Mediobanca, il grande gelo Milleri-Nagel. E Caltagirone non ha fretta

Entro il 28 settembre bisogna trovare una quadra sul nome del presidente. Ma al momento l'accordo è lontanissimo. Il costruttore romano osserva la partita

Francesco Milleri, Alberto Nagel, Francesco Gaetano Caltagirone.
Economia

Nagel-Milleri, nessun disgelo: si rischia la clamorosa rottura


 

Alberto Nagel è stato per 17 anni il dominus indiscusso di Mediobanca. Ha potuto gestire a suo piacimento e in totale autonomia la creatura di Enrico Cuccia perché ha avuto dalla sua i risultati, fino ad arrivare all’exploit dell’ultimo bilancio, chiuso con un utile superiore al miliardo. Ora però le cose stanno cambiando: perché Francesco Milleri, plenipotenziario di Delfin che ha preso le redini della holding costruita da Leonardo Del Vecchio, vuole cambiare lo status quo. Ma il tempo scorre e c’è il rischio di un clamoroso strappo che renderebbe la “battaglia” delle Generali non più soltanto un episodio, ma piuttosto il primo di una lunga lista di liti sempre più insanabili.

Dal suo punto di vista, infatti, è finito il tempo in cui Nagel – insieme al presidente Renato Pagliaro – dettava interamente la linea. Anche perché la holding oggi è il primo azionista di Piazzetta Cuccia con una quota del 20% e la speranza (bussare alla Bce per conferma) di poter salire ulteriormente. Ebbene: Milleri sostiene che dovrebbe essere garantita a lui e alla Delfin una rappresentanza ben di maggiore peso all’interno del consiglio di amministrazione. C’è un esempio che si rincorre nelle stanze della holding un tempo di Leonardo Del Vecchio: perché la Compagnia di San Paolo, che di Intesa ha intorno al 10%, può esprimere il presidente mentre Delfin non può fare lo stesso in Mediobanca pur avendo una quota doppia?

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Così in molti hanno iniziato un toto-nomi sulla figura del presidente che al momento ha portato soltanto alla figura di Vittorio Grilli, che però sembra per ora problematico da portare in Piazzetta Cuccia. L’impressione è che Francesco Milleri non abbia fretta di arrivare a un nome condiviso: l’intenzione, semmai, è quella di procedere a una progressiva erosione del potere di Alberto Nagel, un pezzetto alla volta. Non che il manager abbia fatto qualcosa di male, anzi: ha garantito ricchi dividendi. Ma la Delfin lamenta scarsa rappresentatività ed è pronta a chiedere più spazio in consiglio. 

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C’è un ulteriore aspetto che è ancora passato sotto silenzio: il ruolo di Francesco Gaetano Caltagirone. L’ingegnere romano ha in mano il 10% di Piazzetta Cuccia e chissà che da qui al 28 ottobre non decida di salire ulteriormente. Il fondatore di Cementir al momento è rimasto in disparte. Non sta riproponendo la vis pugnace che mostrò nella battaglia di Generali, ma si limita a osservare, sapendo che al momento una “pax” tra Nagel e Milleri sembra lontanissima. Nel caso in cui non si arrivi a un accordo entro il 28 settembre tra i due litiganti, Caltagirone potrà decidere liberamente se appoggiare una nuova lista creata da Milleri, guardare a quella di Assogestioni oppure ancora cercare di ottenere un seggio in consiglio.

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D’altronde, l’ingegnere sa che l’investimento profuso tra Generali e Mediobanca, circa tre miliardi, gli ha già fruttato 1,5 miliardi, 500 milioni da Piazzetta Cuccia, il doppio dal Leone. E ora si può trovare nella condizione di non avere fretta. Piuttosto, fanno notare da ambienti vicini a Milleri, a doversi preoccupare dovrebbe essere Alberto Nagel. Il quale, dopo la sanguinosa disputa in Generali – affermano le fonti ai massimi livelli contattate da Affaritaliani – ha perso, invece che guadagnare, potere. E con il rinnovo del board di Mediobanca dovrà per forza cedere la presidenza dei comitati e dei collegi sindacali. 

Di più: qualcuno sostiene che la decisione di Nagel di puntare ancora su Philippe Donnet per dare continuità alla strategia di Generali, invece che puntare su un nome nuovo, gli sia costato parecchio. Chi al posto del manager francese? Ad esempio un Sergio Balbinot che avrebbe messo a tacere mugugni e avrebbe lasciato gli investitori “avversari” (Caltagirone e Del Vecchio su tutti) in una posizione di minore interventismo. “Nell’arco di tre anni – conclude una fonte vicina al dossier – molte cose possono cambiare. Lo stesso è successo in precedenza: prima nel cda di Generali c’erano solo Caltagirone e Romolo Bardin. Oggi ci sono tre membri, e non c’è più l’Ingegnere, e un analogo incremento è atteso anche in Piazzetta Cuccia. Milleri sta continuando nell'intento iniziato da Del Vecchio: il desiderio sarebbe quello di cuocere a fuoco lento Nagel”. 

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