Palazzi & potere
Pd, Franceschini alle grandi manovre: molla Renzi per Pisapia?

Per misurare la temperatura (metaforica) del Pd, bisogna osservare Dario Franceschini. Chi sente, cosa dice, cosa fa. Lui e i suoi uomini, che sono ancora un bel gruppo nel Pd. Non solo in Parlamento, ma anche nei consigli comunali, regionali. In questi giorni il termometro segna febbre alta, altissima. «Tra settembre e ottobre», dice un suo uomo a Libero, «molti dei nostri, ma perfino dei renziani insospettabili, sono pronti a lasciare il Pd per seguire Giuliano Pisapia». Un piccolo episodio, ma significativo, è accaduto ieri mattina, quando David Sassoli, fedelissimo del ministro della Cultura, si è incontrato in forma riservata a Roma con l' ex sindaco di Milano. Niente di strano, «in questi giorni, tutti si vedono e si sentono con tutti», dice la nostra fonte.
Dove "tutti" sono Franceschini, Graziano Delrio (sì, il ministro renziano), Pisapia, Romano Prodi.
Franceschini, per ora, non cede alle lusinghe, scrive Libero. È e resta nel Pd. Ma il disagio c' è. E cresce tra i suoi. Per questo, anche per non esserne travolto, cerca, realisticamente, di vedere se ci sono o meno spazi per far cambiare rotta a Renzi. Per evitare quello che uno dei suoi definisce «il patatràc». «Il problema», è il ragionamento che va facendo il ministro coi suoi, «non è il carattere di Renzi, nessuno si aspettava cambiasse. Ma il fatto che ha abbassato l' asticella». Anche prima sgomitava, trattava male tutti.
Ma almeno puntava a vincere.
E spesso vinceva. «Aveva l' ambizione di fare un partito del 35-40%». E ora? Spiega la nostra fonte: «Il fatto che non si preoccupi minimamente di cosa accade intorno, dei partiti che stanno nascendo a sinistra del Pd, fa pensare che si accontenti di prendere un 20%, di portare cento dei suoi in Parlamento, e basta il 15% per farlo, e stop».
Il che sarebbe un problema per almeno due ragioni. La prima, più prosaica, riguarda i seggi. Se ti acconti di un 20%, vuol dire che porti in Parlamento giusto i capolista e pochi altri. Scatteranno pochissimi seggi con le preferenze. Poi c' è un problema più politico. Dopo le elezioni, è il ragionamento di Franceschini, un Pd al 20-25% non sarebbe più il partito-guida del centrosinistra, ma uno dei tanti. «Si tornerebbe allo schema Ds e vari cespugli».