Ue, le armi "sostenibili" e il trucco delle lobby per prendere più fondi

La lobby degli armamenti sta spingendo le autorità di regolamentazione dell'UE a classificare le armi come "sostenibili". Il dibattito che non tocca l'Italia

di Antonio Amorosi
Cronache
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Armi, la "lettura" della guerra in Ucraina come lotta per la democrazia e l’aumento delle spese militari: solo un tassello nella grande strategia delle lobby degli armamenti


Se ammazzi i nemici dell'Occidente l'arma diventa “sostenibile”. L'arma è cioè “buona” se ammazza Saddam Hussein o Gheddafi o coloro che sostengono un regime. Non è cattiva. Le armi hanno svolto un ruolo chiave nell'aiutare l'Ucraina a difendersi dalle forze d'invasione russe. Sparare e uccidere per difenderla è etico. Per qualcuno anche uccidere Putin è etico, lo abbiamo sentito ascoltando la cronaca della guerra di questi giorni. Di questo passo anche le torture Usa nella prigione di Guantanamo, “il gulag dei nostri tempi” (definizione di Amnesty International) verranno considerate “sostenibili”? E chissà se riscriveremo la storia e il presidente cileno Salvador Allende, tanto inviso agli Stati Uniti e rovesciato dalla CIA, diventerà degno di essere ucciso perché colpito da armi “buone”?

Se oggi queste considerazioni restano nell’ambito delle opinioni più o meno deliranti, in un futuro neanche troppo lontano potrebbero diventare realtà. Questo perché la nuova guerra in Ucraina ha prodotto un’accelerazione nella UE. L’Unione non esclude il settore Difesa dalla tassonomia sociale europea. “La tassonomia dell'UE”, scrive il sito della Commissione Europea, “è un sistema di classificazione, che stabilisce un elenco di attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale”. L’Unione Europea sta facendo un lavoro profondo nel linguaggio comune per arrivare ad “una chiara definizione di ciò che è 'sostenibile'”. Anche perché "sostenibile" vuol dire "verde" e “green” è una parola che piace tanto alla UE: Green Deal europeo vuol dire fiumi di denaro.

“La scorsa estate abbiamo assistito a un’intensa attività di lobbying da parte delle industrie della difesa, affinché l’industria degli armamenti fosse descritta come un ‘contributo sostanziale alla sostenibilità sociale’”, ha spiegato al giornale on line francese Mediapart Thierry Philipponnat ai vertici dell’ONG Finance Watch. I ben informati sostengono che sia accaduto perché da un po' di tempo le società di armamenti, visto che sono oggetto di boicottaggio etico di massa, si sono ritrovate tagliate fuori da molti fondi pensione e da diversi fondi sovrani. 

Ma il conflitto ucraino del 2022 ha cambiato le carte in tavola. Prima pochi Paesi UE destinavano il 2% del proprio PIL alla Difesa, livello minimo fissato dalla NATO. Negli ultimi dieci anni, la spesa militare mondiale è cresciuta del 9,3% e dopo la guerra di Kiev la Germania ha dichiarato che porterà il suo budget al 2%. Lo stesso vogliono fare Danimarca, Svezia e Italia. Anche se uno studio del Parlamento Europeo aveva descritto le spese per la difesa dei Paesi Ue come inefficienti, frammentate e con duplicazioni dei costi.
Per adesso col termine “sostenibile” l'UE parla di tutela degli ecosistemi, transizione verso economie circolari ma visto che il campo della tassonomia UE ha preso anche in considerazione la Difesa e l’energia nucleare e quindi anche le centrali, chissà che le immagini viste in Ucraina non incontrino definitivamente le richieste dei produttori di armi, tanto da trasformare la loro economia in “sostenibile” . 

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Una delle conferme è arrivata a inizio marzo dal quotidiano francese Le Figarò: “Altro segnale della svolta europea a favore della Difesa, la decisione di non escludere più dalla tassonomia sociale europea gli investimenti militari”. “Questa drammatica situazione (riferendosi alla guerra in Ucraina, ndr) - spiega sempre sul giornale transalpino Patrice Caine, Ceo di Thales, gruppo francese specializzato nell'aerospaziale e nella Difesa - ci ricorda un semplice principio: senza stabilità e sicurezza non possono esserci prosperità, inclusività e sviluppo sostenibile. Tuttavia, sono proprio le industrie della Difesa che aiutano le democrazie a garantire la loro sovranità, sicurezza e stabilità”. 

All’inizio del conflitto ucraino sul quotidiano inglese Telegraph Rupert Soames, l'Amministratore delegato di Serco, azienda britannica che si occupa anche di armi, ha rammentato che “l'invasione dell'Ucraina dovrebbe ricordare agli investitori il valore etico dell'industria della Difesa”. Anche Citibank ha rincarato la dose in questi giorni rammentando il contributo dei produttori di armi alla "difesa dei valori delle democrazie liberali e alla creazione di un deterrente, preserva la pace e la stabilità globale".

Il dibattito, che non ha neanche sfiorato l’Italia, ha però colpito gli esperti tedeschi. Sull'emittente pubblica Deutsche Welle è intervenuto duramente Christian Klein, professore di Finanza sostenibile all'Università di Kassel in Germania: "È assurdo dire che le armi sono sostenibili. È come dire che le patatine fritte sono sostenibili perché hanno un buon sapore". Ha poi spiegato Klein: "Le persone spesso danno per scontato che ciò che non è sostenibile sia l'opposto di sostenibile. Sarebbe come dire che tutto ciò che non è verde è marrone. Ma questo non ha senso... alla fine, la tassonomia riguarda migliori condizioni di finanziamento per attività o aziende sostenibili e non capisco davvero perché l'industria delle armi dovrebbe avere condizioni di finanziamento migliori".
 

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