Populisti, governisti e viottolisti: ora la sfida è convincere gli indecisi - Affaritaliani.it

Politica

Populisti, governisti e viottolisti: ora la sfida è convincere gli indecisi

di Angelo Lucarella

Dopo la composizione delle liste, ora la sfida è convincere gli elettori a votare: un esercito di menefreghisti che non esercita un diritto, ma anche un dovere

La storia che tra Calenda e Letta non potesse funzionare era risaputa. La storia, invece, che il loro accordo potesse essere funzionale poteva starci. Il punto di rottura non è stato il coinvolgimento di Di Maio o dei Contiani, Fratoiannini, Bonelliani, ecc. nelle stanze (o meglio nei seggi) del centrosinistra; la questione di fondo è che il viottolismo ha una sua strada che non può esser parallela al governismo stesso perché ne è contraltare. Se no diventa una sorta di complanare. 

Quindi un elettorato consapevole (di centrosinistra), posto che una strada più grande risulta più agevole della predetta complanare, avrebbe scelto di indirizzare il proprio voto su ciò che avrebbe dato più fermezza d’area. Ecco, proprio su quest’ultimo concetto emerge il punto di rottura. Un’area valoriale progressista come si può conciliare con un’altra di matrice liberale e riformista? L’unico motore di unione sarebbe stato, appunto, il fine: entrare in parlamento con il miglior dato possibile. 

Ma dovendo rinunciare a priori ai “compagni naturali”, il Partito Democratico, ha dovuto portare Calenda alla c.d. esasperazione da timore indotto (quello di vedersi marginalizzare tutto il percorso costruito da Azione negli ultimi anni). Cioè quella dimensione politica per cui prima “ti metto all’angolo con un accordo, poi ti metto una bella mano di vernice addosso (così il partito più piccolo non può girare più da altre parti), poi ti dico vieni a casa e prenditi tutti i collegi uninominali”; il tutto sottacendo, però, che i collegi uninominali sono, buona sostanza, sempre liste bloccate.