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Gentile e Kyenge respinte al CARA di San Severo: 'Emiliano spieghi!'

“Non ci hanno consentito di visitare la Struttura", denunciano le parlamentari Cécile Kyenge e Elena Gentile "Un centro di Accoglienza regionale finanziato con risorse pubbliche. Circa 130 ospiti in una palazzina alla periferia della Città di San Severo. Al netto di un solo operatore che non si è qualificato, non abbiamo notato la presenza di operatori dell'accoglienza".

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"Perché ci hanno negato l'ingresso? Perché non ci hanno consentito di parlare con gli ospiti? Chiederemo lumi al Presidente Michele Emiliano. Ci deve dire. I cittadini hanno bisogno di sapere”. E’ la reazione a caldo dell’Europarlamentare in quota al PD, Elena Gentile, a margine dell’ultima tappa del tour sull’immigrazione, chiusa a ‘porte sbarrate’ davanti ai cancelli della Cooperativa Arena in via San Marco Evangelista a San Severo.

 

Dalle prime dichiarazioni raccolte e riferite da un ospite della struttura, la visita degli onorevoli sarebbe risultata del tutto inaspettata, tanto da suscitare uno stato di generale agitazione. Visita coincisa con un’assemblea dei migranti del centro, terminata di lì a poco con il rientro degli ospiti negli alloggi dal cortile antistante una delle tre palazzine.

 

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Lì presente, anche personale volontario dell’Organizzazione sindacale Flai Cgil unitamente ai Segretari generali della Regione Puglia e della Provincia di Foggia, Antonio Gagliardi e Daniele Iacovelli, in occasione dell’ultima campagna sociale dal titolo ‘Ancora in Campo’, equipaggiata di un ufficio mobile utile per offrire supporto tecnico e materiale in giro per le aree suscettibili al fenomeno del caporalato.

 

Cappellini di paglia, magliette colorate, insieme a qualche buffa presentazione tra un turista olandese e le rappresentanti istituzionali, scorta inclusa, sono riusciti a smorzare comunque un clima di complessiva tensione. Dopo la visita conoscitiva, infatti, alla volta dei centri di accoglienza di "Casa di Abraham e Sara" a Torre Guiducci-Foggia, di Monteleone di Puglia presso lo S.p.r.a.r. "Piroscafo Duca d'Aosta", e della Comunità educativa “Nautilus-Mondonuovo di Lucera.

 

“Con la collega Cécile Kyenge Kashetu - spiega l’ex Assessore regionale al Welfare - abbiamo visitato le strutture di accoglienza realizzate negli anni in capitanata. Non solo accoglienza ma anche percorsi formativi e politiche attive per il lavoro che aprono il cuore alla speranza. Ma a San Severo, l'impressione che qualcosa non funzioni ha spento l'entusiasmo e la speranza. Non ci è stato consentito l'ingresso in una struttura pubblica di accoglienza. Doveva essere la risposta di ‘civiltà’ alla vergogna del Ghetto.

 

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Il ghetto si è ripopolato in fretta. Altri ‘piccoli ghetti’ sono sorti. Questa è stata la ‘non risposta’ del governo regionale”. Duro l’affondo anche del Consigliere comunale, Dino Marino, che definisce il fatto “di una gravità inaudita rispetto a un centro d’accoglienza apparso abbandonato a se stesso e con migranti non integrati”.

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Un episodio “difficile da commentare”, per Kyenge, già Ministro dell’Integrazione, oggi membro della Commissione Libertà civili, Giustizia e Affari interni presso il Parlamento europeo. Difficile commentare perché - osserva - dopo aver visto tante buone pratiche, credo che oggi sia necessario andare verso un altro tipo di approccio, un’altra logica. Come quella dell’accoglienza diffusa, e del fare un’accoglienza di qualità, collegata alla legalità. Qui non si tratta semplicemente di accogliere e integrare. Si tratta di lavorare anche e soprattutto sulla legalità. Molte di queste persone vivono nella invisibilità. E lo stato di invisibilità non fa altro che alimentare la micro-criminalità organizzata.

 

"Molti dei progetti che ho visto – puntualizza l’onorevole - sono progetti su cui si è investito con competenza e professionalità. Poi ci sono delle criticità, che sicuramente non sono risolvibili nell’immediato. Ma su queste bisogna lavorare soprattutto sul piano della burocrazia".

 

"Tra le criticità rilevate - evidenzia Kyenge - va rilevato il nodo sulla tempistica di permanenza delle persone all’interno dei centri, in certi casi troppo lunga o superiore ai due anni. Credo che questo debba avere una risposta. Penso che se una persona che rimane molto a lungo in un posto senza fare niente, perché la legge non lo permette, vuol dire si deve ancora lavorare molto per cercare di adattare il cambiamento sul territorio, lavorando sulla persona, investendo sulla persona - conclude - restituendo dignità alle persone attraverso l’accesso al mercato del lavoro”.

 

(inesmacchiarola1977@gmail.com)

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