"La mafia sociale", il libro del Procuratore di Lucera Domenico Seccia

“Omicidi ed estorsioni, 24 arresti nel Foggiano”. Tra i nomi coinvolti, molti sono noti a chi segue la cronaca nera: Federico Trisciuoglio, Raffaele Tolonese, Vito Lanza e Emiliano Francavilla. Al centro delle indagini della DDA di Bari i vertici delle “batterie”, i clan della mafia di Foggia denominata «Società». Una mafia che, dopo essersi riciclata anche attraverso l’eliminazione dei vecchi boss, è entrata prepotentemente nel mondo delle estorsioni a imprenditori foggiani, molti dei quali pagavano senza denunciare.
Sono gli stessi nomi e le stesse dinamiche di morte e mattanza raccontate dal Procuratore di Lucera Domenico Seccia nella novità editoriale La mafia sociale (edizioni la meridiana, collana passaggi, pp. 192). Questo libro attualissimo, come il precedente La mafia innominabile (edizioni la meridiana, 2011), nomina la mafia di quelle terre per quello che esattamente è: una mafia sociale perché è trasversale ai ceti che assoggetta, risponde alle esigenze sociali delle comunità e ha vinto l’indignazione sociale.
Con questo libro Seccia completa la geografia della mafia del Nord della Puglia. La mafia di Foggia conosciuta come ‘La Società’, la mafia di Peschici, di Rodi e quella di Lucera. I fatti, le sentenze, le indagini, le storie. Gli uomini e le donne, le famiglie. I destini segnati. Nomi e cognomi che la cronaca odierna ci restituisce in tutta la loro ferocia.
C’è un perché che si rincorre in tutto il testo: perché nessuno parla della mafia di Capitanata? «Perché – come scrive Seccia nel suo libro – qui non vi è stata alcuna rivoluzione dei lenzuoli. Qui si continua a dire che non vi è alcuna infiltrazione mafiosa. Tutti dicono ‘qui’ e non ‘da noi’, e forse anche questo vuol dire qualcosa. La mafia rende tutto cenere. Se soffi sulla cenere non c’è nulla in essa che opponga resistenza per non volarsene via. Rendere cenere ogni cosa è la sua forza. Dove vi è cenere non vi è più nulla. Non c’è Stato. Non c’è sviluppo. Tutto è così come è. Immutabile».
E, cosa più grave, il Tribunale di Lucera rientra tra i Tribunali subprovinciali soppressi dalla nuova Legge-delega.
Lo scorso giovedì 11 luglio 2013, durante la presentazione del libro in anteprima nazionale al Festival di Polignano, il giornalista Enzo Magistà ha chiesto cosa bisogna fare per evitare che un altro presidio dello Stato come il Tribunale di Lucera vada via, Guglielmo Minervini, direttore editoriale delle edizioni la meridiana e Assessore regionale alla legalità, ha offerto una importante lettura, che l’intera casa editrice fa propria e rilancia: «la mia chiave di lettura è che quella decisione sia stata presa prima che si avesse consapevolezza, grazie ai libri di Domenico Seccia, del fenomeno mafioso in Puglia, nel Gargano e in Capitanata. Non si conoscevano i fatti, la storia e le storie. Ora invece le sappiamo e possiamo sollevare le coscienze della comunità tutta: da nord a sud della Puglia».
Ecco il libro 'La mafia sociale' insieme a 'La mafia innominabile' serve a convincere anche lo Stato della necessità che non vada via da questi territori. Non abbiamo alibi né attenuanti. Dobbiamo avviare qui in Puglia la nostra rivoluzione dei lenzuoli.
(a cura de "La Meridiana" - Molfetta)
(Intervista a cura di Antonio V. Gelormini)