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Toscana
Impruneta, il paradiso toscano della terracotta ospita un Relais sostenibile

La terracotta più famosa che si ottiene lavorando l'argilla con particolari tecniche e cuocendola poi in fornace è quella di Impruneta, un'antica cittadina a 20 minuti a sud di Firenze.  Il Cotto di Impruneta, nome dato ai prodotti in terracotta della zona, è una antica tradizione risalente al Medioevo, deriva oltre che dalla lavorazione umana, anche dal galestro, detta "terracotta antigelo", un tipo particolare di argilla che conferisce alle terrecotte speciali caratteristiche di resistenza e di colore, e soprattutto le rende inalterabili al freddo. L'artigiano dell'Impruneta lavora l'argilla a mano e con creatività. Un vaso può essere ad esempio formato "a modello": esistono degli stampi di gesso, realizzati su forme antiche, sui quali si stende il materiale di base nel giusto spessore. Il metodo del "lavoro tondo" è una tecnica antica. Lo stampo è generalmente di terracotta e l'argilla è aggiunta "a colombini" all'esterno; in questo caso, è l'uomo che gira attorno allo stampo e non il pezzo su sé stesso, come accade con l'utilizzo del tornio. Quando la terra è compatta, il prodotto viene capovolto e, una volta rimosso lo stampo, rifinito aggiungendo bordi e decorazioni. Solo alcuni artigiani sono invece oggi in grado di utilizzare la tecnica più antica e complessa, il "lavoro di fondo".

L'operazione può impressionare lo spettatore che assiste alla creazione, a partire da una palla d'argilla, di un oggetto dalle dimensioni talvolta anche importanti, come una giara o un vaso. Non si usano stampi, ma solo progetti con le dimensioni (altezza, larghezza); il prodotto cresce di 10–15 cm al giorno e sono necessarie alcune settimane per completare il lavoro. I prodotti formati sono normalmente posti nel cortile o sotto i portici della fabbrica per essiccarsi. In seguito sono posti in veri e propri essiccatoi, generalmente vecchi forni non più in uso, alimentati dall'aria calda proveniente dal raffreddamento dei forni attivi. Al momento venuto, i prodotti sono ammassati nella camera di cottura, con precauzione, uno sull'altro ma separati da supporti in materiale refrattario, un'antica e particolare tecnica che richiede molta abilità ed esperienza. Il ciclo di cottura nei forni, oggi alimentati a metano, si compone di due fasi: da 22 a 24 ore sono necessarie per portare gradualmente la temperatura a 930 °C, in seguito 12 ore occorrono per stabilizzare il materiale. Due giorni dopo la cottura, è possibile ritirare i prodotti dal forno e bagnarli in abbondante acqua per stendere la calce all'interno, preparandoli per l'esposizione e la vendita.

Basandosi su questa antica tradizione artigianale, unica al mondo, la WHS (Worlding Hospitality Solutions) holding fondata da Luca Perfetto e Urbano Brini nel 2006 alla quale si è aggiunto nel 2012 Patrizio Montevecchi in qualità di presidente, con la missione di offrire soluzioni turistiche a 360 gradi attraverso le società Florencetown, Arno Travel, Relais Villa Olmo e Diadema Wine Bar & Restaurant, ha dato vita ad un vino dal nome antico, che richiama anche nella grafica della sua etichetta la civiltà degli etruschi: Diadema “Inprunetis” (l’antico nome di Impruneta, significa “all’interno della pineta”) nasce dal desiderio di scoprire nuovi sapori e esperienze di degustazione con antiche tecniche di vinificazione già utilizzate nel periodo della civiltà etrusca. Inprunetis matura in piccole anfore in terracotta non vetrificate da 600 litri per 9 mesi e imbottigliato in vetro satinato che ricorda i manufatti del luogo. 

L’anfora in terracotta consente la micro ossigenazione indiretta, analogamente alle barrique, evitando eccessi di riduzione durante la maturazione ma previene la cessione terziaria della barrique. Il colore del vino è rosso granato con riflessi rubini. Il naso complesso mostra un mix ricco e aromatico di frutti rossi maturi, bacche rosse selvatiche, violette e un caratteristico aroma minerale-terroso derivante dall’invecchiamento in anfora di terracotta. La tradizione del cotto imprunetino resiste ancora oggi e i manufatti, realizzati nelle piccole e grandi fornaci della zona, sono un punto di riferimento sia nell'edilizia che nell'arredamento e nel decoro. E anche per la struttura Relais Villa Olmo sono stati utilizzati tutti materiali del luogo, sia per i rivestimenti interni del ristorante, che per quelli delle diciotto suites. “un punto su cui andiamo molto fieri” sostiene il general Manager Simone Pampaloni. Un Relais sostenibile, in quanto parte degli arredi sono stati realizzati con materiali riciclati o con restauri effettuati da artigiani del luogo.

L’acqua piovana viene raccolta e utilizzata per l’irrigazione di giardini e aree verdi. Il ristorante utilizza solo materie prime toscane, e olio Evo ottenuto dagli uliveti del campo. Il relais è anche dotato di una scuola di cucina e una cantina di vini di prima classe dove poter partecipare a degustazioni guidate da esperti sommelier. Un frantoio privato visitabile durante il periodo della frangitura delle olive e una varietà unica di attività esperienziali, tra cui Safari tra i vigneti, tour in Vespa e in bicicletta, tour dei vigneti e delle più prestigiose cantine toscane, tutte con partenza giornaliera dall’hotel.  Anche nelle camere la plastica è stata sostituita con il vetro per il servizio di minibar. I rifiuti organici vengono compostati e utilizzati come fertilizzanti naturali. “Per il prossimo futuro - prosegue Pampaloni – abbiamo già un progetto fotovoltaico e di installazione di colonnine di ricarica per auto elettriche a cui pensiamo di dar luce a partire dal prossimo inverno”.

Il Relais Villa Olmo dedica grande attenzione alla natura con la creazione dell’orto, dove l’Executive Chef del Diadema Wine Bar & Restaurant Alessio Leporatti coglie la materia prima freschissima. Leporatti, 35 anni, formatosi sui banchi dell’IPSSAR Bernardo Buontalenti per ampliare la crescita professionale in un percorso che l’ha visto passare dai fornelli fiorentini del Cibreo di Fabio Picchi a quelli valdelsani del bistellato Arnolfo con Gaetano Trovato, lungo un percorso che l’ha portato a conoscere suggestioni più ampie tra Barcellona e Positano, per tornare poi alla cucina chiantigiana con l’Osteria di Passignano, e approdare finalmente ai fuochi del Diadema nel 2019. Al suo fianco un altro giovane fiorentino, Antonio Lombardi, incontrato proprio nelle cucine all’ombra dell’abbazia vallombrosiana di Passignano. Nei suoi piatti si respira tutta l’ampiezza del viaggio compiuto fin qui, senza rinunciare tuttavia alla sottolineatura di preziosi dettagli. Primo elemento di spicco, la scelta e la cura della materia prima, a partire dai fornitori per la maggior parte del territorio circostante. Tra i piatti consigliati del Relais Villa Olmo il tortello di pasta al’uovo ripieno di lampredotto con gocce di salsa verde e il piccione in tre cotture, petto in padella praticamente rosso al suo interno, una coscia cotta alle erbe aromatiche e l’altra impanata e fritta ripiena del cuore e del polmone, impreziosito con salse di cioccolato e more.

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