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Politica
Governo, asse Meloni-Giorgetti sulla manovra. Lite nella Lega. Inside

Meloni delude Lega e Forza Italia


In alto mare. Oggi, alle 20.30, è convocato il Consiglio dei ministri per l'esame della Legge di Bilancio per il 2023. Ma il governo, appunto, è in alto mare. Il testo semplicemente non c'è. Non c'è ancora. Nessuno ce l'ha. Né i ministri, né i sottosegretari. Lo stanno scrivendo, riscrivendo, modificando e cambiando. Il nodo è molto semplice: le promesse elettorali erano tante e tante ma i soldi non ci sono e 32 miliardi di euro non bastano per far contenti tutti. D'altronde non si può esagerare con il deficit altrimenti l'Europa non prende nemmeno un migrante e soprattutto vara una riforma del Patto di Stabilità che massacra l'Italia e gli italiani.

E così la manovra diventa manovrina, con malcontenti, mal di pancia e liti continue. Giancarlo Giorgetti, ministro dell'Economia più draghiano che leghista, è stato chiarissimo: ogni provvedimento, ogni intervento deve avere copertura. D'accordo il sottosegretario Gianbattista Fazzolari, che vuol dire Giorgia Meloni. Peccato che Matteo Salvini e Silvio Berlusconi siano a dir poco delusi, affranti, arrabbiati. E, al di là delle dichiarazioni di facciata sull'unità di intenti, dietro le quinte monta la rabbia.

La riforma delle pensioni, Quota 103, non è Quota 41 perché vale solo se si hanno almeno 62 anni di età e riguarda solo circa 50mila persone. Non parliamo poi del taglio del cuneo fiscale, solamente 4-5 miliardi di euro e concentrato quasi tutto sui redditi fino a 20mila euro. Anche sulla flat tax per le Partite Iva la soglia è scesa dai 100mila della campagna elettorale agli 85mila di reddito all'anno. Niente aumento delle pensioni di invalidità e di quelle minime e ancora in forse l'azzeramento o taglio dell'Iva sui beni di prima necessità, misura sostenuta da Lega e Forza Italia.

Anche gli interventi contro il caro-bollette rischiano di essere deludenti, innalzamento dell'Isee fino a 14 massimo 15mila euro. Rottamazione delle cartelle esattoriali super-mini e riforma del reddito di cittadinanza ben diversa dal "cancelleremo il RdC" promesso prima del 25 settembre. Nel governo, ormai, si stanno formando due fronti contrapposti. Da un lato, quello vincente, è rappresentato dalla premier Meloni (e dai suoi fedelissimi come i ministri Guido Crosetto e Francesco Lollobrigida, oltre a Fazzolari) e dal ministro Giorgetti, difensori della responsabilità e del rigore, e dall'altro Salvini, i ministri di Forza Italia, Antonio Tajani in testa, che vorrebbero misure più "generose" a favore di famiglie e imprese.

Ma Palazzo Chigi e Mef sono irremovibili, tanto che fonti della maggioranza parlano di tensioni (qualcuno parla di una vera e propria lite) tra Salvini e il suo vicesegretario Giorgetti a causa delle scarse risorse in particolare sulle pensioni (ma non solo). La campagna elettorale e le sue promesse sono lontanissime e la realtà dei fatti con i conti pubblici da tenere in ordine senza far arrabbiare Bruxelles stanno mandando letteralmente in tilt governo e maggioranza. Alle 13 il testo della manovra non c'è ancora. "Si tratta", spiegano da FdI. Anzi, si litiga.

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