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Economia
Rapporto Ue e vendita al dettaglio Usa: mercati verso angosciante volatilità
Ursula von der Leyen

Mercati inquieti, aspettative di inflazione in calo: cresce il rischio stagflazione

La prossima settimana i principali market mover (i fattori che muovono il mercato) saranno i dati sulle vendite al dettaglio Usa, in agenda per martedì prossimo, una serie di indicatori cinesi, domani, e, sempre domani, il rapporto di primavera dell'Unione europea. Sullo sfondo restano la crisi in Ucraina, l'alta inflazione, il rallentamento dell'economia e, in prospettiva, le aggressive mosse delle banche centrali sui tassi e l'arrivo della stagflazione. "Per le Borse e' il clima peggiore - commenta Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte - perché' hai: rallentamento, meno liquidità, tassi più alti e azioni meno convenienti rispetto ai bond".

La risposta delle Borse la settimana scorsa è stata negativa. Nonostante il rally di venerdì, Wall Street ha chiuso l'ottava in negativo. Il Nasdaq ha lasciato sul terreno il 3,8%, lo S&P ha messo a segno la sua piu' lunga striscia di perdite settimanali dal 2011 e il Dow Jones per la prima volta dal 2001 ha infilato una striscia di 7 settimane perdenti consecutive. Insomma, sulle Borse, nota Cesarano, "è calato il maltempo, con brevi schiarite, come quella di venerdì e questo trend è destinato a durare, semmai con qualche schiarita piu' frequente se arrivassero notizie più positive dal fronte guerra". E il suo è un pronostico abbastanza condiviso.

"Non ho mai visto un bear market terminare nel bel mezzo di un ciclo di strette monetarie" commenta Ron Insana, senior advisor di Schroders Nord America. "Di solito - aggiunge - per rimbalzare veramente un mercato dev'essere convinto che la Fed stia arrivando alla fine di quel ciclo, per cui propendo per la tesi che quello di venerdì sia stato un rimbalzino all'interno di un bear market". "Mi aspetto altri cali - pronostica Sam Stovall, analista di Cfra - e penso che nelle settimane a venire, dovremo passare attraverso dell'altra angosciante volatilità".

ASPETTATIVE DI INFLAZIONE IN CALO, CRESCE IL RISCHIO STAGFLAZIONE

La scorsa settimana abbiamo assistito a un marcato calo dei rendimenti obbigazionari. I T-bond a 10 anni sono scesi dal 3,2%, il top da 3 anni e mezzo, al 2,9%. "In realta' - spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte - sono scesi i tassi nominali ma non quelli reali e questo perche' le aspettative di inflazione continuano a essere in un trend calante ad un ritmo maggiore dei tassi nominali, iniziato alla fine di aprile. Un esempio? Le aspettative di inflazione a 5 anni negli Usa sono calate quasi di un punto percentuale, dal 3,73% di fine marzo al 2,95%".

In pratica dal 'focus' monotematico inflazione ci si sta spostando a considerare anche le ragioni della crescita, con quindi aumento della percezione del rischio stagflazione. E questo perche'? Diciamo che a fine marzo sono subentrati i lockdown in Cina e dunque il timore di un rallentamento dell'economia cinese. E poi si e' percepito il fatto che il conflitto in Ucraina non sarebbe stato una guerra lampo ma sarebbe durato di piu', penalizzando la crescita globale. Inoltre a fine aprile sono usciti dei Pil che sono stati mediamente sotto le attese, in particolare quello Usa, sceso dell'1,4% nel primo trimestre e quello francese, in stagnazione. "E' cambiato il clima - dice Cesarano - Fed e Bce hanno introdotto nel loro vocabolario la parola 'recessione'. Magari per negarla, per dire che non ci sarà, ma ne parlano".

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