Pd e Pdl in corsa per la Giunta delle Immunità
Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani

Dopo due rinvii la Giunta delle Immunità del Senato non si è ancora insediata (la convocazione è stata fissata per il 21 maggio), ma è già nell'occhio del ciclone. Nel caso in cui Silvio Berlusconi dovesse essere condannato in terzo grado per il processo Mediaset infatti, l'organo di Palazzo Madama sarà chiamato a decidere dell'incandidabilità del leader del Pdl. In caso positivo questo significherebbe la parola 'fine' sulla carriera politica del Cavaliere, ma non solo, significherebbe anche uno tsunami per il governo e per la politica italiana.
La possibilità di una condanna è probabile e nel Pdl si corre ai ripari. La prima vera battaglia sarà nella scelta del Presidente della Giunta. La poltrona deve essere affidata ad un partito dell'opposizione. In pista ci sono il leghista Dario Volpi, il vendoliano Dario Stefano e un candidato che dovrà proporre il Movimento 5 Stelle. Inutile dire che il Pdl sta facendo di tutto perché venga eletto il rappresentante del Carroccio, mentre nel Pd vorrebbero il senatore di Sel. La battaglia sarà dura, perché il Presidente ha il potere di schedulare i lavori della Giunta e nominare i relatori che dovranno trattare 'il caso'.

"Chiunque sarà Presidente dovrà essere un vigile applicatore delle norme", spiega ad Affaritaliani.it Stefania Pezzopane, già presidente ella Provincia dell'Aquila e ora senatrice membra della Giunta. "Dovremo essere tutti molto attenti alla lettura delle carte, senza pregiudizi, ma anche senza possibilità alcuna di derogare ad un chiaro diritto normativo".
Se nella scorsa legislatura il dibattito su Alfonso Papa aveva tenuto banco sui giornali per mesi, c'è da immaginare il putiferio che scatenerebbe una eventuale condanna di Berlusconi. "Abbiamo gli occhi puntati addosso. E' una giunta che si dovrà fare carico di situazioni complicate", spiega la Pezzopane. E se nel Pdl sono tutti schierati dietro al Cavaliere c'è anche chi, nel Pd, preferirebbe che Berlusconi non fosse condannato. Un verdetto negativo della Cassazione vorrebbe dire guerra aperta in Parlamento, con un governo quasi certamente dimissionario e con un clima politico e istituzionale avvelenato.