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Roma
Coronavirus, rivolta degli infermieri: “Conte, non lavoriamo senza protezioni”
(fonte Lapresse)

Emergenza Coronavirus, si arma la rivolta degli infermieri. Situazione organizzativa al collasso, turni infiniti, mancanza di protezioni e mistero sul numero reale degli infermieri positivi al Covid-19; il sindacato avvisa il premier Conte: “Venga in trincea con noi, non possiamo più lavorare in queste condizioni”.

 

Il sindacato Nursing Up denuncia con forza i problemi maggiormente rilevati: l’esposizione degli operatori al virus non seguita dalla somministrazione del tampone; la scarsità dei DPI e/o l’approvvigionamento di mascherine non idonee (il modello ‘Swiffer’ per intenderci, che nulla ha a che vedere con le filtranti ffp3 e ffp2 indicate dai protocolli anticontaminazione); dispositivi di protezione arrangiati con mezzi di fortuna, ad esempio con le buste della spazzatura; i turni infiniti del personale stremato e decimato dal contagio; il mancato reclutamento massivo di personale specializzato in grado di dar loro il cambio.

“Le ultime segnalazioni arrivano da Lazio e Campania dove sono state distribuite mascherine che non hanno i requisiti per essere impiegate in modo professionale. Mi chiedo cosa potrebbe accadere se anche al Centro-Sud si raggiungesse un livello di utilizzo delle strutture ospedaliere come quello della Lombardia. C’è anche chi segnala che, a fronte delle carenze denunciate dagli infermieri, vi sarebbero alcuni dirigenti dotati di mascherine regolamentari e idonee. Non possiamo crederci. Forse la vita di un infermiere vale meno di quella di un dirigente? Non siamo più disposti ad aspettare oltre. Per continuare a fare il nostro lavoro abbiamo il sacrosanto diritto di farlo in sicurezza”, spiega il presidente nazionale del sindacato e dottore in infermieristica, Antonio De Palma.

“Chiediamo agli organi di stampa - prosegue - di sostenere gli infermieri in questo momento di gravissima crisi per rendere note le condizioni di lavoro del personale sanitario e sensibilizzare chi di dovere a intervenire tempestivamente. È una corsa contro il tempo ormai e tutti hanno il dovere etico di collaborare, ma gli infermieri si sentono soli sul campo e combattono con armi spuntate se non hanno DPI e tamponi. Ribadisco ancora una volta che un infermiere non protetto diventa potenziale veicolo di contagio, sia per la propria famiglia che per i cittadini. Proteggere gli operatori sanitari significa proteggere se stessi”.

Sul fronte del rischio professionale da Coronavirus, Nursing Up sollecita la Protezione Civile a rendere noti i dati dettagliati sugli infermieri infettati e si domanda perché tardi a fornirli rilasciando invece il dato generalizzato di 1.674 operatori. Sul punto inoltre, il sindacato di categoria trova ingiustificabile l’atteggiamento da parte dell’Istituto Superiore di Sanità che ha dichiarato, per bocca del dott. Paolo D’Ancona, di riservarsi di approfondire se questi operatori sanitari si siano infettati sul lavoro o meno. Quale messaggio è passato ai nostri infermieri in trincea? Pretendiamo delle scuse formali immediate.

“Chiediamo inoltre che le aziende sanitarie - continua De Palma - predispongano servizi di assistenza psicologica per gli operatori sanitari traumatizzati dalla situazione di altissimo stress che stanno vivendo. Non si può affrontare l’emergenza a danno dell’integrità psico-fisica degli infermieri perché un infermiere fuori gioco in questo momento equivale ad una garanzia assistenziale in meno per la salute pubblica”.

Il Nursing Up contesta: la previsione contenuta nell’articolo 7 del D.L. 9 marzo 2020 n. 14, con la quale viene previsto che i dipendenti soggetti alla sorveglianza sanitaria debbano continuare a lavorare anche se potenzialmente infetti: tale previsione è pericolosa e va cancellata in sede di conversione; la fallace perseveranza di chi, con gli ultimi provvedimenti adottati, ha inteso prevedere incarichi a tempo determinato agli infermieri necessari per l’emergenza: non siamo professionisti usa e getta.

“Mi chiedo cosa farebbe qualsiasi cittadino - argomenta De Palma - se egli stesso fosse un infermiere e se gli venisse proposto di essere assunto a tempo determinato in un momento di emergenza come questo, quindi mettendo a repentaglio l’incolumità propria e quella della famiglia, nella consapevolezza che esiste una norma che consentirà all’azienda sanitaria di rimandarlo a casa al più tardi dopo due anni. Invece dei ringraziamenti pretendiamo rispetto e lealtà, tanto quanto ne stiamo dimostrando noi infermieri”. Per tutte le ragioni esposte, il Nursing Up chiede al Governo di attivarsi immediatamente per risolvere le gravi carenze denunciate. “Nel caso in cui la situazione non dovesse risolversi - avverte - saremo costretti a proteggerci con tutti i mezzi che l’ordinamento ci consente. Lo faremo nostro malgrado, per tutelare noi stessi, i nostri figli, le nostre famiglie e quella dei cittadini”.

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