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Mediobanca in mano a Mps, la celata soddisfazione di Meloni e la felicità di Salvini. E anche FI e i Berlusconi si accodano
Il retroscena politico dietro l'operazione finanziaria. Inside

Le operazioni finanziarie, se guardate in controluce e con attenzione, hanno un retroscena politico. Velato ma non certo secondario
Se si chiede rigorosamente off the record a uno dei massimi esponenti di Fratelli d'Italia, partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, se la conquista di Mediobanca da parte del Monte dei Paschi di Siena sia una vittoria del governo, la risposta è distaccata, formale ma che dice già tutto: "E' un successo del mercato e degli azionisti che credono nello sviluppo del capitalismo italiano".
E ancora: "È un’operazione finanziaria, il partito non ha preso posizione, anche se meglio questa soluzione dell'altra che era sul campo" ovvero l'acquisto fallito di Mediobanca e di Alberto Nagel, verso le dimissioni, di Banca Generali.
Se la stessa domanda la si rivolge a un senatore leghista di lungo corso, la risposta è ancora più chiara: "Mps e Mediobanca insieme, una figata!". Ovviamente a microfono acceso nessuno si spinge a tali affermazioni, non solo perché si tratta di aziende quotate ma soprattutto perché la linea dell'esecutivo e soprattutto di Palazzo Chigi e del Ministero dell'Economia e delle Finanze è sempre stata, formalmente, quella di lasciar fare il mercato e gli azionisti. Fatto sta che Piazza Salimbeni si è presa Piazzetta Cuccia: Mps ha conquistato il controllo di diritto su Mediobanca, con un numero di adesioni pari al 62,29% del capitale, superando la soglia del 50%.
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Non è più solo primo azionista, è dominus: adesso non resta che attendere, con la riapertura del periodo di offerta previsto tra il 16 e il 22 settembre questa percentuale potrebbe salire ulteriormente e magari raggiungere quel 66,7%, numero da cerchiare in rosso perché permetterebbe di procedere alla fusione attraverso un'assemblea straordinaria. Ed eccolo il progetto verso l'aggregazione che farebbe nascere il terzo polo bancario, che controllerebbe anche le Assicurazioni Generali (colosso europeo).
Una sorta di 'sovranismo bancario e finanziario' che (celatamente) piace a FdI e al Carroccio e che cercherà di erodere clienti ai colossi in gran parte internazionali come Intesa Sanpaolo e UniCredit. Dalla maggioranza respingono con forza e nettezza le accuse di "interventismo" del governo - il pensiero corre al Golden Power per stoppare Andrea Orcel, UniCredit, su Banco Bpm - ricordando come "questo governo ha risanato Mps scendendo con il Tesoro all'11,7%, pur restando il primo azionista e certamente attore e non spettatore dell'operazione su Piazzetta Cuccia.
Il tutto dopo i "disastri abbastanza recenti della sinistra combinati proprio con la prima banca mondiale che sono costati miliardi di euro agli italiani". Resta sullo sfondo anche una seconda fase e cioè l'aggregazione anche con Banco Bpm, l'istituto "protetto" dal governo, e che è in questi giorni impegnato in una fusione alla pari con Credit Agricole Italia. Nessun timore per la presenza dei francesi perché, comunque, all'interno del big bancario tutto italiano la quota transalpina sarebbe ultra-diluita e del tutto ininfluente.
Ma questo eventuale passaggio sarà successivo e si vedrà nei prossimi mesi. Intanto avanti con Mps-Mediobanca come alternativa a Intesa Sanpaolo e UniCredit puntando soprattutto sul mondo infinito delle piccole e medie imprese, delle partite IVA e degli artigiani ma senza ovviamente chiudere a grandi investitori e aziende anche internazionali.
Ultimo dettaglio, che dettaglio non è affatto, è la decisione della Finprog, “cassaforte” della famiglia Doris molto vicina ai figli di Silvio Berlusconi e in particolare Marina e Pier Silvio, di liquidare la sua partecipazione dello 0,9% circa ancora detenuta nel capitale di Mediobanca, aderendo all’offerta pubblica di scambio lanciata dal Monte dei Paschi di Siena. Lo 0,9% può sembrare poco ma, come insegnava Enrico Cuccia, "le azioni si pesano, non si contano".
Segno che se inizialmente Forza Italia e la famiglia del Cavaliere avevano qualche dubbio sul cosiddetto "sovranismo bancario" ora, preso atto della situazione e anche per non mettersi contro Palazzo Chigi e Mef, indirettamente attraverso la famiglia Doris hanno fatto sapere a Meloni e al ministro Giancarlo Giorgetti di essere dalla loro parte. Anche le grandi operazioni finanziarie, se guardate in controluce e con attenzione, hanno un retroscena politico. Velato, celato, ma non certo secondario.
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