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Palazzi & potere
Premio Strega: "Si scrive per rischiarare il buio"

Carlo D’Amicis con il suo ultimo romanzo, Il gioco, (Mondadori), è tra i cinque finalisti del Premio Strega 2018. Nato a Taranto nel 1964, vive a Roma  ed è autore del programma di Rai Tre  ‘’Quante Storie’’ e del programma di  Radio 3 Rai  ‘’Fahrenheit’’. Da  uno dei suoi romanzi, La guerra dei cafoni, nel 2017 è stato tratto il film omonimo diretto da Davide Barletti e Lorenzo Conte. ‘’Il  Gioco’’ è un libro singolare, ‘’coraggioso’’, insolito per la finale dello Strega e anche per questo interessante, perché i suoi protagonisti: ‘’In una sfera particolare, come quella dell’eros, ci suggeriscono  che cosa fare della libertà, in che modo è  giusto usarla, poiché sono alla ricerca di una loro maniera di giocarla  e di non esserne giocati’’.

Come mai ha scelto di cimentarsi con il tema dell’erotismo nella sua declinazione più trasgressiva?

La letteratura ha il dovere di occuparsi di temi intimi, oscuri, non battuti. L’erotismo è un tema poco esplorato, perché giustamente è legato a un’intimità che però nel tempo,  e forse anche all’origine, si è sempre  staccata dal resto della persona, tanto da  aver creato dei linguaggi molto  stereotipati, convenzionali, che vanno  dalla pornografia alla dissolvenza nei  film in cui due persone che si amano si ritrovano a letto insieme. L’erotismo è una parte costitutiva della nostra persona, giustamente intima e privata, che racconta molto di come siamo, quindi assolutamente in comunicazione con il resto della nostra  esistenza. Come diceva Roberto Bolaño, si scrive per mettere la testa dentro il buio. Magari anche per rischiararlo un po’.

Il linguaggio che ha scelto è tratto da un lessico strettamente legato al mondo dell’eros, tanti i termini espliciti: club privé, bull, cuckold, sweet. Diversamente da molti suoi colleghi, preferisce affrontare l’erotismo con un linguaggio proprio di un certo tipo di sessualità, per quale motivo?

A fronte di un linguaggio convenzionale nel quale si è radicato il racconto dell’erotismo, ho invece notato  che questo tipo di gioco trasgressivo si presta moltissimo a rimettere in discussione  significati di parole che sono forse anche  un po’ logore, penso  per esempio alla parola ‘’libertà’’,  che in queste dinamiche assume  delle sfumature molto particolari, molto contraddittorie, entrando in dialettica, in tensione,  con il potere, la sopraffazione, in un modo piuttosto originale e molto interessante.  Lo stesso vale per la dialettica regola e trasgressione, per il binomio piacere e dolore.  Mi sembrava che la sfera dell’eros avesse la possibilità di spingerci a ripensare delle categorie.  Per fare questo, ho costruito un impianto narrativo e tre personaggi che non vivono il sesso come un mondo a parte, ma come uno strumento di conoscenza di sé e degli altri, come uno strumento di relazione vero e proprio, non il sesso come esperienza solipsistica come accade con la pornografia, ma un’esperienza connessa al resto dell’esistenza. Questo è il filo che ho seguito.

Che  relazione esiste tra il vissuto infantile e la sessualità che vivono i protagonisti? Inoltre, non c’è in loro la solita dicotomia tra vita pubblica e vita privata, come sovente avviene nei personaggi letterari ma anche negli individui reali, qui tutto è pubblico e privato assieme?

Relazione strettissima. Sono totalmente d’accordo con quanto dice a proposito della  relazione tra pubblico e privato all’interno del romanzo. Per quanto riguarda l’imprinting della prima infanzia e il relativo rapporto con i genitori, nel libro viene dato molto spazio a questo tipo di nesso. Tutti  e tre i personaggi  raccontano diffusamente il rapporto con i propri genitori. Non serve forse scomodare Freud per capire quanto in loro, e anche in noi, quella fase della vita e quella relazione strutturi la sfera del desiderio e la nostra personalità. Non si  poteva relazionare la sfera dell’eros e il resto della vita senza andare ad affondare, a ricercare, quelle radici in quel rapporto originario. In un romanzo di questo genere è naturale raccontare la prima infanzia e anche l’adolescenza, la scoperta del proprio corpo, di quello degli altri e del mondo, tutte quelle fasi che portano a stabilire un certo tipo di relazione con il proprio immaginario erotico. Nei miei tre personaggi  si tratta di una relazione  quasi ossessiva, però il meccanismo che porta a formare questo immaginario, la dinamica, riguarda ciascun individuo. Nessuno si può sottrarre alla linea di continuità tra il primo vissuto e la sfera erotica che ciascuno di  noi coltiva, più o meno intensamente e a modo suo.

Ci si emancipa da un vissuto doloroso e anche lacunoso per quanto riguarda l’affettività?

La vita di ciascuno di noi è un percorso di emancipazione  e di  costruzione del ‘’Sé’’, si direbbe in termini psicoanalitici, che in qualche modo ci rende degli individui liberi, o dovrebbe essere così, rispetto a tutte le forme di educazione e anche di condizionamento  che ci hanno  circondato nella prima fase della nostra vita e che continuano a circondarci. Trovare una nostra  individualità, una nostra originalità, è una forma di emancipazione, un percorso  che tutti siamo chiamati a fare anche per capire poi di questa libertà che ci conquistiamo che cosa vogliamo farne.

Nel suo romanzo come entrano in relazione la libertà e il potere?

In questi tempi  in cui c’è maggiore consapevolezza dei propri diritti, capire  come conquistare le proprie libertà e come difenderle  è solamene il primo movimento di una operazione  più complessa, nella quale la seconda mossa, cioè  che cosa fare della mia libertà, come è  giusto usarla per me rispetto agli altri, viene spesso trascurata. Questi personaggi, in una sfera particolare come quella dell’eros, ci suggeriscono  questa domanda, perché sono alla ricerca di una loro maniera di giocare la libertà  e di non esserne giocati.

Quanto  i protagonisti sono dominati o dominano il gioco e il desiderio?

È una continua dialettica tra i due movimenti: il giocare e l’essere  giocati, il dominare e l’essere dominati e il dominarsi. Il sesso,  soprattutto per il personaggio del bull, ma anche per quello del cuckold, è un’ossessione, un demone. L’orizzonte da cui si parte è quello di una  legge, quella del desiderio, alla quale questi tre protagonisti sono sottoposti e dalla quale rischiano di  essere schiacciati,  ciascuno a modo suo e talvolta anche in maniera folle, che rasenta il grottesco, il comico, forse anche lo sgradevole, il perverso, ognuno può leggerci le categorie che vuole. Però poi  il tentativo che compiono è di ribaltare questo rapporto, quantomeno di renderlo elastico, dialettico. Questo demone diventa una forma anche di libertà nella quale cercano di capire che cosa è più giusto per loro, in quale forma viverlo. La tensione dinamica tra i due poli del giocare  e dell’essere giocati non si risolve mai per nessuno dei tre. Ciò riguarda alla massima potenza  il personaggio femminile, la sweet, perché per lei c’è un ulteriore elemento, che è quello legato alla questione  di genere, perché tutto  il  gioco sociale ha un carattere maschile. Le regole dei giochi che  si fanno, usando la parola gioco in maniera estesa per indicare tutte le dinamiche sociali che ci sono nel nostro mondo, sono pensate dagli uomini e quindi le donne sono chiamate a un  ulteriore adattamento della relazione, che ciascuno di noi deve rendere il più possibile elastica, tra l’essere dominato dai propri istinti, le proprie pulsioni, i propri demoni, e il dominarle , il controllarle, il renderle anche un modo per relazionarsi con gli altri. Oltre a questo, per lei c’è quello di trovare una risposta alle richieste degli uomini.

I ruoli del gioco erotico: bull, sweet, cuckold, che funzione hanno all’interno della storia?

La maschera, il ruolo, nel gioco mi interessa per capire, ancora una volta, quello che c’è sotto. Per essere espliciti, scrivere un romanzo alla Cinquanta Sfumature di Grigio, tutto incentrato su che cosa  succeda a mettersi una maschera e a vivere un ruolo, chiudere il teatro  in questa dimensione, non mi interessava. Invece,  mi incuriosiva capire il perché ci si metta  quella maschera, in quel momento, che funzione assolva il ricorso al gioco in queste persone. Connettere tutto con l’umanità di questi individui, non incastrarli in un ruolo.

Ha fatto un lavoro di ricerca, di inchiesta, ha incontrato e frequentato persone legate all’eros trasgressivo?

La mia descrizione, talvolta, è anche molto tecnica. Questa dialettica, tra libertà e superamento delle regole per ricrearne di nuove, produce un nuovo sistema pieno di termini tecnici e, come tutti i giochi, ha dei codici. Ho cercato di indagare questo mondo,  in parte con internet , e poi  cercando di avvicinare le persone, ma non è facile perché, un po’ come in ogni  mondo a sé, la confidenza nasce e si sviluppa all’interno di quel recinto lì. Difficilmente le persone  si raccontano se non fai parte di quel meccanismo.

Rispetto al più tradizionale dei sentimenti, l’amore, c’è una forma d’amore che lega i  personaggi? A un certo punto il Pretegrosso dice a Leonardo, il bull:  ‘’Il sesso è un gioco. Ma l’amore è una cosa pericolosa, che può salvare o uccidere. E che a volte fa entrambe le cose…Devi fare molta attenzione’’. L’amore è  più pericoloso del sesso?

I tre personaggi si legano in un rapporto sentimentale, che può essere inteso in un senso anche amoroso. Per quanto riguarda la frase, inserita anche nella quarta di copertina, vuole essere un po’ uno sberleffo al modo in cui spesso gli adulti, i genitori, approcciano l’ingresso nella vita adulta dei propri figli, e quindi nella sessualità, dicendo di stare attenti a chi si incontra, pensando  sempre che il sesso sia la cosa più temibile per un ragazzo. In realtà, i veri drammi, le vere tragedie, in quella fase e nella vita adulta, spesso avvengono per amore. Lo dico con molta cautela, so bene che l’amore  di cui parlo è quello malinteso, pensiamo a quanti delitti e crimini  sono fatti in nome di un amore che non è amore, ma che viene invocato come tale, addirittura percepito come tale. L’amore fa molti più danni nella vita delle persone di quanti non ne faccia il sesso, una sessualità anche disordinata ma consapevole. Spesso però nel nostro approccio la preoccupazione è esattamente opposta. Soprattutto per le figlie femmine. I ragazzi di oggi hanno una disciplina, un’educazione, più sessuale che sentimentale. Quando il cuckold spinge Leonardo ed Eva a fidanzarsi, tentano di andare oltre gli schemi proposti da un concetto, un’icona che facciamo corrispondere alla parola amore e che, spesso, sono schemi molto rituali.

Schemi rituali dell’amore come la fedeltà e la monogamia?

Durante una presentazione del libro, una signora ha protestato contro un approccio poco ‘’normale’’ al sesso e alle relazioni tra le persone. Il  moderatore accanto a me le ha chiesto che cosa intendesse per normalità e la signora ha risposto  che può essere anche quella tra due persone che si sposano e poi per noia si tradiscono l’una con l’altro. Effettivamente, nel grande recinto dell’amore ci sono  tantissime situazioni di questo tipo. Uomini e donne  sposati che sentono di amare il proprio compagno e però lo tradiscono per dei bisogni non meglio precisati ma che avvertono comunque  legittimi e come ‘’normali’’. Non esprimo un giudizio morale nei confronti di questo modo di pensare, però i miei  personaggi respingono questo tipo di normalità attraverso una anormalità che può essere anche scandalosa, come quella del disordine sessuale, ma cercano di scardinare, a modo loro, questi schemi. Da questo punto di vista li trovo simpatici. Cercano una loro strada  a prescindere da ciò che è rituale, convenzionale, normale, cioè dentro un solco che qualcuno di noi ha segnato e nel quale ci andiamo a inserire.

Nel romanzo chi è il personaggio più consapevole delle proprie dinamiche?

Il bull. In un passaggio fondamentale del libro chiede all’intervistatore di costruirlo come storia. Dice che il disordine non lo costituisce come storia, la narrazione di lui stesso  non riesce a strutturarlo. Quindi se l’intervistatore lo racconta, lo aiuta a costruirlo come individuo, come identità, lo aiuta a conoscersi. Dunque, c’è una pulsione verso una costruzione del mondo e dei rapporti. In tutti i personaggi c’è un tentativo di non lasciarsi vivere e giocare dalla normalità.

Per quale motivo ha scelto di filtrare tutta la storia attraverso la tecnica dell’intervista e un immaginario ‘’intervistatore’’ di cui non rivela nulla?

Per creare un elemento di distanza. Un racconto così intimo e lontano dai temi condivisi e che hanno avuto già una loro legittimazione, richiedeva l’espediente dell’intervistatore che corrisponde  a un tentativo di creare uno spazio nel  racconto tra il lettore e questi personaggi.  Spazio che coincide con  una distanza da riempire con una voce che fa domande, che chiunque farebbe davanti a una persona che una sera a cena dicesse  che pratica la trasgressione erotica e si accompagna con le mogli dei cuckold ecc. Rappresentare la distanza e la curiosità mi è sembrata una scelta naturale anche per esprimere dei pregiudizi, sebbene  l’intervistatore sia defilato. Anche lui matura una sua relazione con questi personaggi, tanto che nel finale c’è un senso di malinconia per averli persi. Sono appunti che uno  scrittore vorrebbe prendere per scrivere un libro, poi  il libro si identifica con questi stessi appunti. Raccontare il disordine di vita all’interno di schemi narrativi tradizionali forse era impossibile, così alla fine è un romanzo di appunti.

 

 

 

 

 

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