Palazzi & potere
Referendum, Maddalena:"Citando Rousseau il popolo non si corrompe, si inganna"

Il Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena attacca il referendum Renzi: "Il titolo è menzognero"
Con la riforma il 25 per cento degli Italiani può ottenere la maggioranza assoluta alla Camera dei deputati; diventa assolutamente facile per il governo far passare la modifica anche della parte prima della Costituzione, nella quale sono scritti i diritti fondamentali: il diritto al lavoro, il diritto alla salute, il diritto all’ambiente, il diritto all’istruzione e così via dicendo.
Era difficile trovare un titolo al referendum costituzionale, poiché si tratta, non di una revisione, ma di un vero e proprio cambiamento della forma di governo previsto dalla nostra Costituzione, cosa che sfugge alla previsione dell’art. 138 della Costituzione e richiede una “assemblea costituente”. Comunque resta il fatto che il titolo adottato è menzognero, sia perché nasconde i fini propri della revisione, sia perché non indica tutte le modifiche che vengono realmente apportate.
Questa difficoltà si traduce poi nella formulazione del quesito che fa riferimento solo ad alcuni aspetti particolari della riforma e non alla revisione vista nel suo complesso. E tali aspetti, a ben vedere sono quelli usati dalla propaganda governativa per il Si, e non colgono affatto l’essenza del cambiamento che si propone, essenza che può riassumersi in tre concetti fondamentali: a) accrescimento dei poteri dell’Esecutivo senza contrappesi costituzionali; b) svuotamento della formazione del Senato e sua sostituzione con un corpo di senatori formato da persone che non possono offrire, in quanto consiglieri regionali o sindaci, e in quanto “nominati”, sicure garanzie di indipendenza di giudizio (non ostante l’immunità per loro prevista); c) annientamento della garanzia costituzionale del procedimento di revisione previsto dall’art. 138 Cost., secondo il quale la revisione deve essere esaminata da due Camere di pari rango e deve essere approvata due volte da ogni Camera a una distanza non inferiore a tre mesi. Se si pensa che il Senato dovrebbe essere composto di 100 nominati, scelti, come detto, tra consiglieri regionali e sindaci, e se si pensa che con l’attuale legge elettorale, dovendosi necessariamente arrivare al ballottaggio a causa dell’attuale situazione politica, anche il 25 per cento degli Italiani può ottenere la maggioranza assoluta alla Camera dei deputati, diventa assolutamente facile per il governo far passare la modifica anche della parte prima della Costituzione, nella quale sono scritti i diritti fondamentali: il diritto al lavoro, il diritto alla salute, il diritto all’ambiente, il diritto all’istruzione e così via dicendo. Proprio quello che ha chiesto la J.P. Morgan con la famosa lettera del 2013.
Qui non si tratta di “superare il bicameralismo, di ridurre il numero dei parlamentari, di contenere i costi di funzionamento delle istituzioni, di sopprimere il CNEL e di modificare il Titolo V della Costituzione”. Si tratta, invece, di mutare la forma di governo parlamentare in forma di governo presidenziale senza porre contrappesi costituzionali e con tutta una serie consequenziale di variazioni.
Insomma il quesito appare come un atto che presenta una realtà diversa da quella vera, mentre l’ordinanza dell’Ufficio centrale del referendum appare come la certificazione dell’esistenza nel quesito stesso, di condizioni di validità inesistenti.
Diceva Rousseau che “il popolo non si corrompe, ma si inganna”. Attenzione, tutti possono sbagliare: anche il Governo e anche l’Ufficio centrale per il referendum, e la loro insospettabile buona fede non è in grado di evitare i danni che i loro errori provocano su tutto il Popolo Italiano.
Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale
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