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Politica
Quirinale, Draghi? No, chi può farcela è Silvio. Incognita: franchi tiratori

Berlusconi ce la può fare, almeno sulla base dei numeri: il vero ostacolo non è convincere Renzi ma essere sicuri che in tutto il centrodestra non ci siano “franchi tiratori”

Il “dragone” si è autoproposto, ma è il “caimano” l’animale che vive più a lungo. La autocandidatura di Draghi ha del pazzesco: non solo si candida, ma assicura che al nuovo governo ci pensa lui, manca solo la lista dei nuovi ministri.  Insomma, viene in mente la celebre espressione del Marchese del Grillo …ma occhio al “caimano”.   

Il 4 gennaio il Presidente della Camera convocherà il Parlamento in seduta comune, che inizierà a riunirsi – come da prassi – tra i 15 e i 20 giorni successivi per consentire ai Consigli regionali di eleggere i delegati.  Le elezioni, a scrutinio segreto, inizieranno tra il 19 ed il 24 gennaio

Il plenum è costituito da 1.009 grandi elettori: 630 deputati, 315 senatori, 6 senatori a vita e 58 delegati regionali (tre per ogni regione, tranne la Valle d’Aosta che ne ha uno soltanto). Nelle prime tre votazioni occorre la maggioranza dei 2/3 dei componenti (673), mentre dal quarto scrutinio in avanti la maggioranza dei componenti, alias 505. 

L’unica certezza è quella che stavolta il centrosinistra, da solo, non eleggerà nessun Capo dello Stato. È la prima volta dopo quindici anni.  Pd, M5S, LeU, piùEuropa e loro delegati regionali, più tutti i senatori a vita, arrivano – senza franchi tiratori - a quota 410. Ne mancano 95.

Le carte questa volta, non era mai accaduto, le darà il centrodestra. Vediamo i numeri. I partiti della coalizione che nel 2018 ottenne la maggioranza relativa dei voti e dei seggi, compresi i delegati regionali di area (la coalizione governa in 15 Regioni su 20) e senza nessun senatore a vita, possono esprimere – senza defezioni – 439 voti. Ne mancano 66. 

In mezzo si posiziona Italia Viva coi suoi 42 parlamentari, che al pallottoliere non sono numericamente determinanti per nessuna delle due coalizioni. Tuttavia, pochi giorni fa Matteo Renzi ha detto che il centrodestra ha più seggi di quelli che avevano il Pd e i suoi alleati quando nel gennaio 2015 fu eletto Mattarella, e che dunque questa volta la partita del Quirinale si dovrà giocare necessariamente col centrodestra. 

Silvio Berlusconi. Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Coraggio Italia hanno già indicato il Cavaliere quale loro candidato ufficiale dalla quarta votazione in avanti, sicuri che si potrà trovare con Italia Viva un accordo sul nome dell’ex Presidente del Consiglio. Nel suo ultimo libro Renzi ha avuto parole di simpatia e stima nei confronti di Berlusconi; quindi, un eventuale accordo per mandare Silvio al Quirinale non è difficile da trovare. A questo punto, sommando i voti di tutto il centrodestra, di Italia Viva e dei delegati regionali di area si arriva a quota 481, in realtà 482 se aggiungiamo Vittorio Sgarbi che è iscritto a Montecitorio ad un gruppo diverso da Forza Italia. A Berlusconi mancherebbero quindi appena 23 voti.

Dove pescarli? Al Senato il gruppo misto conta 48 senatori, alla Camera ben 66. A Palazzo Madama ci sono anche 8 senatori del gruppo Autonomie mentre a Montecitorio ci sono ulteriori 24 deputati non iscritti a nessun gruppo e altri 25 deputati tra Azione, Centro democratico, Maie, Minoranze linguistiche e Usei-Rinascimento. Un bacino di ben 171 parlamentari. Piatto ricco mi ci ficco.

Se poi si considera il fatto, del tutto non trascurabile, che alcuni parlamentari del M5S hanno il terrore che alla fine ce la faccia Draghi, che in soldoni significherebbe caduta automatica dell’attuale governo e rischio di elezioni anticipate (un anno di stipendi in meno per parlamentari che non saranno mai più rieletti), la partita dello scrutinio segreto si fa ancora più interessante. Chi, in questa situazione, vorrebbe paragonare le sorti di Prodi nel 2013 a quelle eventuali di Berlusconi, sbaglia. Prodi fu impallinato dalla “carica del 101” quando non c’era alcun rischio di elezioni anticipate (si erano appena tenute le elezioni politiche), mentre stavolta la storia è decisamente diversa.  

Berlusconi, dunque, ce la può fare. Almeno sulla base dei numeri. Il vero ostacolo non è convincere Renzi o una trentina di parlamentari del gruppo misto a convergere sul nome dell’ex Presidente del Consiglio (come si è visto l’operazione è fattibile), bensì essere sicuri che in tutto il centrodestra non ci siano “franchi tiratori”. Siamo proprio sicuri che tutti i parlamentari di Forza Italia seguano l’uomo a cui devono la loro fortuna? Dopo l’esperienza con Alfano nel 2013, quando il figliol prodigo tradì il suo benefattore nel momento di maggiore difficoltà, fossimo nel Cavaliere ci guarderemmo non tanto dai nemici – quelli sono dichiarati – ma dagli amici. Se non dovesse farcela, a Berlusconi mancheranno circa una ventina di voti, quelli di alcuni parlamentari eletti proprio grazie a lui.

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