Ex-Ilva: la Procura di Taranto dice no al dissequestro degli impianti

I giudici della provincia pugliese non hanno accolto le richieste degli avvocati di Acciaierie d'Italia. A rischio il passaggio allo Stato

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Economia
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La Procura di Taranto dice no al dissequestro degli impianti dell'ex-Ilva

La Procura della Repubblica di Taranto ha espresso parere negativo in merito al dissequestro degli impianti siderurgici dell’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia. Lo si è appreso oggi. L’istanza era stata avanzata a fine marzo scorso dagli avvocati di Ilva in amministrazione straordinaria alla Corte d’Assise di Taranto in vista delle scadenze contrattuali di fine maggio 2022 tra la stessa Ilva e Acciaierie d’Italia. E cioè passaggio dello Stato al 60% del capitale di Acciaierie d’Italia ed acquisto dei rami di azienda da Ilva in amministrazione straordinaria. Due passaggi cruciali legati però all’ottenimento del dissequestro.

Ora tocca alla Corte d'Assise

L’istanza è stata presentata alla Corte perché a maggio 2021 il collegio, con la sentenza del processo Ambiente Svenduto, è stata proprio la Corte ad aver disposto, su richiesta della pubblica accusa, la confisca degli impianti. Quest’ultima, però, scatterebbe solo dopo il verdetto della Corte di Cassazione. Dopo il parere negativo della Procura, sarà ora la Corte D’Assise ad esprimersi definitivamente. Nell’istanza, gli avvocati dell’Ilva avevano motivato il dissequestro col fatto che le prescrizioni ambientali Aia sono ormai completate al 90% e che la conduzione dello stabilimento avviene sotto il controllo sia delle autorità amministrative competenti (Ispra, Arpa e Mite) sia dell’Ilva in Amministrazione Straordinaria”, quest’ultima guidata da commissari di Governo.

Le ragioni degli avvocati dell'ex-Ilva

Inoltre, hanno detto gli avvocati nell’istanza, “non può che pervenirsi alla conclusione che la sostituzione dell’organo di nomina statale (e poi di un affittuario) al proprietario privato e la costante implementazione del Piano Ambientale escludano radicalmente tanto la concretezza quanto le occasioni di reità e, pertanto, l’attualità del pericolo”. A proposito del sequestro degli impianti, i legali hanno evidenziato “come la cautela in oggetto sia stata adottata in relazione ai reati commessi tra il 1996 e il 2013, nel corso della gestione privata da parte del Gruppo Riva”. Oggi, invece, il quadro ambientale e gestionale dell’acciaieria è complessivamente cambiato, hanno ancora detto gli avvocati dell'ex-Ilva, e quindi “non sussistono i presupposti di una prognosi di pericolosità concreta ed attuale, idonea a giustificare il mantenimento del vincolo cautelare”. Ma la Procura è stata di diverso parere. Ora si attende il responso della Corte d’Assise. 

 

 

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