in una stagione così delicata come quella post pandemia. Sarebbe un errore imperdonabile. Non succederà.

Se guardiamo alle prossime politiche, è ancora in campo l’ipotesi di un fronte comune Pd-Leu-M5s o il Pd dovrà allargare i suoi orizzonti?
Il Pd deve pensare a mettere ad un tavolo i suoi alleati naturali, come Azione e Italia viva. Poi penso ai socialisti, agli ecologisti, ai liberal-democratici. Infine, quando il quadro sarà più chiaro, riprendere il dialogo anche con il M5s. Tutto questo si potrà fare se il Partito democratico tornerà ad esercitare la sua naturale vocazione maggioritaria: siamo oggettivamente il partito più grande. L’importante è mettersi d’accordo su cosa fare. Come ho già detto prima, per me il punto sarà come continuare a portare avanti l’agenda Draghi, anche nella prossima legislatura.

Infine il Quirinale: con questi smottamenti le probabilità che il prossimo capo dello Stato lo scelgano le destre sono alte, non le pare?
Io vedo candidata una donna sopra le parti, perché al Quirinale deve andare una figura che, come Mattarella, abbia a cuore solo l’Italia.

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