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Politica

Renzi e il ritorno del proporzionale

Giuseppe Vatinno

Renzi subisce il ritorno della minoranza. la Consulta indica le motivazioni

Le motivazioni della Consulta hanno spiegato i motivi della incostituzionalità dell’italicum voluto da Renzi: rendeva disomogenee le maggioranze tra i due rami del Parlamento.

C’è anche da dire che la Consulta colpisce un aspetto dell’Italicum fuori dal controllo di Renzi (ma per sua stessa volontà) perché appunto la riforma del Senato era materia del referendum poi perso e se fosse passata quell’ idea di Senato si sarebbe poi (presumibilmente) costruito un coerente sistema di voto.

Le due decisioni della Consulta che hanno rimodellato cronologicamente prima il (cosiddetto) porcellum e poi l’italicum hanno restituito per Camera e Senato due sistemi elettorali sostanzialmente proporzionali con premio di maggioranza praticamente irraggiungibile alla prima (occorre prendere il 40%) e niente premio al secondo.

Dunque, dopo molti anni di maggioritario ci ritroviamo un ritorno al proporzionale e se i partiti non riusciranno a mettersi d’accordo sarà con questo sistema che si andrà a votare, ma il proporzionale ci riporterà ad antiche riti che i più giovani magari neppure conoscono.

Ad esempio, il proporzionale implica che ci sia un accordo tra le varie componenti politiche prima nel caso della Camera dopo in quello del Senato (la differenza temporale è figlia del fatto che, come detto, in un ramo del Parlamento c’è premio di maggioranza e nell’altro no) e gli accordi provocano in genere grandi minestroni politici che a volte vanno dalla destra alla sinistra, pur di vincere. Emblematico in tal senso è stato il caso dell’Ulivo di Prodi che infatti al governo non durava mai a lungo a causa delle tensioni di base tra i vari partiti che in una edizione andavano da Mastella a Bertinotti che hanno, come noto, due visioni opposte della realtà.

Certo, il proporzionale garantisce la rappresentatività del voto popolare ma a scapito della governabilità; opposto discorso per il maggioritario: c’è stabilità ma scarsa rappresentatività.

Diciamo che occorre scegliere tra due valori spesso antitetici: la democrazia rappresentativa e la governabilità.

Inoltre, poi, oltre che rafforzare i piccoli partiti se non i gruppi più o meno costruiti all’uopo in Parlamento o fuori, il proporzionale dà una forte spinta alle componenti scissioniste in un singolo partito che così acquistano grande potere di “ricatto”. Si veda D’Alema che ora può uscire finalmente allo scoperto con il clima proporzionalistico vigente, sia pure ope legis, e quindi extrapoliticamente.

Il rischio ora è di andare al voto in una situazione di grande pasticcio.

Renzi è stato messo nell’angolo dagli eventi ma è una spina nel fianco sia del Pd che degli altri partiti; l’ex premier dal suo punto di vista che, singolarmente, coincide con i suoi “nemici” storici e cioè Salvini e Grillo, vuole votare il più presto possibile (più tempo passa e più la gente “si scorda” di lui) e probabilmente sta pensando (ma basta che giri la “voce”) anche alla contromossa clamorosa delle dimissioni anche dal ruolo del Pd per accelerare alla fine il voto.

In questo momento le sorti istituzionali dell’intero Paese sono legate a battaglie interne ad un partito, il Pd, che esso stesso sta vivendo forti lacerazioni tra le sue componenti; da una parte quella dell’ex uomo nuovo e cioè Renzi e dall’altra il “passato che torna” D’Alema e gli altri.

E Grillo, Raggi o non Raggi, incombe dall’esterno.

La situazione in cui si è (auto)cacciata l’Italia è molto confusa ed occorre fare le mosse giuste per uscire dal guado.