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Politica
Unire i partiti della sinistra? È difficile persino riuscire a contarli tutti!
L'Ulivo di Prodi e la coalizione di Pisapia (nella foto) sono due esempi -rari- di centrosinistra che vince con una strategia unitaria

Quanti sono i partiti di (centro)sinistra in Italia? Per non perderne il conto, serve una mappa della galassia progressista

 

Dalle politiche del 1994, le prime col maggioritario, c'è un dato politico che è rimasto immutabile: al momento delle elezioni il centrodestra sa unirsi superando le differenze, mentre il centrosinistra è malato di settarismo. Il dato viene pienamente conformato in questa caldissima estate 2022: per quanto Giorgia Meloni abbia dovuto alzare la voce, alla fine la sua coalizione ha trovato una quadra, mentre nel campo avverso la situazione è molto più complicata. Con la sinistra, la prima difficoltà da superare non sta nel federarla, quanto addirittura... nel riuscire a censirla! Quante sono le forze che, in un modo o nell'altro, possono ambire al voto di chi si riconosce nel campo progressista? Mettevi comodi, perché la lista non è breve.

Cominciamo ovviamente dal Parlamento e, altrettanto ovviamente, dal Pd di Enrico Letta, che nonostante le sue vicissitudini è ancora l'unico in grado di contendere a Fratelli d'Italia il ruolo di primo partito in Italia. Alle prossime elezioni sarà affiancato dall'alleanza formata da Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni e da Europa Verde di Angelo Bonelli. Quest'ultimo partito fa parte dei Verdi Europei, ai quali ha aderito anche il sindaco di Milano Beppe Sala. Non bisogna confonderli con Green Italia, associazione che vede come elementi di spicco la deputata Rossella Muroni (eletta nel 2018 con Liberi e Uguali e poi passata al misto nella componente Facciamo Eco) e la vicepresidente dell'Emilia Romagna Elly Schlein, che molti vogliono in lista il prossimo 25 settembre. Se invece incappate nella sigla Verde è Popolare, avete sbagliato squadra: è il gruppo dell'ex Dc Gianfranco Rotondi, che si riconosce nel campo del centrodestra.

Hanno fatto pace con il Pd gli ex scissionisti di Articolo 1, guidati da Roberto Speranza, che saranno sicuramente in coalizione, mentre la componente di LeU pare orientata a prendere altre strade: Francesco Laforgia ora guida èViva e Stefano Fassina (che non si ricandida) è il leader di Patria e Costituzione. Il progetto di “campo largo” inizialmente disegnato da Letta non comprende più il Movimento Cinque Stelle, reo di aver sfiduciato Mario Draghi, ma che dichiara di rappresentare “un polo alternativo progressista” e quindi contribuisce ad allungare il menù delle proposte di centrosinistra. Accanto al Pd ci sarà invece Luigi Di Maio, che dopo essere uscito da quello che ormai chiama “il partito di Conte” ha dato vita ad Insieme per il Futuro (nome peraltro provvisorio), con gli ex ministri Lucia Azzolina e Vincenzo Spadafora.

È fuori dal perimetro dell'alleanza Italia Viva di Matteo Renzi, che non è rimasto in buonissimi rapporti con gli ex compagni nei Dem. Si potrà ragionevolmente obiettare che IV guarda più al centro, ma lo stesso si potrebbe dire per Azione, che tuttavia fa parte integrante della coalizione progressista. Da tempo il partito di Carlo Calenda (altro ex Pd) viaggia a braccetto con +Europa di Benedetto Della Vedova, che quindi rappresenta il centro del centrosinistra insieme al Centro Democratico di Bruno Tabacci. Nello stesso ambito gravita Italia dei Valori, che ha tuttora un suo rappresentante al Senato: il segretario Ignazio Messina. Vanta un senatore anche Centristi per l'Europa e non si tratta di un nome qualunque, bensì di Pierferdinando Casini, eletto col Pd e recentemente tornato grande protagonista sia nella vicenda del Quirinale che in quella terminata con la caduta del governo Draghi. C'è poi Noi di Centro di Clemente Mastella, che certamente non può essere tagliato fuori a priori, essendo stato - tra l'altro - parte dell'esperienza dell'Ulivo.

Sul fronte sinistro, starà fieramente fuori dalla coalizione il gruppo che si rifà al cartello “Manifesta”, ovvero Potere al Popolo (dei leader Giuliano Granato e Marta Collot), Rifondazione Comunista (Maurizio Acerbo) e Sinistra Europea (il cui riferimento italiano è Paolo Ferrero). Con l'aggiunta di DeMA (che sta per Democrazia e Autonomia, ma anche per il suo leader Luigi De Magistris) è nato il cartello “Unione Popolare”, che sta cercando di raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni. La stessa sfida è intrapresa da “Italia sovrana e popolare”, un rassemblement guidato dal Partito Comunista di Marco Rizzo, ma con dentro molto altro: Azione Civile di Antonio Ingroia, ma anche Ancora Italia, Riconquistare l’Italia, Rinascita Repubblicana, Comitati No Draghi, Italia Unita e tanti altri ingredienti eterogenei, fino all'ex leghista Francesca Donato, che nessuno avrebbe mai scommesso di ritrovare in siffatta compagnia.

D'altra parte, non aspettatevi percorsi lineari e conteggi facili. Il capitolo dedicato agli eredi del comunismo rende il quadro ancora più frastagliato perché, allargando lo sguardo ai partiti non rappresentati nemmeno a livello regionale, ne troviamo addirittura altri sei: il Partito Comunista di Marco Alboresi (che si fregia della storica sigla PCI), il Partito Comunista dei Lavoratori di Marco Ferrando, il Partito marxista-leninista italiano di Giovanni Scuderi, il Partito di Alternativa Comunista di Francesco Ricci, la Sinistra Anticapitalista di Franco Turigliatto e il Partito dei CARC di Pietro Vangeli, la cui sigla sta per “Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo”. Con i comunisti di Rizzo e i rifondaroli di Acerbo si arriva ad otto. Non male, 33 anni dopo la caduta del muro di Berlino.

È ancora rappresentato in Parlamento lo storico marchio del Partito Socialista Italiano, che oggi è guidato da Enzo Maraio e che non va confuso con il Nuovo PSI di Stefano Caldoro, che invece non ha onorevoli. A proposito di sigle bene impresse nella storia, esistono ancora sia il PSDI, oggi guidato dall'ex ministro Carlo Vizzini (che però è cosa diversa dai Socialdemocratici di Umberto Costi) che il Partito Umanista, con alla testa Giovanna Ubaldeschi. Chi invece ricorda il Partito Radicale per le battaglie sociali del compianto Marco Pannella e di Emma Bonino (quest'ultima oggi in +Europa) sappia che la sua eredità si è scissa in due direzioni diverse: i Radicali di Massimiliano Iervolino non sono (più) la stessa cosa del Partito Radicale guidato da Maurizio Turco. Marco Cappato, autorevole esponente di quest'area di pensiero, sta anch'egli raccogliendo le firme per provare a presentarsi alle prossime politiche con la sua Lista per la Democrazia. Lo stesso sta facendo il sindacalista Aboubakar Soumahoro, che sogna di arrivare in Parlamento con gli Invisibili in Movimento, di cui è fondatore. E chissà che prima o poi anche Maurizio Landini non ceda alle lusinghe di chi auspica un suo impegno diretto in politica...

È rappresentata solo a livello europeo la Democrazia Solidale (Demos), che però ha accettato l'invito ad entrare nel campo largo di Letta. Nelle istituzioni locali troviamo invece un campionario molto ampio con Possibile di Beatrice Brignone (il fondatore Pippo Civati ha lasciato la politica per fare l'editore di libri), Italia in Comune di Federico Pizzarotti (che dovrebbe unirsi al progetto di Di Maio e Sala), Volt Italia del duo Gianluca Guerra-Eliana Canavesio, Democrazia Atea di Carla Corselli, Generazioni Future di Ugo Mattei, il Nuovo Partito d'Azione di Pino Quartana e Nuovi Orizzonti per l'Italia di Elisabetta Trenta, che offre possibilità di rappresentanza anche al populismo di centrosinistra. 

In questo spettacolare mosaico, non bisogna trascurare alcune formazioni che compaiono solo in specifiche aree geografiche, ma sfoggiando nomi di prestigio e programmi significativi: ad esempio il Partito Progressista che sta nel consiglio regionale sardo, timonato dall'ex sindaco di Cagliari Massimo Zedda, il Partito del Sud di Natale Cuccurese, La Puglia in Più del senatore Dem Dario Stefàno, gli attivissimi Civici Europeisti della Lombardia ed Emilia-Romagna Coraggiosa, Ecologista, Progressista, che esprime un personaggio di caratura nazionale come la già citata Elly Schlein. Rimanendo nella regione, non possiamo dimenticare il movimento delle Sardine: ora che Mattia Santori è entrato nel consiglio comunale di Bologna con il Pd, il nome più rappresentativo è quello di Jasmine Cristallo.

In una lista “aperta alla società civile”, come quella annunciata dal centrosinistra potrebbe starci sia lei che lo storico dell'arte Tomaso Montanari. Ci perdonino le formazioni minori (absit iniuria verbis) o gli esclusi per sopraggiunta evaporazione: il problema è che, volendo fotografare questa realtà ancora più minuziosamente, dovremmo elencare anche le varie correnti interne ai partiti, che in alcuni casi sono ben più influenti delle sigle minoritarie. Ma in questo modo finiremmo col mandare in confusione anche l'elettore più determinato. Oltre a struggersi per quella che sembra l’imminente svolta a destra del Paese, forse qualcuno farebbe bene a farsi un esame di coscienza.

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