Pillole d'Europa

di Cinzia Boschiero

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Pillole d'Europa
Rimozione dei Pfas da acque reflue e rifiuti

da sinistra a destra alcuni degli esperti presenti al convegno nazionale sui PFAS a Milano: dott.ssa Isabella Stilo, dott. Nicola Dell’Acqua, Commissario delegato PFAS, dott.ssa Olga Chitotti, dott. Michele Presbitero

Pillole d'Europa di Cinzia Boschiero

RIMOZIONE DEI PFAS DA ACQUE REFLUE E RIFIUTI : PASSI AVANTI NELLA RICERCA E NUOVE SOLUZIONI TECNOLOGICHE

In Europa il regolamento REACH è attivo ma non basta. L'EFSA ha incontrato esperti dell’ECHA e degli Stati membri che hanno esaminato la sicurezza e discusso delle principali differenze dei PFAS rispetto a precedenti valutazioni dei PFOS/PFOA. La produzione, l'immissione sul mercato e l'uso dei PFOS sono disciplinati dalla legislazione UE sugli inquinanti organici persistenti (Regolamento (CE) 850/2004). Il 4 luglio 2020 entreranno in vigore restrizioni alla fabbricazione e all'immissione sul mercato dei PFOA, dopo le valutazioni scientifiche effettuate dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA). Per la rimozione dei PFAS da acque reflue e rifiuti manca una normativa comune, integrata a livello internazionale, serve un monitoraggio costante ed uniforme ed è fondamentale una sinergia italiana, europea ed internazionale tra aziende, centri di ricerca, università ed autorità pubbliche. Fronteggiare le sfide ambientali poste dalle sostanze inquinanti quali i PFAS è dunque una sfida aperta. E’ quanto emerso a Milano, presso la Federazione nazionale delle Associazioni Scientifiche e Tecniche, in un convegno con esperti internazionali che ha approfondito le normative italiane, europee, internazionali, presentato i risultati dei progetti di ricerca più avanzati e spiegato quali sono le innovazioni tecnologiche e di processo più efficaci nel settore della rimozione dei PFAS. I relatori hanno evidenziato inoltre quanto sia necessario informare in modo corretto i cittadini. E’ stata presentata, in particolare, l’innovazione tecnologica PFAS Remover, applicata negli impianti di depurazione, in quanto è una tecnologia a carboni che consente di trattare grandi volumi con bassi consumi energetici e soprattutto garantisce la conclusione dello smaltimento direttamente in impianto senza produrre un ulteriore rifiuto, come accade in discarica, che produce un rifiuto che necessita di essere incenerito altrove. Infatti la criticità del trattamento di abbattimento dei PFAS applicata nelle discariche è che ha costi più elevati che, tra l’altro, gioco-forza, vengono ribaltati sui cittadini. La soluzione PFAS Remover, oggetto di diversi studi presso il Politecnico di Milano, tramite absorbimento su carboni attivi è già stata testata sui percolati ed applicata su reflui derivanti ad esempio dalla raccolta differenziata del vetro con buoni risultati. “Le BAT europee sugli impianti di trattamento dei rifiuti (agosto 2018) prevedono soltanto il monitoraggio di PFOA e PFOS, che sono PFAS a catena lunga, di cui è comprovata la tossicità, senza prevederne però i limiti”, dice la dott.ssa Isabella Stilo, amm.delegato Erica srl, progetto PFAS Remover,” mentre, ad oggi non risultano studi che accertino i danni alla salute dei PFAS a catena corta, anche se è certa la minore persistenza di tali composti nell’ambiente e nel corpo umano”. Molti i progetti di ricerca in atto tra cui il progetto Life Phoenix in cui sono coinvolti IRSA-Cnr e Regione Veneto, ma serve una legislazione globale, lo ha ribadito il dott. Stefano Polesello, ricercatore che ha contribuito alle Linee Guida nazionali e che collabora a livello europeo sulla tematica. I PFAS sono composti perfluorurati (PFAS acronimo Per and Poly-Fluorinated Alkyl Substances) sui quali vi sono carenze normative sui limiti da applicare negli impianti di trattamento dei rifiuti e che sono diventati una emergenza visto che sono molto presenti sia quantitativamente che qualitativamente differenziati nell’ambiente. Si tratta di sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche. Il tema è molto di attualità ed oltre duecento tra ingegneri, chimici, periti industriali, biologi, tecnici di impiantistica, fisici, geologi, imprenditori, ricercatori e docenti universitari si sono confrontati a Milano. I PFAS si trovano in moltissimi prodotti di uso comune ed in vari settori dall’igiene personale, igiene domestica, tessile, conciario, automobilistico, aeronautico etc. in quanto vengono utilizzati per tutti i prodotti con impermeabilità quali mascara waterproof, carte da forno, trattamenti idrorepellenti, resistenza alle macchie, per fare qualche esempio. Questi prodotti arrivano nelle discariche che isolano, trattengono gli inquinanti e producono il percolato che poi deve essere portato in impianti appositi di smaltimento. Le discariche, anche se chiuse, produrranno percolato per i prossimi decenni e quindi anche i PFAS, anche se venissero tolti dalle produzioni, rimarrebbero in circolazione per molti anni. Proprio per questo ci sono ad oggi due modalità di abbattimento dei PFAS nei percolati di discarica: la concentrazione e conseguente incenerimento delle molecole dei questi composti tossici oppure l’applicazione di tecnologie innovative aggiuntive direttamente negli impianti di depurazione. Centralizzare lo smaltimento in impianti di depurazione sembra la via più congrua secondo gli esperti ma poco conosciuta e perseguita dalle scelte politiche che non sempre sanno comprendere la complessità delle soluzioni proposte. La sfida è aperta in quanto prevenzione e ricerca si fondono vista la velocità con la quale nascono anche nuove sostanze da monitore e controllare quali ad esempio la C604, già presente ad esempio nel Po. La decisione di esecuzione europea BATC Waste Treatment richiede un monitoraggio ogni sei mesi negli scarichi ad esempio delle acque reflue di impianti di trattamento dei rifiuti di PFOS e PFOA, ma occorre monitorare, verificare e mediare tra i vari attori coinvolti e occorre soprattutto che i politici, prima di prendere decisioni, si documentino bene consultando i tecnici ed i ricercatori, per evitare situazioni quali quelle per l’impianto di Castiglione di Stiviere, in cui sono stati messi limiti, anche in ingresso, pari a quelli delle acque potabili. Le disparità di scelte e di interventi a livello regionale italiano necessitano di essere monitorati e coordinati a livello nazionale ed europeo per essere efficaci per l’ambiente a tutela dei cittadini e delle aziende.

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