Affari Europei
Diritti umani, Cipro e i respingimenti. Ecco gli ostacoli all'accordo Ue-Turchia

L'accordo fra Ue e Turchia per la gestione comune dei migranti e' ancora lontano. Le richieste di Ankara, che il 7 marzo scorso hanno scombinato le carte sul tavolo di un vertice in cui si dava l'accordo per scontato, sono ancora sotto l'esame giuridico e politico dei leader Ue e dei loro sherpa. E se l'obiettivo principale del vertice Ue di oggi e domani resta "un accordo accettabile per tutti i 28 paesi Ue cosi' come per i nostri partner turchi", "la lista delle questioni da risolvere prima di poterlo concludere e' lunga". E' quanto scrive nella sua lettera di invito al Consiglio europeo il presidente Donald Tusk. La riunione di marzo dei capi di Stato e di governo europei e' tradizionalmente dedicata ai temi economici ma questa volta, ammette Tusk, "sara' dominata, proprio come 10 giorni fa, dalla crisi migratoria".
"Il lavoro sta procedendo ma c'e' ancora molto da fare", scrive il presidente, che nei giorni scorsi ha visitato Cipro, il cui presidente Nikos Anastasiadis e' contrario alla riapertura dei capitoli negoziali per l'ingresso della Turchia nell'Ue, che invece Ankara considera come una delle condizioni per la collaborazione con Bruxelles, e la Turchia, dove ha incontrato il premier Ahmet Davutoglu. "La mia convinzione e' che occorre trovare il modo di usare il processo di rivitalizzazione delle relazioni Ue-Turchia, che vanno molto oltre l'immigrazione, perche' questo processo diventi anche un'opportunita' per sostenere i colloqui per una soluzione a Cipro. Solo se questo e' possibile possiamo andare avanti qui", conclude.
Anche nel caso in cui si arrivasse all'accordo in materia d'immigrazione con il governo di Ankara, sul quale l'ultima parola spettera' al Consiglio Europeo in programma oggi a Bruxelles, rimarranno comunque esclusi tanto le "espulsioni di massa" verso la Turchia quanto i "respingimenti" puri e semplici dei richiedenti asilo, perche' violerebbero il diritto internazionale e anche quello comunitario: cosi' il primo vice presidente della Commissione, Frans Timmermans, il quale ha aggiunto che il meccanismo detto 'uno a uno', concertato in via preliminare al vertice del 7 marzo scorso con la controparte turca per la gestione dei migranti, puo' essere reso operativo sfruttando le quote rimaste ancora non assegnate in base al principio di ripartizione tra gli Stati membri, adottato dalla stessa Commissione nel giugno 2015 e tuttora valido, sebbene contestato da alcuni tra i Ventotto.
"Ritorni in blocco non ce ne potranno essere", ha tagliato corto Timmermans. "Non volteremo le spalle ai rifugiati, perche' sara' loro garantita adeguata protezione internazionale, sia nell'Unione sia in Turchia. I ritorni", ha sottolineato ancora il commissario olandese, "potranno avere luogo esclusivamente in armonia con il quadro giuridico internazionale e comunitario. Il caso riguardante ogni singola persona va valutato individualmente, alla luce della Carta Ue sui Diritti Fondamentali e delle direttive europee", ha ammonito. Se l'intesa di base sara' confermata, la Turchia si impegna a riprendere ogni migrante irregolare arrivato sulle isole greche dalle sue coste: ma per ciascuno che torni indietro, l'Ue si fa carico di un rifugiato presente nei campi profughi turchi. E' a questo punto che, a detta di Timmermans, si puo' fare riferimento al sistema pro quota: sui 22.504 migranti complessivi da reinsediare secondo lo schema originario, restano tuttora da sistemarne ben diciottomila. Ricorrendo ai posti rimasti vuoti, e dunque disponibili, il meccanismo 'uno a uno' diverrebbe immediatamente applicabile.
L'Unione ha inoltre altre quote di richiedenti asilo 'scoperte'. In totale era stato deciso di aiutare Grecia e Italia a gestirne rispettivamente 66.400 e 39.600 per un totale di 120.000, ma di fatto gli altri Stati membri finora si sono impegnati a prenderne solo una minima parte. Restano cosi' 54.000 posti scoperti, cui vanno aggiunti i 40.000 che si intendevano redistribuire dall'Ungheria, proposta peraltro rifiutata dalle autorita' di Budapest. Si tratta di veri e propri 'bacini' di migranti, attingendo ai quali mettere concretamente in funzione il meccanismo concepito con la Turchia.