Pec del Fisco: le imprese verificano le richieste - Affaritaliani.it

Fisco e Dintorni

Pec del Fisco: le imprese verificano le richieste

Dopo la famosa ordinanza del Tribunale di Lecce che ha sospeso un pignoramento esattoriale da quasi un milione di euro perché le cartelle di pagamento erano state inviate da pec “sconosciute”, Movimento Consumatori e Partite Iva Nazionali  segnalano ai contribuenti gli errori più frequenti del Fisco.

Con il passare della sosta estiva e ripartita inevitabilmente la notifica degli atti esattoriali.

Molti contribuenti saranno costretti a pagare o quanto meno a rateizzare le richieste del Fisco per evitare pignoramenti o ipoteche (oppure per ottenere il rilascio del Durc nel caso delle imprese) e per questo motivo è importante capire bene quando le pretese sono illegittime.

Al fine di evitare di pagare somme non dovute abbiamo chiesto chiarimenti al Presidente di Partite Iva Nazionali, il Dott. Antonio Sorrento. Oltre alla presente intervista abbiamo realizzato anche un breve video/tutorial con la collaborazione dell’Avvocato tributarista Matteo Sances per spiegare come verificare gli atti del Fisco   (guarda il VIDEO).

 

 

Presidente Sorrento, come possiamo verificare le somme richieste dal Fisco e dall’INPS ?

Innanzitutto, faccio presente che è importante verificare le pec che arrivano dal Fisco e da Agenzia delle Entrate Riscossione poiché già da qualche mese – grazie ai professionisti che fanno parte del nostro Comitato Scientifico – abbiamo segnalato che molte erano illegittime poiché inviate da indirizzi non presenti in pubblici registri. In questo caso ci sono già una serie di sentenze che che annullano tali pretese poiché illegittime (si veda la recente ordinanza del Tribunale di Lecce del 19.07.2022 su www.partiteivanazionali.it sez. Documenti)

Ma non finisce qui, è importante ricordare a tutti i contribuenti di:

1)      controllare costantemente la posta elettronica certificata perché eventuali contestazioni devono essere fatte in maniera tempestiva (ad esempio entro 20, 40 o 60 giorni a seconda dei vizi e della tipologia delle pretese);

2)      verificare bene ciò che viene richiesto dal Fisco o da Inps. Nei mesi scorsi avevamo già avuto modo di evidenziare alcuni casi di richieste illegittime da parte del Fisco e dell’Inps (si segnala ad esempio l’articolo su Affaritaliani del 9.09.2020 dal titolo: Contributi INPS illegittimi, PIN informa le imprese ).

Anche in quel caso si è parlato di due questioni relative ai contributi Inps, ossia:

a.   La prescrizione dei contributi Inps è di 5 anni:

il termine di prescrizione è quinquennale anche dopo la notifica di atti esattoriali. Inoltre, i giudici hanno chiarito che i contributi una volta prescritti non possono essere riscossi dall’Inps e se sono stati pagati DEVONO ESSERE RIMBORSATI AL CONTRIBUENTE (sentenza della Corte d’appello di Milano n.1731/2018);

b.  Gli interessi di mora sui contributi Inps sono illegittimi:

sulle pretese richieste a titolo di contributi il più delle volte non posso essere applicati gli interessi. Il D.lgs. n.46/1999 prevede infatti che non possono essere applicati interessi di mora “…sui contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali, le sanzioni e le somme aggiuntive…”. Ciò è confermato anche dall’INPS nelle proprie circolari. Molto spesso, invece, negli atti esattoriali troviamo sia la richiesta di somme aggiuntive che quella degli interessi di mora (guarda il VIDEO sopra);

 

c. La prescrizione dei tributi erariali è di 5 anni:

In verità la questione non è ancora del tutto definita anche se la Suprema Corte ha recentemente sancito la prescrizione in 5 anni delle pretese a titolo di IRPEF, IRES, IVA (si veda sentenza Cassazione n.30362/2018, guarda il VIDEO sopra);

 

d. Gli interessi di mora sulle sanzioni fiscali sono illegittimi:

l’art. 2 comma 3 del Dlgs n.472/97 prevede espressamente che  “la somma irrogata a titolo di sanzione non produce interessi…” (sentenza n.2226/19 della CTP Lecce, guarda il VIDEO sopra).

 

Queste sono alcune delle cose che il contribuente può verificare all’interno degli atti esattoriali ricevuti (come ad esempio le intimazioni di pagamento, ipoteche, pignoramenti, ecc….)