McDonagh agli Oscar con "Gli spiriti dell'isola": il film su guerra e umanità

Sullo sfondo della guerra civile irlandese si consumano le vicende di un piccolo borgo rurale in una remota isola dove si condensano umanità e disumanità

di Simone Rosti
Gli spiriti dell'Isola film
Culture

Oscar 2023, "Gli spiriti dell'Isola" racconta l'umanità (e la disumanità) delle guerre 

McDonagh è un ormai consacrato tra i più geniali registi viventi. Con suoi film passati (dal recente “Tre Manifesti a Ebbing, Missouri” al più datato “In Bruges”) ci aveva già dato segnali forti e chiari. Ora con il suo ultimo “Gli spiriti dell’Isola” fa un ulteriore scatto in avanti con un film che trascende molte classificazioni. Sullo sfondo della guerra civile irlandese (siamo nel 1923) che fa da colonna sonora (si sentono solo i rumori delle armi), si consumano le vicende, surreali e fantastiche, di una piccolo borgo rurale in un remota isola (che non c’è) dove si condensano un microcosmo di umanità e disumanità.

Oscar 2023, la trama del candidato "Gli spiriti dell'Isola" 

Il tutto ruota intorno alle vicende di due amici che all’improvviso non lo sono più senza un apparente motivo (così come gli irlandesi all’improvviso si sono ritrovati su fronti opposti nella guerra civile), il tutto sembra inspiegabile, i personaggi che si avvicendano accanto agli ex amici sono prototipi delle degenerazioni degli esseri umani con i tratti ironici e amari, a tratti assurdi e grotteschi, che li contraddistinguono. Ci sono momenti di intensità altissima, come in un dialogo su “quel che rimane di noi”, cioè nulla (nemmeno la gentilezza) se non l’arte immortale, ad esempio della musica; ci sono poi momenti apparentemente inspiegabili come nella simbologia dell’autoflagellazione; ci sono dialoghi taglienti pieni di allegorie e intrisi di tristezza; ci sono le presenze ossessive degli animali che rappresentano la distanza abissale dal conformismo da un lato e gli spiriti primordiali dall’altro; c’è la violenza che non trova un razionale, allo stesso modo della guerra, e l’ironia beffarda (facce della stessa medaglia?).

Tutto passa, la guerra, le invidie, una pinta al pub (che nel film rappresenta la sublimazione della vita), ma cosa resterà oltre al niente? Questo indaga McDonagh, e lo fa con questo autentico pezzo da novanta attraverso una sceneggiatura teatrale, con attori scolpiti alla perfezione, una fotografia deliziosa, con la giusta lentezza perché tutto corre veloce e il regista sembra voler frenare il nostro irreversibile cammino verso la morte. Film da non perdere, non facile da assimilare, dove si ride amaro e si riflette molto, ma non è che - in fondo - quel gran genio di McDonagh ci abbia preso in giro presentandoci una commedia dell’assurdo? Se così fosse sarebbe un genio due volte. Ovviamente per noi questo film dovrebbe vincere l’Oscar senza se e senza ma.

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