Finanza
Per evitare molte sofferenze basterebbe un modulo
La Banca d’Italia a inizio 2016 aveva pubblicato un'interessante tabella sulle sofferenze bancarie divise per dimensione dei prestiti (dati di fine 2015). Su 1.240.000 clienti solo 32.000 (il 2,6%) avevano accesso a grandi prestiti (oltre 500.000 euro), ma costituivano il 70% delle sofferenze.
Sembra proprio che valutare correttamente il merito di credito della clientela affidata, in altre parole di fare il proprio mestiere di banca, non sia più considerato un obbligo da parte di alcuni funzionari.
Secondo Simone Galimberti, che ha pubblicato un dettagliato articolo sull'argomento nelle pagine del sito www.glistatigenerali.com "I soldi sono stati dati dalle banche, dopo una istruttoria carente sotto molti aspetti e talvolta colpevolmente omissiva, a soggetti che il portone di ingresso di quelle banche non avrebbero neanche dovuto attraversarlo!"
Due grandi banchieri del passato (Mattioli e Malagodi della Banca Commerciale Italiana) fin dal lontano 1934 idearono le regole di una buona prassi dell’affidamento bancario, da cui nacque il formidabile (ed attualmente poco conosciuto) Modulo 253.
Sul volume “Dalla crisi allo sviluppo. Scritti per la riorganizzazione delle filiali Comit 1934-35”, edito da Nino Aragno, si legge: “Ai fini della storia bancaria appaiono formidabili per la logica stringente, ‘a maglia stretta’, le routine ideate da Malagodi per impostare e uniformare, nelle filiali, attività professionali quali lo sviluppo della clientela, media e piccola, e l’analisi del ‘merito di credito’. Il culmine è ritenuto il modulo 253, questionario per l’analisi dei clienti richiedenti i fidi, steso in ventiquattr’ore da Malagodi, e più tardi emulato nella sostanza dalle altre banche italiane”.
In effetti si trattava di un modulo in forma di questionario che, secondo le memorie dello stesso Malagodi, doveva rappresentare “un’esposizione sistematica di come si debba studiare un credito ordinario e determinarne la validità, la liquidità e la redditività per la banca che lo concede”.
"Espressioni tecniche e quasi sibilline quali “valutazione del merito creditizio”, “rating”, “metodi IRB”, “indici di bilancio”, etc., cosa dicono di nuovo rispetto ad uno scritto di ottanta anni fa? Assolutamente nulla, ribadisce Simone Galimberti. "Caposaldo di una corretta valutazione della clientela e delle richieste da essa avanzate era l’estensione dell’analisi del bilancio da due a tre anni" in modo che fosse più facile (ora citiamo Malagodi) "determinare se miglioramenti o peggioramenti della liquidità abbiano carattere di eccezione o rappresentino una tendenza persistente”.
L’azienda deve essere studiata e valutata “come un’entità viva e quindi in movimento, e quanto meno possibile una cosa morta ed immobile” e si richiedeva al valutatore bancario quelle “attitudini naturali […] e quella particolare sensibilità che si può acquistare solo con esperienza lunga e molteplice”.
"Chissà cosa avrebbero pensato di tutto ciò i summenzionati Mattioli e Malagodi…!!" prosegue Galimberti. "Forse ci avrebbero ricordato, con una nota di disappunto, il “mantra” del “vecchio” analista finanziario bancario di una volta, oramai quasi dimenticato a tutti i livelli nelle banche moderne, che recitava così: “date i soldi ai clienti come se non fossero della banca, ma i vostri“.
E conclude: “Sarebbe la soluzione di tutti i mali del sistema bancario? Certamente no, ma forse rappresenterebbe l’inizio di una soluzione finalmente sistemica, perché consentirebbe di riportare finalmente al centro del processo di affidamento bancario l’elemento più importante: il buonsenso!”
Paolo Brambilla