Politica
PNRR, il M5S critica il governo: "In tre anni speso solo un terzo, impossibile completare tutto in dieci mesi"
Parla Dell'Olio, vicepresidente della Commissione Bilancio della Camera

"Sappiamo che l’UE non concederà proroghe, perché sarebbe necessaria una unitarietà di voto che non ci sarà"
"Cominciamo col dire che la componente principale di questo governo, Fratelli d'Italia, il 27 aprile 2021 si è astenuta sulle risoluzioni per il PNRR, e prima, il 10 febbraio del 2021 in Europa (e fra i deputati UE c’era l’attuale Vicepresidente UE Fitto) si è astenuta sull’istituzione del PNRR". Inizia così l'intervista di Affaritaliani a Gianmauro Dell'Olio, vicepresidente del Movimento 5 Stelle della Commissione Bilancio della Camera che risponde alla domanda se sul PNRR il governo Meloni e i ministri Foti e prima Fitto, ora vicepresidente della Commissione Ue, abbiano sbagliato qualcosa nella messa a terra dei fondi.
"Quindi il governo Meloni a settembre 2022 si è trovato a dover gestire circa 220 miliardi di euro (fra PNRR e fondo complementare) di cui non era certamente entusiasta, pur rendendosi conto – ma mai affermandolo – che iniziare una legislatura avendo a disposizione tutti quei fondi per far ripartire il Paese era un “regalo” senza precedenti. E però allo stato attuale non siamo sul sentiero giusto: i fondi dovranno essere spesi entro il 30 giugno 2026, poco più di 300 giorni da oggi e, dati alla mano, il livello di spesa è – secondo gli uffici studi di Camera e Senato – di circa 79 miliardi di euro, e quindi ne dovranno essere spesi in un solo anno circa 140", spiega l'esponente pentastellato.
"E’ quindi un dato di fatto, e non una speculazione politica, affermare che se in circa 3 anni è stato speso poco più di un terzo dell’importo, spendere i restanti circa due terzi in dieci mesi sarà molto difficile se non impossibile, e sappiamo che l’UE non concederà proroghe, perché sarebbe necessaria una unitarietà di voto che non ci sarà. Tra l’altro lo spesso ministro Foti, intervenendo alla Camera il 21 maggio di quest’anno ha testualmente detto in fase conclusiva del suo discorso sul PNRR, che “il livello della spesa è un livello che deve trovare un’accelerazione”, senza però spiegare quali strumenti il governo avesse intenzione di mettere in campo per raggiungere questo obiettivo".
"La responsabilità di questa situazione di certo non è imputabile all’opposizione, ma al governo Meloni e, per forza di cose, a chi ha gestito finora il Piano, prima a livello Italia e ora a livello UE e a chi ha dovuto raccogliere il testimone a dicembre 2024: sono 18 mesi circa che questo governo gestisce il PNRR, mentre il governo precedente lo ha gestito per un anno circa", sottolinea ancora Dell'Olio.
"Il principale errore del governo Meloni, e senza fare differenza fra il ministro Fitto o il ministro Foti, entrambi dello stesso schieramento politico della Presidente del Consiglio, è stato quello di agire senza tener conto delle posizioni anche dei componenti delle minoranze, perché il PNRR è un piano che deve avvantaggiare tutta l’Italia, e non solo quella parte che ha votato l’attuale maggioranza (che, lo ricordiamo, è solo il 24% del totale aventi il diritto al voto in Italia). L’andare avanti con modifiche del piano nel 2024 adducendo come motivazione la necessità di adattarsi a ritardi ereditati dalla precedente gestione, e per riorganizzare il piano secondo esigenze di maggior realismo, mal si sposa con uno spostamento massiccio di completamento di obiettivi nell’ultimo anno, o con spostamenti interni di destinazione di fondi, che magari rispecchiano i desiderata del governo, ma che concentrandosi negli ultimi mesi (177 obiettivi su un totale di 641, circa il 30% del totale, devono essere conseguiti negli ultimi sei mesi) hanno necessità di un sistema di controllo che finora non è stato messo in atto e che presumibilmente porteranno al mancato completamento di progetti con conseguenze sicuramente non positive sul piano. E non si venga a dire che sono solo la chiusura di progetti che hanno una lunga durata, perché senza sapere lo stato di avanzamento puntuale degli stessi, il rischio di mancato completamento è elevato", spiega il vicepresidente della Commissione Bilancio della Camera.
"Inoltre l’aver cancellato il controllo concomitante della Corte dei Conti per i progetti del PNRR solo apparentemente porterà rapidità nel chiudere i progetti, perché questa misura di controllo è fondamentale per non incorrere in problemi successivi, potenziali e – direi – probabili, dati i vari accadimenti che avvengono nel nostro Paese e che spesso leggiamo sui giornali. Il sistema di registrazione dei dati (il cd REGIS), mai aggiornato con regolarità mensile, come doveva essere, e solo recentemente aggiornato, dopo oltre sei mesi di fermo, non permette di prendere decisioni tempestive su una quantità così elevata di progetti che dovrebbero essere tenuti invece sotto stretto controllo: piuttosto di incrementare continuamente in quasi ogni DL risorse per questo o quel ministero, in genere per gli uffici di supporto ai ministri, avrebbero dovuto concentrarsi sul migliorare il sistema di controllo, in osservanza della famosa frase di Einaudi 'conoscere per deliberare'", aggiunge il deputato M5S.
"Spesso il Governo cita il livello di incasso delle rate del PNRR, ma non è quello l’indicatore del buon andamento del piano. Quando il ministro Foti dichiara al Sole 24ore a giugno – positivamente - che il 48% dei progetti si è concluso, pone l’accento sul bicchiere mezzo pieno, ma il problema è che il restante 52% si deve concludere entro dieci mesi, e questo non viene neanche lasciato intendere. Non entro nel merito degli spostamenti interni degli importi dei progetti, tipo il definanziamento di opere idriche, rigenerazione urbana, riqualificazione di stazioni ferroviarie, adducendo come motivazione l'incapacità di completarli entro i termini previsti, e ricordo solo che tutte queste modifiche sono state effettuate senza coinvolgere l’arco parlamentare, mentre un piano di tale portata avrebbe dovuto essere – come già detto – un piano portato avanti dal parlamento (e non solo dal Governo) in maniera unitaria per il miglior successo dello stesso. In estrema sintesi, questo governo non può accampare scuse sull’andamento – al momento problematico - di un piano che ha gestito per la maggior parte, da solo e senza coinvolgere le minoranze, che in questo caso non possono essere considerate opposizioni, e dovrebbe per correttezza spiegare in maniera chiara come intenda chiuderlo al 30 Giugno 2026 senza definanziare le misure e soprattutto senza che ci possano essere contestazioni successive da parte degli organi deputati al controllo della spesa", conclude Dell'Olio.
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