Salento, "Porta d'Oriente": i seminari
Intervista a Nabili Bey - Radiodervish

Nabil Salameh, in arte Nabil Bey, è cantautore e giornalista palestinese, fondatore del gruppo Radiodervish. Da sempre impegnato attivamente sui temi della pace e del dialogo tra i popoli del Mediterraneo, da alcuni anni la sua ricerca artistica si muove ben oltre la musica, attraversando cinema, letteratura, teatro e poesia.
Nabil, nella tua carriera hai fatto della musica un mezzo fondamentale per la diffusione della cultura, della tua in primis. Quanto, nella vita reale, questo mezzo di diffusione ha dato vita a riscontri efficaci in termini di integrazione?
Credo molto nella forza della cultura in generale e della musica in particolare. Attraverso quest’ultima ho avuto modo di fare le esperienze più belle ed emozionanti della mia vita, esperienze che mi hanno formato, sia come artista sia come persona. La musica ha questo potere magico di aprire spazi dentro e fuori di noi difficilmente accessibili attraverso altre forme di comunicazione. La musica è capace di disporci su un piano pre-razionale, scevro da pregiudizi ed opinioni preconcette. Io credo che la musica e la cultura siano mezzi di conoscenza mediante cui comprendere le dinamiche storico-culturali che hanno segnato i cambiamenti vissuti dal mondo arabo durante il ventesimo secolo e che spesso risultavano incomprensibili oppure trascurati da un occidente egocentrico, incline a politiche colonialiste e a considerazioni “orientaliste” nei confronti del mondo arabo. La cultura e l’arte sono narratori ideali nonché testimoni dell’evoluzione storica di una società. Ed è per questa convinzione che mi sono proposto l’affascinante esperimento di raccontare le trasformazioni che hanno mutato il mondo arabo, attraverso la cultura, l’arte e la musica che ne hanno accompagnato i mutamenti.
Perché hai scelto Lecce per i tuoi seminari?
Considero il Salento una mia seconda casa e questa terra, con le sue svariate realtà, mi ha sempre offerto preziose occasioni di incontro. Qui ho incontrato gente di una certa apertura mentale, persone che nutrono una sana curiosità per la cultura altrui. Persone che pensano che la cultura sia il mezzo più autentico per conoscere altri mondi ed altre realtà. Certe volte mi sembra di vedere i visi della mia terra d’origine guardando le facce di molti salentini. Questa terra di passaggio, di “incontro/scontro” che assiste da secoli agli intrecci di umanità varie provenienti da ogni angolo del mediterraneo, contiene dentro il proprio codice genetico i semi di tutte le culture che ci sono passate. Questi semi fanno parte di quella memoria ancestrale ed atavica che viene fuori nelle persone quando si trovano davanti alla cultura che ha costituito in passato un tassello importante della storia del territorio. Credo che i salentini siano attratti dalla cultura araba proprio in virtù di questa reminiscenza contenuta nella loro memoria collettiva. Così, mettendo insieme i pezzi preziosi delle mie esperienze, ho voluto dar vita ad un’occasione nuova mediante cui raccontare la mia cultura d’origine attraverso mezzi come l’arte, la musica e il cinema, che considero narratori ideali per introdurre ad una conoscenza profonda e autentica di una società.
Quanto l’esperienza della docenza, quindi il confronto diretto con gli studenti, offre occasioni che danno spazio a questo tuo modo di intendere la cultura?
L’incontro quotidiano con i miei studenti ha sicuramente un’energia speciale perché l’esperienza diretta trasmessa durante le lezioni si fa portatrice di emozione viva che traspare candidamente dal racconto verbale dei contenuti. Un buon libro è sicuramente un ottimo canale di conoscenza, ma l’emozione della narrazione diretta accende il sapere di luce umana. Narrare di persona la vita reale e le esperienze individuali con autentica onestà intellettuale, ha un impatto emozionale capace di coinvolgere gli studenti su un terreno neutro ed aperto dove accogliere le nozioni non solo come spunti di sapere, ma anche come occasioni di apertura e di riflessione profonda capace di trasformare radicalmente le prospettive e i punti di vista.