Renzi non è un "ladrone di libertà" ma, sinora, ha rottamato ben poco
Matteo Renzi non è un "ladrone di libertà", come ha titolato "Il Giornale", di proprietà del fratello di Silvio Berlusconi. Ma le accuse di tendenza all'accentramento di tutti i poteri nelle mani di un solo leader, che è insieme segretario del PD e Presidente del Consiglio, non possono essere liquidate con una risata, come ha fatto Debora Serracchiani la quale, come il premier-che non è stato eletto dal popolo- cumula due incarichi : Governatrice del Friuli e vicesegretaria del Pd.
Una forte concentrazione del potere nell'esecutivo è la norma nelle democrazie europee.
Ma, in Italia, manca, oggi, il contrappeso, cioè una forte, autorevole opposizione, in primis a causa della profonda crisi del centrodestra, il cui leader sta ancora scontando la condanna, per frode fiscale, ai servizi sociali. E ciò induce, spesso, l'esecutivo a rispondere alle critiche con arroganza.
Di recente, hanno fatto molto scalpore i trasferimenti nel PD di una ministra e di alcuni parlamentari, che erano stati nominati non da Renzi e Bersani, ma da Monti e Cordero di Montezemolo. Formalmente legittimi, tali salti della quaglia- il fenomeno fu severamente deplorato dall'allora Sindaco di Firenze, durante la campagna, che precedette la sua elezione al vertice del PD-mettono in crisi il rapporto di fiducia tra il parlamentare e i cittadini, fondamentale in una democrazia.
Non un secolo, ma qualche anno fa, venne coniato da Renzi e dai suoi seguaci il termine dispregiativo "scilipotismo" per bocciare Scilipoti, Razzi e altri ex esponenti del centrosinistra che, prima di votazioni cruciali per la maggioranza berlusconiana, aderirono al centrodestra.
Perché, dunque, oggi il premier e i renziani lodano gli ex montiani come "responsabili", usando lo stesso termine con cui Mimmo Scilipoti definì se stesso e il gruppo dei nuovi, disinteressati, ca va sans dire, sostenitori del governo Berlusconi?
Altro, stridente contrasto tra la promessa rottamazione del vecchio personale politico e la realtà : dei 135 parlamentari dell'attuale maggioranza, rimasti senza seggio, a una buona metà sono stati assegnati una poltrona e uno stipendione in enti pubblici, fondazioni, Authority, di cui era stato assicurato un drastico sfoltimento, per diminuire gli alti costi del pletorico sottogoverno.
E se, dal teatrino politico si passa a quello economico, anche lì, di rottamazione non si scorge neppure l'ombra. Da Bazoli a del Vecchio, passando per de Benedetti, sono gli "over 80" ad aver spazzato via la generazione di mezzo. E regnano incontrastati, come alla Bocconi, dove i tre professori ai vertici hanno l'età media di 81 anni, la stessa età del presidente della Cariplo, Guzzetti, mentre ha 74 anni Franco Bassanini, inamovibile numero uno della Cassa depositi e prestiti.
I cambi di casacca, la lottizzazione degli incarichi pubblici- potrebbe rispondere, non a torto, Matteo Renzi- ricordano i vecchi tempi-quando io ero un ragazzo, che militava tra i boy-scout di Firenze- della "balena bianca" scudocrociata, come Giampaolo Pansa battezzò il partitone di Moro e Fanfani.
Adesso, è vero, al Quirinale, c'è un ex ministro dc, figlio di uno dei maggiori leader della DC siciliana. Ma i tempi sono cambiati e gli elettori della destra e della sinistra non assisteranno più ai "penultimatum", alle verifiche, alle estenuanti manovre dei Follini e neppure al doroteismo dei vecchi maestri di Casini, corresponsabili della crescita vertiginosa del debito pubblico e della lottizzazione sfrenata degli enti, delle ASL, della RAI e delle banche.
Ce lo auguriamo. Così come auspichiamo che, una volta superata la sua crisi, nasca, nel centrodestra, una "forza tranquilla", un partito dei conservatori, con una chiara identità europea e una nuova e credibile leadership. Che, insomma, alle "gabine", di bossiana memoria, gli elettori non siano costretti a scegliere tra un partito moderato di sinistra, l'attuale PD renziano, e un partito "lepenista", come la Lega di Salvini.
Nel frattempo, Renzi non liquidi con fastidio le critiche costruttive. E, soprattutto, non sottovaluti il fatto che, anche nell'opinione pubblica e nei media, a lui tutt'altro che ostili, si comincia ad avvertire che agli annunci di rinnovamento e di cambiamento, nella selezione dei dirigenti e nei metodi della politica, non sono seguiti molti fatti.
E i carri affollati, forse, sono utili, nel breve periodo, per evitare le imboscate parlamentari sulle promesse, epocali riforme. Ma non contribuiranno, certo, ad aumentare la stima verso il "nuovo corso" politico di coloro, che non hanno affatto dimenticato questa dichiarazione, che l'allora primo cittadino di Firenze rilasciò il 22 febbraio 2011 : "Se uno smette di credere in un progetto politico, non deve essere, certo, costretto, con le catene, a stare in un partito. Ma, quando se ne va, deve fare il favore di lasciare il seggiolino !". Dei 173 parlamentari, che dal 2013 a oggi hanno traslocato, nessuno ha inviato a Pietro Grasso e a Laura Boldrini le dimissioni.
Pietro Mancini