“Riesame del 41 bis per i non pentiti”, la Cassazione sull’ergastolo ostativo

Caso Pezzini, toccherà ai magistrati abruzzesi valutare se per il detenuto esistono i presupposti per poter accedere alla liberazione condizionale

Di Redazione Cronache
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Ergastolo ostativo, la Corte di Cassazione non invia gli atti alla Corte Costituzionale  

No all'invio degli atti alla Corte costituzionale sulle nuove norme in materia di ergastolo ostativo. E' quanto ha deciso la prima sezione penale della Cassazione, in merito al ricorso presentato dalla difesa di Salvatore Pezzino, detenuto nel carcere a Tempio Pausania e condannato all'ergastolo per reati ostativi, il quale da anni chiede di poter accedere alla liberazione condizionale.
L'avvocato Giovanna Beatrice Araniti, legale di Pezzino, aveva rilevato profili di incostituzionalità nella nuova normativa - contenuta nel decreto Rave approvato dal Governo Meloni il 31 ottobre scorso e convertito in legge il 30 dicembre - e chiesto ai giudici della Cassazione di trasmettere gli atti alla Consulta. 
La Suprema Corte, invece, non ha trasmesso gli atti ai giudici costituzionali ma ha annullato con rinvio l’originaria ordinanza dei giudici de L’Aquila sul ricorso del detenuto; sarà quindi il tribunale di sorveglianza de L'Aquila  a riesaminare il caso di Pezzino.

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L’annullamento con rinvio al tribunale di sorveglianza di L’Aquila è stato disposto - si apprende dalla Cassazione - "affinché, alla luce della nuova disciplina, valuti con accertamenti di merito preclusi al giudice di legittimità la sussistenza o meno dei presupposti ora richiesti dalla legge per la concessione dei benefici penitenziari ai detenuti per reati ostativi non collaboranti" in relazione allo specifico caso.

La vicenda di Pezzino è stata proprio quella che aveva portato la Corte costituzionale, nel 2021, a rilevare come la preclusione assoluta di tale beneficio penitenziario legata alla mancata collaborazione con la giustizia non fosse in linea con i principi dettati dalla Costituzione: con la sua ordinanza (la 97/2021), la Corte diede quindi un anno di tempo al legislatore per intervenire sulla materia.

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