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Social e Bene-dizione
Si afferma che l'avvento dei Social abbia provocato l'aumento del dissenso. Si afferma, inoltre, che abbia "sdoganato" aggressività e prevaricazione dell'uno verso l'altro. E l'intento di avere sempre ragione.
Bene chiarire. Più che altro cercare di capire, riflettere, ascoltare, che poco si fa, quanto è mutata la società in cui siamo immersi. Quanto la comunicazione interpersonale sia mutata rispetto molti anni fa, quando i soli luoghi del contendere, e del dialogo erano i circoli sotto casa, o i giardini pubblici. Oggi, non solo per l'innovazione tecnologica, ma per la modernizzazione di un sistema sociale " in rete", ovvio che anche i rapporti interpersonali si siano differenziati. Peggiorati? Migliorati? A seconda di taluni si, o no, a seconda del relativo loro punto di vista.Quando si legge da parte di un intellettuale come Umberto Eco che " i social ed il web hanno permesso la parola agli imbecilli", pensando che tutti, lui compreso li usa, dobbiamo dedurre che lo siamo tutti? Grande errore di considerazione. Gli imbecilli, gli ignoranti, i saccenti, e gli intelligenti sono sempre esistiti. Ovvio che se esiste uno spazio, appositamente studiato con grande operazione di marketing, soprattutto per dar modo di apparire ad i Brand, quindi a creare economia e vetrina di maggiore visibilità, come sono i Social, esso permette anche di interagire, di esprimere idee, di discutere, ed anche ( ahinoi) di esagerare nei toni e nelle offese, pensando di essere su terreno protetto ed invisibile quale è lo schermo. Che sia di uno smartphone, o pc.
Il dissenso è cosa normale, giusta. Impossibile, e sarebbe anche alquanto noioso e limitante, avere un pensiero unico. In passato, ed a livello politico,  ci hanno pure pensato a crearlo, ma grazie alle intelligenze, prevale ancora oggi la propria capacità di ragionamento. Evviva noi. 
Grande è la ricchezza di più idee a confronto. senza le quali saremmo tutti più piatti. Diciamo limitati. Senza possibilità di crescita nè sociale, nè personale. Però il dissenso provoca reazioni. Inevitabile. Platone, per descrivere il “momento zero” dell’emergere del dissenso scrive: “Quando ci si trovi in disaccordo su qualche punto”.Perché quando c’è differenza di vedute non è solo una questione di idee, ma di scontro fra diverse esperienze. E quando discutiamo, nelle nostre parole rifugiamo il nostro mondo fatto di idee e convinzioni. Incontrare la divergenza significa, quindi, una sorta di "attacco" alle proprie convinzioni, ed è sempre traumatico. Siamo umani, ovvio che prediligiamo vivere nel nostro “mondo confort zone” di idee, e magari circondati solo da coloro che le condividono e le rinforzano. Ed al contrario, siamo in difficoltà seria, talvolta anche molto adirati, quando l’altro ci mette di fronte al suo di mondo di idee. E' il momento in cui ci si deve fermare, e pensare che l'altro può avere ragione quanto te. Eccetto, ovviamente, i casi di verità assolute.Imprescindibili. 

“L’uno non riconosce che l’altro parli bene e con chiarezza, ci si infuria, e ciascuno pensa che l’altro parli per invidia nei propri confronti”, prosegue Platone, descrivendo i due mondi che si scontrano e non riescono a trovare una lingua comune. Spesso il fraintendimento è quello che provoca reazione di dissenso. La scelta delle parole, le argomentazioni, il tono che tocca le corde emozionali, l'andare sul personale, appositamente per ferire, sono alcuni aspetti che offendono e fanno offendere. Ecco che il non capirsi nelle parole e nelle idee si riversa, negativamente, sulla relazione, e subito nasce il sospetto verso l’altro, il legame inizia a deteriorarsi, il litigio è pronto a esprimersi.

Sempre Platone afferma: “Facendo a gara per avere la meglio rinunciando alla ricerca sull’argomento proposto nella discussione”, mettendo in luce che il contenuto non è più l'oggetto della discussione, ma lo diventa solo la propria supremazia di uno dei due mondi.
Da qui le conseguenze ben descritte da Platone: gli insulti, il comportamento disonorevole, e non ultimi gli ascoltatori, che si pentono di aver seguito un dibattito così pessimo ed inutile. Discutere è bello, positivo, ma quando al centro c'è dibattito rispettoso, e non prevaricazione pensando di essere gli unici ad avere lo scettro della verità E più che altro, dato che spesso si discute con chi si conosce davvero, nella vita reale, è profondamente sbagliato che ne consegua un rapporto deteriorato anche fuori dai social.
L'invito è di non scadere sul personale (“dici così perché sei...”) oppure a divagare nei principi (“quello che dici è ingiusto quindi non si discute...”), e di evitare in toto gli insulti più o meno velati, ad esempio quando si mettono in dubbio le intenzioni e le competenze dell’altro. Ciò denota solo una cosa, che facciamo fatica a confrontarci fino in fondo con la differenza dell’altro, e lo attacchiamo su altri piani per avere la meglio. Per sopraffarlo. 

L’incontro con la diversità da noi stessi non è facile, è impegnativo. Un tempo era più semplice,come già detto. Oggi la piazza in cui le élite erudite faticavano a discutere in modo sano, è entrata nei nostri smartphone, strumenti che connettono mondi diversi e divergenti.
Che fare, quindi? Cessare ogni forma di interazione? Fuggire dal confronto? Pensare i Social come dei mostri? Affatto. Serve la "cura". Cura nell’uso delle parole più giuste, adattandole per poter essere comprese anche agli altri, diversi da noi. Cura delle argomentazioni,dei contenuti, e non autoreferenzialità. Cura delle emozioni, dei sentimenti, della sensibilità di tutti, che differisce da ognuno di noi. E merita lo stesso nostro rispetto. 
Il nostro sogno è quello di poter comunicare felicemente, serenamente, ed essere capiti perfettamente. Che bella sensazione quando ci danno ragione, e ci viene detto " la penso esattamenete come te!", giusto? Ma non sempre accade. Ed a differenza di quanto tutti speriamo, le migliori sintesi, le migliori idee non vengono dal trovarsi d'accordo, ma dal confronto, anche se contrario. È faticoso, verissimo, ma è necessario e benefico per una comunicazione autentica. Non c'entra nulla il fatto di avere visioni diverse, ma serve avere e riconoscere il valore comune della comunicazione, quel mezzo che permette a ciascuno di poter proporre la sua differenza e discuterla con gli altri.
Educare ad una società interconnessa, questa è la ripartenza. Sin da piccoli. 
Una interconnessione che permetta sia l’accesso alle informazioni, che la conoscenza su temi ed un dibattito pubblico libero, con cittadini capaci e maturi di discutere. Civilmente. 
Se così non è, e non sarà, rimarrà solo una mancata occasione preziosa di partecipazione, che si trasformerà sempre più in deriva di esclusione.

ll ben- essere, il ben- stare, il ben-discutere ecco che diventa sostanzialmente un "bene-dire" sociale. Una bene-dizione, cioè l' auspicio che attraverso le parole possa migliorare il "sacro" che è in noi, e che migliorando il cammino umano, con la crescita attraverso rispetto e conoscenza, chissà, si possa tradurre anche in benefici concreti tra gli esseri umani, ricostruendo il senso dei legami, a partire proprio dalla differenza, quella che sempre più si rende evidente nel nostro mondo costituito da una moltitudine di mondi tutti diversi ed in connessione.
 
 
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